Chiarimenti sull'elusione del giudicato da parte della PA

lentepubblica.it In questo approfondimento l’Avvocato Maurizio Lucca analizza, alla luce di una recente pronuncia giuridica, l’elusione del giudicato da parte della PA. La sez. III Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 22 aprile 2025, n. 1302 (Est. Profili), rigetta la richiesta di nullità di un provvedimento amministrativo per elusione del giudicato da parte della PA: […] The post Chiarimenti sull'elusione del giudicato da parte della PA appeared first on lentepubblica.it.

Apr 24, 2025 - 10:19
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Chiarimenti sull'elusione del giudicato da parte della PA

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In questo approfondimento l’Avvocato Maurizio Lucca analizza, alla luce di una recente pronuncia giuridica, l’elusione del giudicato da parte della PA.


La sez. III Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 22 aprile 2025, n. 1302 (Est. Profili), rigetta la richiesta di nullità di un provvedimento amministrativo per elusione del giudicato da parte della PA: nella riedizione del potere – già oggetto di pronunciamento del giudice – il dispositivo si presenta in contrasto con la decisione demolitoria, ovvero aggira l’effetto conformativo promanante dalla motivazione contenuta nella cit. pronuncia giurisdizionale.

Tutto questo non è avvenuto, in quanto viene accertato dal GA che l’Amministrazione non ha eluso alcun giudicato, avendo operato legittimamente su un diverso e autonomo procedimento, del tutto estraneo al precedente giudicato.

Il precedente giudicato

Volendo estendere il ragionamento, la violazione o elusione del giudicato mira a perseverare gli effetti tracciati dal giudice con l’annullamento dell’atto, su richiesta del privato, mediante ricorso in sede di legittimità: aver ottenuto quanto richiesto, ergo la caducazione di un determinato risultato (quello definito nel procedimento) verrebbe meno se consentissimo all’Amministrazione di reiterare un’azione dal medesimo contenuto, già vagliata nella sua illegittimità (il c.d. effetto demolitorio della pronuncia).

Una volta assicurati, con l’annullamento (il giudicato), gli interessi legittimi pretensivi, la PA non può che seguire il vincolo conformativo dell’avvenuto giudizio: nella riedizione del proprio potere non vi sono margini ulteriori di apprezzamento, dovendo (un obbligo) rispettare nella sua effettività la sentenza di annullamento.

Dopo l’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo, nell’esegesi, viene intimato un preciso assetto del potere dall’amministrazione, censurabile – con la nullità – quando l’adozione (effetti/contenuto) dell’atto (il provvedimento che incide la sfera giuridica del destinatario) nei suoi tratti essenziali vengono già descritti in sentenza.

Elusione o diverso procedimento

Nella sostanza, in termini divulgativi, si comprende che l’elusione o l’aggiramento del giudicato renderebbe del tutto superfluo il giudizio definitivo (già) avvenuto tra le parti, consentendo alla PA un esercizio arbitrario del tutto illegittimo del potere: potere privo (esaurito) di una propria efficacia (rilevanza) avendo il giudice già operato una valutazione concreta sulla controversia (ne bis in idem), mentre in presenza di una decisione del tutto diversa per oggetto e contenuto siamo in presenza di un nuovo procedimento senza alcuna connessione con quanto già deciso tra PA e privato.

Il giudice competente

In questo senso, le doglianze avverso gli atti di riesercizio del potere successivo al giudicato devono essere proposte davanti al giudice dell’ottemperanza che è, al contempo, il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza e il giudice competente per l’esame della più grave patologia dell’atto, quale è la nullità [1].

Il giudice dell’ottemperanza, e non dal giudice della cognizione, è competente, ai sensi degli artt. 21 septies della legge n. 241/1990 e 114, comma 4, lett. b), cpa, a conoscere dei provvedimenti emanati dall’Amministrazione per conformarsi al giudicato e all’accertamento della loro nullità per violazione o elusione del giudicato medesimo [2].

In effetti, in materia di esecuzione di sentenze definitive, la PA è obbligata ad ottemperare al giudicato nel termine assegnato dal giudice, pena la nomina di un Commissario ad acta per l’esecuzione coattiva, diversamente una condotta non coerente con le statuizioni del giudice comporta la nullità dell’agire (inesorabilmente viziato) provvedimentale [3].

Fonte della nullità

Come noto, l’art. 21 septies, Nullità del provvedimento, della legge n. 241/90, sancisce la “nullità” del provvedimento «che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge» [4].

La violazione del giudicato, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, avviene quando il nuovo atto emanato dall’Amministrazione:

  • riproduce i medesimi vizi già censurati;
  • ovvero, si pone in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla precedente statuizione del giudice;
  • solo quanto da esso deriva un obbligo talmente puntuale che il suo contenuto era desumibile nei suoi tratti essenziali direttamente dalla sentenza [5];
  • mentre si configura la fattispecie dell’elusione del giudicato laddove l’Amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare esecuzione al giudicato, tende sostanzialmente a raggirarlo in modo da pervenire surrettiziamente allo stesso esito, oggetto del recedente annullamento [6].

L’approdo porta a ritenere che incombe sull’Amministrazione procedente l’obbligo di conformarsi al giudicato, in modo da far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita riconosciutogli in sede di cognizione, in coerenza con la nozione di cosa giudicata [7], un vincolo decisorio pro futuro irretrattabile, operante sia nei confronti del diverso giudice (di cui all’art. 2909 c.c.), la quale fa stato, ad ogni effetto, tra le parti, i loro eredi o aventi causa, tanto che solo dagli stessi può essere invocata per far valere eventualmente la nullità di atti amministrativi assunti in contrasto con il decisum [8].

Un parallelo

Invero, la violazione o l’elusione del giudicato trova un significativo parallelo (assimilazione) con la violazione del giudicato costituzionale.

Prova tangibile si rinviene nella sua sussistenza non solo laddove il legislatore intenda direttamente ripristinare o preservare l’efficacia di una norma già dichiarata incostituzionale, ma ogniqualvolta una disposizione di legge intenda mantenere in vita o ripristinare, sia pure indirettamente, gli effetti della struttura normativa che aveva formato oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale: il giudicato costituzionale è violato non solo quando è adottata una disposizione che costituisce una mera riproduzione di quella già ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche quando la nuova disciplina mira a perseguire e raggiungere, anche se indirettamente, esiti corrispondenti [9].

Fatti

I fatti sono riferiti ad un ricorso per l’accertamento della nullità – per violazione e/o elusione del giudicato – di un provvedimento che ha escluso il rinnovo (proroga legislativa della concessione) di una concessione demaniale marittima (una revoca): un potere esercitato in violazione di un precedente giudicato tra le parti [10].

L’Amministrazione resistente, a difesa conferma che il diniego al rinnovo (atto del tutto discrezionale) della concessione anelata dal privato giungerebbe all’esito di un procedimento amministrativo del tutto nuovo e autonomo rispetto a quello oggetto dei prefati giudicati che si pretendono essere stati violati.

Merito

il ricorso risulta infondato e non può trovare accoglimento, avendo accertato che i provvedimenti impugnati afferiscano ad una nuova procedura amministrativa, attivata su istanza di parte e protesa all’ottenimento del rinnovo del titolo concessorio: dunque, nessun riesercizio di un potere amministrativo derivante dall’effetto demolitorio di un precedente giudicato di annullamento, quanto piuttosto siamo alla presenza di un nuovo e autonomo procedimento con apposita richiesta formulata su un argomento (pretesa) diverso, rispetto al quale gli eventuali vizi (di legittimità) non possono essere conosciuti dal giudice dell’ottemperanza ma da quello della cognizione, proprio ai fini dell’ottenimento del loro annullamento.

La sentenza, nella sua chiara e puntuale esposizione, consente di comprendere appieno il vizio di nullità per violazione e/o elusione del giudicato, regimentandone i confini e i presupposti:

  • la violazione/elusione viene in rilievo quando la PA, nella riedizione di un potere già oggetto di una sentenza di annullamento del GA, si ridetermini in contrasto o, comunque, aggirando l’effetto conformativo promanante dalla motivazione contenuta nella precedente pronuncia giurisdizionale;
  • l’art. 114, comma 4, lett. b), cpa, in particolare, prevede che l’accertamento e la declaratoria di siffatta forma di nullità degli atti amministrativi siano devoluti alla conoscenza del giudice dell’ottemperanza;
  • un unico ricorso in sede di ottemperanza (caso di specie), proponendo cumulativamente la domanda di nullità e quella di annullamento, quest’ultima per vizi di legittimità nuovi e autonomi degli atti gravati, consiste in due distinti giudizi, uno di ottemperanza e uno di legittimità [11].

Da queste premesse, andando oltre, viene precisato che la verifica della sussistenza del vizio comportante la nullità della nuova determinazione amministrativa implica lo stretto riscontro sulla presenza, o meno, di difformità specifiche dell’atto contestato rispetto all’obbligo processuale di attenersi esattamente al contenuto della pronuncia giudiziale da eseguire.

La delibazione di tale particolare forma di nullità degli atti amministrativi viene riservata, dal legislatore, al giudice dell’ottemperanza, in relazione con la peculiare natura di tale tipologia di giudizio rispetto a quello di legittimità: il giudice dell’ottemperanza verifica, in concreto, il rispetto da parte dell’Amministrazione soccombente dell’obbligazione nascente dal precedente giudicato, assicurando al privato l’ottenimento effettivo dell’utilità riconosciutagli dal giudice di cognizione [12].

Riassunto

Volendo trarre una sintesi: il vizio di violazione o di elusione del giudicato non risiede sulla riedizione del potere quanto sull’esercizio della medesima potestà pubblicistica, già in precedenza illegittimamente esercitata, in contrasto con il contenuto precettivo del giudicato amministrativo o, comunque, mediante il tentativo di conseguire il medesimo risultato, con un’azione connotata dallo sviamento del dictum giudiziale [13].

Nessuna tra queste ipotesi si presenta quando la decisione approda in un diverso procedimento o all’avvio di una nuova istanza, avulsa (estranea) da precedenti giudizi.

A ulteriore chiarimento, perché l’atto emanato dall’Amministrazione, in seguito al giudicato di annullamento, possa essere considerato affetto dai vizi descritti, è imprescindibile che il “vincolo conformativo” discendente da quest’ultima sia assolutamente preciso e dettagliato, così che il suo contenuto sia integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza.

Infatti, i vizi di violazione e di elusione del giudicato non sono configurabili quando la pronuncia del giudice comporti “margini liberi di discrezionalità”, in relazione ai quali l’Amministrazione può imporre nuovamente l’assetto di interessi che più ritiene congruo per l’interesse pubblico affidato alle sue cure, salvo il rispetto delle statuizioni di natura conformativa derivanti dall’impianto motivazionale del giudicato, al di fuori delle quali una situazione di inottemperanza non è neppure configurabile [14].

Osservazioni

Si può osservare che l’azione amministrativa, in base al principio di legalità, non può allontanarsi dagli obblighi cogenti imposti dalla normativa, magari con lo scopo di trarre un indebito beneficio, sottraendosi alle inevitabili conseguenze dovute al mancato raggiungimento di un obiettivo (il c.d. fine) [15].

La nullità in questione risponde all’accertamento della sostanziale inosservanza delle prescrizioni contenute nel giudicato, equiparabile, sul piano degli effetti, alla riedizione illegittima di un potere pubblico esercitato non correttamente (non dovuto), donde la massima censura per la sua gravità: sin dalla sua nascita.

Note

[1] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 luglio 2024, n. 6767; sez. VII, 13 maggio 2024, n. 4259 e 21 novembre 2023, n. 9973.

[2] Cons. Stato, sez. II, 19 marzo 2025, n. 2251.

[3] TAR Liguria, sez. II, 17 febbraio 2025, n. 162; TAR Calabria Reggio, Calabria, 13 febbraio 2025, n. 115; TAR Piemonte, sez. III, 6 febbraio 2025, n. 280.

[4] Sono le ipotesi tassative nullità, Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2014, n. 5671 e 12 febbraio 2014, n. 673.

[5] Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3223; sez. VI, 3 maggio 2011, n. 2601; 7 giugno 2011, n. 3415.

[6] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2011, n. 1415; 1° aprile 2011, n. 2070; sez. V, 20 aprile 2012, n. 2348; sez. VI, 5 luglio 2011, n. 4037.

[7] Il perimetro del giudicato e i relativi effetti, anche conformativi in capo all’Amministrazione, sono individuati sulla base del petitum oggetto della controversia di cognizione e del provvedimento ivi impugnato, e degli stessi vizi in quella sede fatti valere, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 7919/2024.

[8] TAR Campania, Salerno, sez. III, 19 settembre 2024, n. 1687; TAR Campania, Napoli, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5324.

[9] Corte cost., 1° dicembre 2020, n. 256 e 3 dicembre 2010, n. 350.

[10] Vedi, LUCCA, La decadenza delle concessioni demaniali marittime, gruppodelfino.it, 15 aprile 2025, a commento della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VII, 11 aprile 2025, n. 3161, che interviene per legittimare la scelta di un’Amministrazione locale che, rispetto ad una richiesta proroga di una concessione demaniale marittima, ha stabilito la decadenza.

[11] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plenaria, 15 gennaio 2013, n. 2, ove si chiarisce che qualora il giudice di ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento costituisca violazione od elusione del giudicato, provvederà a dichiararne la nullità, mentre la domanda di annullamento diventerà improcedibile per carenza di interesse: quando il giudice rigetti la domanda di nullità potrà disporre la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente.

Il vizio di nullità ha portata generale, e pertanto può essere fatto valere, non solo dalla parte risultata vittoriosa nel giudizio a quo (la quale dovrà necessariamente adire il giudice dell’ottemperanza), ma anche da chiunque vi abbia interesse giusta l’art. 31, comma 1, cpa, disposizione non derogata dal terzo periodo del comma 4 del medesimo articolo (e in questo caso è evidente che l’unico strumento utilizzabile sarà l’azione di nullità disciplinata dallo stesso art. 31), Cons. Stato, sez. III, 11 ottobre 2024, n. 8171.

[12] Le azioni che mirano a colpire i contenuti del nuovo provvedimento, in quanto espressione di nuove scelte discrezionali attinenti ad aspetti non riconducibili a puntuali statuizioni di una pregressa sentenza e, quindi, non soggetti ad uno specifico vincolo conformativo, rispetto ai quali i vizi ipotizzabili sono deducibili come vizi di legittimità secondo l’ordinario giudizio di cognizione, Cons. Stato, sez. VI, 22 aprile 2025, n. 3445.

[13] Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 8307/2024.

[14] Cons. Stato, sez. VII, 16 aprile 2025, n. 3320.

[15] Le persone giuridiche pubbliche possono assumere impegni solo nei limiti e nei modi stabiliti dalla legislazione che regola la loro attività per il perseguimento dei fini che sono loro assegnati, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 6281 del 2002.

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