Mancata redazione per iscritto di contratti ultradecennali e usura c.d. “sopravvenuta” nell’apertura di credito: la sentenza della Corte d’Appello di Firenze.
Nota a App. Firenze, Sez. II, 4 aprile 2025, n. 627. di Antonio Zurlo Studio Legale Greco Gigante & Partners La Corte Suprema di Cassazione ha chiarito che «in tema di rapporti bancari, la limitazione, entro il decennio, del termine di conservazione della documentazione bancaria (espressa dall’art. 119, comma 4 TUB) corrisponde ad un principio […]

Nota a App. Firenze, Sez. II, 4 aprile 2025, n. 627.
La Corte Suprema di Cassazione ha chiarito che «in tema di rapporti bancari, la limitazione, entro il decennio, del termine di conservazione della documentazione bancaria (espressa dall’art. 119, comma 4 TUB) corrisponde ad un principio generale (art. 2220 c.c.), che, in quanto tale, non può che trovare applicazione, anche per i contratti conclusi anteriormente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 385/1993 (TUB) e, ancor prima, della legge n. 154/1992. Sia l’esistenza dell’obbligo di conservazione e di rilascio copia, sia l’applicazione del termine decennale, si desumono dalla lettura di tali norme (codicistica e di legislazione speciale) come fornita dalla giurisprudenza di legittimità. Non sussiste spazio per una loro interpretazione che affermi l’obbligo ed escluda al tempo stesso l’applicazione del termine; d’altronde, il cliente risulta ampiamente tutelato dalla possibilità di esercitare il diritto di ottenere quella documentazione in un lasso di tempo notevolmente ampio (dieci anni), in funzione del quale è costruito essenzialmente l’obbligo di conservazione della banca»[1]. Né vi è ragione alcuna per escludere dall’ampia dizione “operazioni” dell’art. 119 TUB (peraltro corrispondente a quella utilizzata anche dall’art. 117 TUB relativo alla forma scritta) la sottoscrizione di contratti[2].
La corretta applicazione dei principi di diritto in precedenza richiamati (onere a carico del correntista che agisce in ripetizione di fornire la prova dell’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di trasferire detto onere a carico della banca; onere di provare anche i fatti negativi, quale il mancato rispetto della forma scritta, in ipotesi ricorrendo a presunzioni, dimostrazione dei fatti positivi contrari; limitazione dell’obbligo per la banca di conservare la documentazione per un decennio) non può, a giudizio del Collegio fiorentino, che condurre alle seguenti, conclusioni:
- in caso di rapporti iniziati nel decennio anteriore il correntista ha certamente di ritto di ottenere copia dei contratti sottoscritti; la mancata consegna, esibizione o comunque produzione in giudizio di documentazione contrattuale riferita al decennio anteriore sarà di per sé idonea, in via presuntiva, a ritenere provata la eventuale allegazione in giudizio del cliente circa il mancato rispetto dell’onere della forma scritta ex 117 TUB;
- in caso di rapporti iniziati da oltre dieci anni e per i quali il cliente in tale periodo non abbia mai contestato, anche con atti stragiudiziali, il mancato rispetto delle previ sioni ex 117 TUB circa forma scritta e consegna di copia, formulando in ipotesi una istanza ex 119 TUB oltre dieci anni dopo, l’onere probatorio a carico del cliente attore in ripetizione che assuma in giudizio l’assenza originaria della forma scritta non può dirsi assolto, neppure in via presuntiva, con la pura e semplice allegazione di tale circostanza correlata alla mancata produzione del contratto scritto ad opera della banca convenuta, posto che in tale ipotesi, a differenza della precedente, la banca non è tenuta a conserva re, consegnare ed esibire la documentazione oltre il ragionevole limite decennale previ sto dal legislatore e conseguentemente “non può essere chiamata a rispondere sotto al cun profilo della mancata conservazione delle dette scritture per un periodo più am pio”; il cliente ha, obbiettivamente, tenuto un comportamento non diligente ed in viola zione degli obblighi di buona fede e correttezza che imponevano di attivarsi tempestiva mente, nell’ambito del congruo lasso temporale concesso.
Invero, una diversa conclusione che, a fronte della pura e semplice allegazione di mancato rispetto della forma scritta da parte del cliente attore in ripetizione, imponesse nella so stanza alla banca convenuta un correlativo obbligo di produzione di documentazione contrattuale senza alcuna limitazione temporale, ben oltre il termine ex 119 TUB, pena l’automatica raggiunta prova dell’assenza della causa debendi sarebbe irragionevole, in contrasto con i principi basilari dell’onere della prova, con gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto (legittimando condotte anche obbiettivamente scorrette del correntista), con l’assetto ed il bilanciamento degli interessi specificata mente delineato dal legislatore nel settore (diritto del cliente ad ottenere copia della documentazione entro un congruo lasso temporale; assenza di un obbligo per la banca di conservare la documentazione, pur a suo tempo legittimamente formata, anche oltre 10 anni, sine die), con il principio generale della certezza dei rapporti giuridici.
Nella fattispecie, come già esposto, l’istanza ex 119 TUB è stata proposta ad oltre dieci anni dall’inizio del rapporto; parte attrice si è limitata puramente e semplicemente ad allegare la mancata pattuizione scritta, senza fornire alcuna prova se non pretendendo nella sostanza che spettasse alla banca convenuta di produrre in giudizio il contratto, sebbene si trattasse, pacificamente, di documentazione mai richiesta dal cliente nei termini di legge e per la quale non sussisteva un obbligo di conservazione ed esibizione.
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Le Sezioni Unite[3] hanno affermato il principio di diritto per cui «allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto supera mento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto». Secondo le Sezioni Unite, «in tanto è configurabile un illecito civile, in quanto sia configurabile la violazione dell’art. 644 c.p., come interpretato dal D.L. n. 394 del 2000, art. 1 , comma 1»; ne discende che la c.d. “usura sopravvenuta” non è in realtà usura. Le stesse Sezioni Unite, tuttavia, precisano, riprendendo un passaggio motivazionale della sentenza della Corte Costituzionale n. 29/2022, che «far salva la validità ed efficacia della clausola contrattuale non significa negare la praticabilità di altri strumenti di tutela del mutuatario previsti dalla legge” e, con specifico riferimento al mutuo (oggetto di causa era un mutuo decennale a tasso fisso), osservano: “in presenza di particolari modalità o circostanze, anche la pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione potrebbe dirsi scorretta ai sensi dell’art. 1375 c.c.; ma va escluso che sia da qualificare scorretta la pretesa in sé di quegli interessi, corrispondente a un diritto validamente riconosciuto dal contratto». Quindi, le Sezioni Unite chiariscono che la validità ed efficacia della clausola originaria di pattuizione degli interessi (con esclusione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., in applicazione della disposizione di interpretazione autentica) non comporta necessariamente la legittimità della pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia, pretesa che potrebbe, in determinate circostanze, essere in contrasto con il canone di buona fede.
Ciò posto, il principio di diritto delle Sezioni Unite è formulato con riferimento al mutuo. Non vi è uniformità in dottrina e nella giurisprudenza in ordine all’estensione del principio di diritto a finanziamenti diversi dal mutuo e, segnatamente ai cosiddetti “finanziamenti a utilizzo flessibile”, quali le aperture di credito in conto corrente. Il contrasto è ravvisabile nella stessa giurisprudenza di legittimità successiva alle Sezioni Unite. In alcune pronunzie il principio della generale irrilevanza della cosiddetta (impropriamente, per quanto esposto) “usura sopravvenuta” è stato richiamato anche con riferimento a fattispecie concrete relative a contratti di conto corrente, senza una specifica motivazione[4]; in altri casi motivando sulla base della esclusione della di nullità sopravvenuta della clausola iniziale di pattuizione degli interessi[5]. In una pronunzia di legittimità[6], rimasta, tuttavia, senza seguito, è stato, invece, ritenuto che nei rapporti di conto corrente la pretesa della banca di riscuotere interessi di venuti usurari nel corso del rapporto, avendo ad oggetto l’esecuzione di una prestazione oggettivamente sproporzionata, è contraria al principio di buona fede, con necessità di escludere per il periodo (non tutti gli importi addebitati a titolo di interessi ma solo) gli importi eccedenti il tasso soglia.
La questione relativa all’ambito di applicazione dei principi di diritto enunziati dalle Sezioni Unite con riferimento al mutuo e, in particolare, la loro estensione anche alle aperture di credito in conto corrente non può che muovere dalle diverse caratteristiche delle due forme di finanziamento, invero non adeguatamente considerate dalla prevalente giurisprudenza di legittimità in precedenza richiamata.
Orbene, il mutuo rientra tra i “finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito”, caratterizzati dall’erogazione in un’unica soluzione del capitale e dall’obbligo di restituzione entro un periodo predeterminato; l’apertura di credito in conto corrente rientra in vece nei “finanziamenti a utilizzo flessibile”, nei quali non vi è erogazione immediata di credito, né un obbligo restitutorio temporalmente predeterminato, in quanto una parte si impegna a mettere a disposizione dell’altra una certa somma di danaro che potrà essere utilizzata dall’altra in un’unica o più soluzioni, senza alcun obbligo restitutorio in un tempo predefinito. Tale differenza strutturale si riflette anche sulla disciplina in tema di usura.
L’art. 2 della legge 108/1996 attribuisce al Ministero dell’Economia, sentita la Banca di Italia, il compito di rilevare “trimestralmente il tasso effettivo globale medio […] degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari”, secondo una “classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e delle garanzie”, individuando quindi “il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”. La Banca di Italia nella comunicazione ufficiale del 3 luglio 2013 recante “chiari menti in materia di applicazione della legge antiusura” ha tra l’altro evidenziato: “la rilevazione svolta dalla Banca d’Italia sui tassi effettivi globali medi distingue due tipologie di crediti: •per i finanziamenti a utilizzo flessibile sono rilevati i TEG praticati nel trimestre per tutti i conti in essere anche se si tratta di contratti stipulati in precedenza. Le forme tecniche che ricadono in questa fattispecie sono le aperture di credito in conto corrente, gli anticipi su crediti e sconto di portafoglio commerciale, il factoring e il credito revolving. I TEG applicati per tali operazioni sono sensibili alle variazioni di mercato, fermo restando quanto disposto dalla legge in materia di variazioni contrattuali unilaterali. La Banca d’Italia ha dato indicazione agli intermediari di condurre una verifica trimestrale sul rispetto delle soglie vigenti in ciascun periodo per tutti i finanziamenti di tale tipo in corso; •per i finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito (credito persona le, credito finalizzato, leasing, mutui, prestiti contro cessione del quinto e della pensione, altri finanziamenti) viene rilevato il TEG relativo ai nuovi contratti stipulati nel trimestre. Per questa tipologia di crediti la verifica sul rispetto delle soglie è compiuta solo al momento della stipula del contratto, in cui la misura degli interessi è stabilita”.
Quindi:
- A) per i “finanziamenti a utilizzo flessibile” sono rilevati i TEG “praticati nel trimestre”, “anche se si tratta di contratti stipulati in precedenza” e gli intermediari hanno, per disposizione dell’autorità di vigilanza, l’obbligo specifico di compiere “una verifica trimestrale sul rispetto delle soglie vigenti in ciascun periodo per tutti i finanziamenti di tale tipo in corso”;
- B) per “finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito”, viceversa, il TEG è quello “relativo ai nuovi contratti stipulati nel trimestre” e la verifica “è compiuta solo al momento della stipula del contratto”, senza alcun obbligo successivo per gli intermediari
Occorre, inoltre, considerare che in simili forme di finanziamento a tempo indeterminato alla banca è normalmente attribuita ex 118 TUB la possibilità di modifica unilaterale dei tassi e delle condizioni contrattuali a fronte di un “giustificato motivo”.
Le Sezioni Unite hanno precisato che l’iniziale pattuizione lecita esclude comunque l’integrazione della fattispecie penale (e, quindi, l’usura in senso proprio) e la sanzione civile ex 1815 c.c.; si tratta tuttavia di verificare la “praticabilità di altri strumenti di tutela”, espressamente fatta salva anche dalla Corte Costituzionale nel valutare la legittimità della disposizione di interpretazione autentica.
Fermo l’auspicio di un intervento chiarificatore della Cassazione, la Corte fiorentina ritiene che il principio di diritto enunziato dalle Sezioni Unite per il mutuo circa la ordinaria non contrarietà a buona fede e correttezza della pretesa di riscuotere interessi superiori alla soglia usuraria in presenza di una precedente valida pattuizione non possa trovare applicazione con riferimento alle aperture di credito in conto corrente.
Come esposto:
- i finanziamenti ad utilizzo flessibile hanno caratteristiche strutturali diverse dai finanziamenti con piano di ammortamento predefiniti;
- per tali finanziamenti sono rilevati TEG “praticati nel trimestre”; il TEG in base al quale è determinato ex 2 legge 108/1996 il limite “oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”, è rilevato e deve trovare applicazione, anche per i “contratti stipulati in precedenza”;
- per prescrizione della Autorità di vigilanza gli intermediari devono effettuare “una verifica trimestrale sul rispetto delle soglie vigenti in ciascun periodo per tutti i finanziamenti di tale tipo in corso”;
- è normalmente attribuita alla banca una facoltà di modifica unilaterale ex 118 TUB e certamente sussiste un “giustificato motivo” di variazione nel momento in cui emerge, sulla base delle rilevazioni già rese pubbliche nel DM previamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che il tasso di interesse che la controparte dovrebbe corrispondere nel trimestre successivo è divenuto di gran lunga più oneroso di quello comunemente praticato, “fuori mercato” in danno del correntista, con grave squilibrio del sinallagma contrattuale.
Questi elementi obbiettivi conducono a ritenere che nei “finanziamenti a utilizzo flessibile”, pur in presenza di una precedente valida pattuizione (e, quindi, in assenza di usura in senso proprio), la perdurante pretesa di interessi superiori al tasso soglia quali determinati con i criteri esposti nei decreti ministeriali già pubblicati, omettendo di esercitare una facoltà generalmente attribuita deve considerarsi ordinariamente e di per sé contraria a buona fede e correttezza in executivis, con esclusione (non integrale degli interessi ex art. 1815 c.c. ma) degli importi eccedenti la soglia.
I giudici di legittimità hanno più volte ricordato che i principi di buona fede e correttezza hanno valenza generale, costituiscono espressione dei doveri di solidarietà ex art. 2 Cost., consentono al giudice di intervenire qualora sia necessario per garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti e reprimere l’abuso del diritto, comportano obblighi risarcitori in caso di violazione. In relazione a forme di “finanziamento flessibile”, con tassi di interesse struttural mente “sensibili alle variazioni di mercato” ed indicazioni espresse della Banca di Italia circa il rispetto delle soglie ex art. art. 2 legge 108/1996 “in ciascun periodo per tutti i finanziamenti di tale tipo in corso”, buona fede e correttezza impongono alla banca di contenere comunque la pretesa entro tali soglie, pur in presenza di valide pattuizioni precedenti, che peraltro normalmente possono essere dalla stessa banca variate unilateralmente in presenza di un giustificato motivo.
Nel caso in cui la banca violi tale dovere di buona fede e correttezza il danno risarcibile non può che essere parametrato agli importi eccedenti il tasso soglia, con detrazione della somma frutto della condotta illecita e ricostituzione ex post di quell’ “equo con temperamento” che si sarebbe dovuto determinare ex ante in base alla condotta esigibile dal creditore ex 1375 c.c.
In conclusione: per l’ apertura di credito in conto corrente resta valido il primo dei principi di diritto enunziati dalle Sezioni Unite per il mutuo: l’usura in senso proprio ex art. 644 c.p., 1815 c.c. si ha unicamente nel “momento in cui gli interessi sono convenuti”; deve invece operarsi un ribaltamento prospettico con riferimento agli “altri strumenti di tutela”: nell’apertura di credito in conto corrente, a differenza che nel mutuo, la pretesa di continuare a riscuotere interessi divenuti superiori alla soglia ex art. 2 legge 108/1996 deve considerarsi “di per sé” illegittima, a prescindere dalla ricorrenza di “particolari modalità o circostanze”; gli interessi (non propriamente “usurari”, ma, comunque) illeciti devono essere ricondotti entro la soglia, con detrazione della somma frutto di condotta illecita. L’intervento giudiziale in funzione “riequilibratrice” nella fase attuativa del rapporto risulta quindi ancorato e delimitato nel suo concreto esercizio, ad un preciso parametro oggettivo, in conformità alle rilevazioni ed alle indicazioni della Banca di Italia. Può per completezza osservarsi che alla medesima conclusione si potrebbe pervenire anche considerando le prescrizioni in precedenza richiamate della Banca di Italia qua le autorità di vigilanza (in particolare l’obbligo, per gli intermediari di compiere una “verifica trimestrale sul rispetto delle soglie vigenti in ciascun periodo per tutti i finanzia menti di tale tipo in corso”) quale precettive e imperativamente limitative, per il periodo considerato, del “prezzo del credito”, con sostituzione almeno temporanea ex 1339 c.c. delle difformi clausole contrattuali.
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[1] Così Cass. Civ., Sez. I, 29.11.2022, n. 35039.
[2] V. Cass. Civ., Sez. VI, 22.06.2020, n. 12178.
[3] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., 19.10.2017, n. 24675.
[4] V. Cass. Civ., Sez. I, 24.03.2023, n. 8525; Cass. Civ., Sez. VI, 08.03.2022, n. 7546; Cass. Civ., Sez. I, 01.07.2024, n. 18013; Cass. Civ., Sez. III, 23.11.2023, n. 32538.
[5] V. Cass. Civ., Sez. I, 04.02.2025, n. 2720.
[6] V. Cass. Civ., Sez. III, 28.09.2023, n. 27545.