Che diamine sta succedendo fra governo e magistrati?
Un’altra pace difficile è quella fra politica e giustizia, o fra governo e magistrati. I Graffi di Damato

Un’altra pace difficile è quella fra politica e giustizia, o fra governo e magistrati. I Graffi di Damato
Dopo un incontro di due ore col governo, da lui stesso chiesto e ottenuto in una data successiva allo sciopero delle toghe indetto contro la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici e altro proposto dalla riforma della giustizia all’esame del Parlamento, il nuovo presidente dell’associazione nazionale dei magistrati Cesare Parodi non ha voluto riconoscere appieno l’utilità del confronto avuto con la premier Giorgia Meloni. “Io credo non sia stato inutile”. Non inutile, quindi, piuttosto che utile.
Di più evidentemente il presidente dell’associazione, di una corrente moderata diversamente dal predecessore Giuseppe Santalucia, non poteva dire dopo essersi consultato col segretario del sindacato Rocco Manuotti, dell’area di sinistra. Al quale aveva già dovuto concedere dopo la richiesta dell’incontro correzioni e precisazioni alla lettura di una possibile svolta che era stata data della sua iniziativa.
La pace fra governo e magistratura, o politica e giustizia, o viceversa, che sono ai ferri piò o meno corti in Italia da almeno una trentina d’anni, è forse ancora più difficile di quella che il presidente americano Donald Trump, d’accordo col quasi omologo russo Putin, ha deciso di perseguire in Ucraina su una linea ben diversa, se non opposta a quella del predecessore Joe Biden.
Se vogliamo mettere, in questa metafora che riconosco al di sopra delle righe, la premier Meloni sullo stesso piano del presidente dell’Ucraina aggredita più di tre anni fa dalla Russia, bisogna riconoscere che a Palazzo Chigi la presidente del Consiglio ha assunto la postura del suo amico Zelensky.
Lo stesso presidente dell’associazione nazionale dei magistrati, prima di un analogo comunicato ufficiale del governo, ha annunciato che l’esecutivo è deciso ad “andare avanti senza alcun tentennamento, e alcuna modifica sul punto” per completare il percorso parlamentare della riforma della giustizia e la prevedibile coda referendaria. Qualcosa i magistrati, presentatisi all’incontro a Palazzo Chigi con un documento che racchiude in otto punti le loro posizioni di protesta o di proposta, potranno ottenere nei decreti e nelle leggi ordinarie di attuazione della riforma costituzionale.
Ora che le cose si sono messe in questo modo, si può dire, per tornare al linguaggio usato dal presidente del sindacato delle toghe, che l’incontro se è stato “non inutile” per la folta rappresentanza dei magistrati, è stato utile per la chiarezza della posizione del governo, con la Meloni che è stata affiancata alla sua destra dai due vice presidenti del Consiglio, Antonio Tajani e Matteo Salvini, e alla sua sinistra dal principale sottosegretario e dal Guardasigilli, entrambi peraltro ex magistrati. Le divisioni sono soltanto nei sogni altrui.