Cosa cambia con l’Unione del risparmio e degli investimenti voluta dalla Commissione von der Leyen
Con l’Unione del risparmio e degli investimenti, la Commissione europea vuole mettere in circolo i risparmi fermi nei conti correnti L'articolo Cosa cambia con l’Unione del risparmio e degli investimenti voluta dalla Commissione von der Leyen proviene da Valori.

Perché lasciare i soldi dei cittadini parcheggiati nei conti correnti bancari, quando possono servire per finanziare le imprese e – manco a dirlo – quella che ormai in Europa sembra la priorità assoluta, vale a dire il riarmo? Semplificando molto, è questo il ragionamento alla base della strategia per l’Unione del risparmio e degli investimenti annunciata mercoledì 19 marzo dalla Commissione europea.
Annunciata l’Unione del risparmio e degli investimenti
Il rapporto Draghi – su cui Ursula von der Leyen ha promesso di improntare la linea politica del suo secondo mandato come presidente della Commissione – calcola che si debbano investire tra i 750 e gli 800 miliardi di euro in più all’anno entro il 2030 per far sì che l’Unione europea torni competitiva e resiliente. Investimenti nell’innovazione tecnologica, nella transizione energetica, nella difesa. Anzi, proprio il piano di riarmo su cui tanto puntano i leader europei porta a rivedere al rialzo queste stime.
Dove trovare questi soldi? «Aumentando l’efficienza e la scala degli investimenti attraverso il sistema bancario e i mercati dei capitali, inclusi gli investitori istituzionali, affinché le aziende possano attingere all’ingente capitale disponibile nell’Unione europea», si legge nel comunicato stampa di presentazione. Tradotto: le imprese – soprattutto quelle medie e piccole – hanno bisogno di risorse in più rispetto a quelle che gli istituti di credito sono disposte a prestare. E i cittadini possiedono circa 10mila miliardi di euro che tengono depositati in banca. Perché sanno che i conti correnti sono comodi, sicuri e permettono loro di prelevare denaro in qualsiasi momento. Dunque li preferiscono rispetto a opportunità di investimento più remunerative e rischiose.
L’Unione del risparmio e degli investimenti, in sostanza, punta a mettere in circolo i loro risparmi all’interno del mercato dei capitali. Così facendo, sostiene Ursula von der Leyen, «le famiglie avranno un maggior numero di opportunità, più sicure, per investire nei mercati dei capitali e accrescere la loro ricchezza. Allo stesso tempo, le imprese avranno un accesso più semplice al capitale per innovare, crescere e creare buoni posti di lavoro in Europa».
Verso una supervisione europea dei mercati di capitali
Come sottolinea Politico, l’idea in sé non è nuova. Bruxelles ci prova da almeno un decennio. Ispirandosi palesemente agli Stati Uniti, dove quasi il 60% delle famiglie possiede azioni (direttamente o attraverso i fondi pensione), contro il 18% di Paesi come Francia e Germania. Queste percentuali sensibilmente più alte si spiegano sia con una maggiore propensione al rischio da parte dei cittadini d’Oltreoceano, sia col fatto che il mercato finanziario statunitense sia unificato, al contrario dell’Europa dove ogni Stato ha il suo.
Perché stavolta il tentativo dovrebbe andare a buon fine? Perché la Commissione intende centralizzare la supervisione dei mercati di capitali, superando la frammentazione che finora non ha giovato agli investimenti dei cittadini. Stando a quanto riportato da Euractiv, potrebbero essere soggetti a questa vigilanza unica europea i grandi gruppi di gestione patrimoniale, le infrastrutture di trading e post-trading e i fornitori di servizi crypto. Ma anche Borse valori, clearing houses (istituzioni finanziarie che fungono da intermediarie tra acquirenti e venditori) e depositari centrali di titoli (enti che si occupano di custodia, registrazione e regolamento di azioni, obbligazioni ecc.). Ad oggi, sono solo ipotesi. Per avere notizie più certe bisogna attendere le proposte che la Commissione presenterà alla fine di quest’anno, in anticipo sulla tabella di marcia originaria.
Non è una prospettiva che piace a tutti. I Paesi più grandi, capeggiati dalla Francia, premono da tempo per questa supervisione centralizzata. Ma i più piccoli, Lussemburgo in testa, fanno muro perché hanno tutta l’intenzione di mantenere il controllo sui propri mercati finanziari. Non è un caso se il comunicato sull’Unione del risparmio e degli investimenti adotta un linguaggio ambiguo. Sottolineando quanto sia importante «una supervisione forte, coordinata ed efficiente per garantire l’efficienza, la stabilità e l’integrità dei mercati finanziari dell’Unione europea».
Unione del risparmio e degli investimenti: i prossimi passi
Nella visione della Commissione europea, questa supervisione coordinata è un requisito imprescindibile per realizzare l’Unione del risparmio e degli investimenti. Perché fa sì che tutti gli attori dei mercati finanziari debbano seguire le stesse regole, indipendentemente da dove hanno sede. E va accompagnata dal rafforzamento dell’unione bancaria. In un contesto simile, i cittadini dovrebbero avere maggiori opportunità – «se lo desiderano» – di investire una parte dei loro risparmi in strumenti finanziari più remunerativi. Anche ricorrendo alla previdenza complementare.
L’idea è dunque quella di mettere in circolo questo denaro creando più opportunità di finanziamento per le imprese che, così, non dovrebbero dipendere soltanto dalle banche. Soprattutto nei settori che la Commissione europea ritiene strategici: tecnologia avanzata, energia sostenibile, istruzione e – com’era prevedibile – difesa. Nelle stime più ottimistiche di Bruxelles, l’Unione del risparmio e degli investimenti sbloccherebbe 470 miliardi di euro di investimenti privati in più ogni anno. Questo sulla carta. Ma intanto bisognerà vedere come il Parlamento e gli Stati membri accoglieranno le proposte nelle prossime settimane.
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