Che succede ai sedili di Lear?
La statunitense Lear, che produce sedili per auto, si avvia verso un secondo round monstre di licenziamenti: ben 15mila, stesso numero di quelli visti nel 2024. L'azienda ha una filiale italiana già messa a dura prova dalla crisi vissuta da Maserati

La statunitense Lear, che produce sedili per auto, si avvia verso un secondo round monstre di licenziamenti: ben 15mila, stesso numero di quelli visti nel 2024. L’azienda ha una filiale italiana già messa a dura prova dalla crisi vissuta da Maserati
Torna a virare verso il brutto tempo il barometro in Lear, azienda statunitense che si occupa di tecnologia automobilistica per sedili e sistemi elettrici in Italia balzata più volte al centro delle cronache per la vertenza torinese che riguarda circa 400 lavoratori.
LA QUESTIONE ITALIANA
Lear è infatti una delle tante aziende dell’indotto sorte non casualmente a Grugliasco (dove era presente anche l’hub Maserati voluto da Marchionne e velocemente dismesso da Carlos Tavares) travolte dalla crisi del Tridente.
Un vero e proprio smottamento industriale che non dà tregua alle numerose realtà della filiera, acciaccate dalla diminuzione delle commesse. E così dopo Yazaki, la società giapponese lasciata a piedi in Italia da Maserati, scossoni anche Lear. In verità, nel caso della realtà made in Usa a fine novembre si era riusciti a strappare all’ultimo l’accordo su altri 12 mesi di cassa integrazione in deroga da sfruttare per trovare velocemente altre possibili soluzioni.
“I 12 mesi di tutela aggiuntiva – avevano infatti spiegato da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil nazionali – dovranno servire a trovare un investitore che reindustrializzi il sito, giacché i volumi produttivi nella fabbrica torinese sono ridotti al lumicino e lo stesso utilizzo di ammortizzatori sociali sta giungendo al suo limite massimo”.
LEAR TRABALLA ANCHE NEGLI USA
Ma a scuotere di rimando la fabbrica italiana più che le singole commesse interne al nostro Paese è ora il terremoto che sta colpendo la sede centrale negli Usa, come riporta il Crain’s Detroit Business: sarebbero infatti in arrivo altri tagli dopo i 15mila già attuati nel 2024.
Un secondo round che dovrebbe essere della medesima, impattante, portata e che riguarderà le attività del Gruppo in 38 Paesi, resosi non solo necessario ma anche impellente per far fronte a cali di fatturato e profitti dell’azienda che globalmente conta 187mila dipendenti.
SI PUNTA SULL’AUTOMAZIONE
L’amministratore delegato Ray Scott ha provato a rassicurare gli azionisti facendo sapere che i prossimi investimenti saranno fatti per implementare l’automazione nelle linee, riducendo il più possibile la presenza di addetti, così da risparmiare sui costi. Dichiarazioni che forse tranquillizzeranno gli investitori di Lear, ma non i suoi dipendenti.