Come e perché il Fisco italiano picchia su Meta, X e LinkedIn per l’Iva
Roma ha chiesto di pagare 887,6 milioni di euro a Meta, 12,5 milioni di euro a X e circa 140 milioni di euro a LinkedIn per gli anni 2015 e 2016. Il conto per le Big Tech Usa supera il miliardo. Se il dato è l'utente, per l'Italia allora i social devono pagare l'Iva su ogni iscrizione. Una tesi che potrebbe diffondersi a macchia d'olio in Europa, suscitando l'ira di Trump

Roma ha chiesto di pagare 887,6 milioni di euro a Meta, 12,5 milioni di euro a X e circa 140 milioni di euro a LinkedIn per gli anni 2015 e 2016. Il conto per le Big Tech Usa supera il miliardo. Se il dato è l’utente, per l’Italia allora i social devono pagare l’Iva su ogni iscrizione. Una tesi che potrebbe diffondersi a macchia d’olio in Europa, suscitando l’ira di Trump
Per Donald Trump l’Imposta sul valore aggiunto applicata in Europa sarebbe un dazio occulto per le merci americane e un sussidio alle esportazioni per le imprese europee. Secondo la visione egocentrica del nuovo inquilino della Casa Bianca l’Iva sarebbe proprio nata con lo scopo di “fregare” gli Usa. E poco importa se così facendo il tycoon ha dimostrato di non sapere o non voler fare sapere ai propri concittadini come funzioni l’imposta sul valore aggiunto (l’Iva, a differenza dei dazi, non fa distinzioni su dove si trova il produttore, ma ricade sul consumo, trattando i beni nazionali ed esteri allo stesso modo) perché dopo che Reuters ha veicolato la notizia secondo la quale il Fisco italiano ha messo nel mirino Meta, X e LinkedIn per Iva non pagata, ci potrebbero essere ripercussioni in tutta la Ue, considerato che l’ex Twitter è di Elon Musk mentre Menlo Park e Redmond si sono comunque avvicinate al nuovo presidente americano che intenderà tutelarne gli affari da questa parte dell’oceano.
L’ITALIA PRESENTA IL CONTO A META, X E LINKEDIN
Roma ha chiesto di pagare 887,6 milioni di euro a Meta, 12,5 milioni di euro a X e circa 140 milioni di euro a LinkedIn per gli anni 2015 e 2016, a rischio scadenza, all’interno di un periodo di indagine più lungo e che si estende fino al 2021-2022.
Che il Fisco italiano stesse portando avanti una richiesta in tal senso nei riguardi di Menlo Park e di X era noto, nulla invece si sapeva circa Microsoft, proprietaria del social adibito alle carriere lavorative.
LA REGISTRAZIONE INTESA COME MONETIZZAZIONE
La tesi dell’erario italiano, che potrebbe diventare costante in tutta Europa, è sostenere che le registrazioni degli utenti sulle piattaforme X, LinkedIn e Meta debbano essere considerate transazioni tassabili in quanto implicano uno scambio tra l’attivazione di un account e i dati personali di un utente.
A dare conferma del rapporto sinallagmatico la stessa Meta quando, introducendo le varianti a pagamento, ha proposto agli utenti di continuare con le varianti gratis, a patto di cedere i propri dati per Adv personalizzate. Questo lascerebbe intendere che il modello di business si basa proprio sul guadagno che avviene sull’utente.
COSA DICONO META, LINKEDIN E X
“Abbiamo collaborato pienamente con le autorità rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e nazionale e continueremo a farlo. Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo. Siamo fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva”, ha dichiarato un portavoce di Meta. LinkedIn ha affermato di non avere “nulla da condividere al momento”. Anche da X al momento labbra cucite. Fino al prossimo tweet di Musk.