Campiglia, congelata nel tempo: "Orgogliosi di essere dimenticati"
Porta delle Cinque Terre, la frazione corre lungo il crinale che separa Tramonti dal Golfo spezzino. Affacciata sul Mar Tirreno a perdita d’occhio, ma capace di mantenere i semi di una cultura rurale.

Poggi
È conosciuto come la ’Porta delle Cinque Terre’ per il suo limitare, a ovest, con il Parco nazionale. Ma in realtà quando, seguendo via della Castellana, si arriva nella sua unica piazza – quella della chiesa – questo piccolo borgo – la frazione posta più in alto del comune della Spezia, situata a 400 metri di altitudine sul crinale collinare che ne racchiude a occidente il golfo – dà subito l’impressione di essere il punto d’accesso a molte più realtà. A molteplici ’mondi’: a quello innanzitutto che si staglia all’orizzonte, al di là della terrazza, propagandosi nel blu di mare e cielo a perdita d’occhio, e dal quale fanno capolino nelle giornate più terse le isole di Capraia, Gorgona e Corsica; a quello che invece si affaccia sul Golfo spezzino; e, infine, a quel ’mondo’ organizzato in ordinati terrazzamenti, al quale portano le antiche mulattiere e dove i filari delle viti verdeggiano al sole.
Il borgo di Campiglia è un paese rimasto incredibilmente intatto: incontaminato dalla mano dell’uomo, dal suo passaggio e anche da quello del tempo. Un territorio unico, per il quale l’aggettivo ’dimenticato’ non è altro che l’orgogliosa rivendicazione di chi, questo territorio, lo vive e lo protegge.
Mario Rossi Ganzer – altoatesino d’origine ma campigliese d’adozione, nonché consigliere e tesoriere dell’Associazione Campiglia – ci aspetta lassù per mostrarci il borgo e i suoi tesori. La prima tappa è da Erbo Gianco, unica bottega rimasta e rilevata nel 2022 da Luca e Manoela, punto di riferimento e di aggregazione per gli abitanti. "Tutta la mia famiglia è di Campiglia – esordisce Luca – ma io, fino a quando non ho rilevato il negozio, non vi ho mai abitato stabilmente. Non vuole essere un esercizio commerciale turistico che segue la stagione: durante l’anno cerchiamo di non fare chiusure prolungate, rimanendo ogni giorno aperti fino alle 15, e d’ estate anche la sera. Da noi è possibile trovare prodotti di nostra produzione come torte di verdura, crostate e la torta di riso che qui a Campiglia è una specialità. Per il resto abbiamo mantenuto la peculiarità del precedente negozio di alimentari con salumi e formaggi della Val di Vara, vini locali che vendiamo anche al bicchiere, caffè della torrefazione di Romito e l’olio d’oliva della Valdurasca. Il nostro obiettivo è quello di coniugare prodotti di qualità a prezzi però contenuti".
Procedendo con la nostra guida verso l’interno, entriamo nel carrugio percorrendo il lastricato dell’antica mulattiera che un tempo costituiva il principale collegamento tra i paesi di Campiglia e Coregna e la città della Spezia. "Qui – fa notare Mario – tutto è rimasto inalterato da ben 150 anni e nessun fabbricato è stato aggiunto o costruito ex novo". Dal piazzale della chiesa dedicata a Santa Caterina, girato l’angolo ci troviamo al Piccolo Blu, trattoria informale e altra realtà di riferimento per tutti coloro che raggiungono Campiglia: "La filosofia del mio locale – spiega il titolare, Francesco Bernul – è riuscire a dare un ristoro il più accurato possibile ma senza troppi infiocchettamenti, puntando sempre sulla qualità di prodotti nostrani a un prezzo accessibile a tutti". Simbolo della cultura agricola del borgo è poi l’antico mulino a vento, datato per la sua tipologia architettonica al XVII secolo, e ristrutturato nel 2006 su iniziativa del Parco, del Comune e dell’Associazione Campiglia. "Due sono le sue particolarità – spiega Nicola Bracco, segretario dell’associazione – le pale che potevano essere orientate e la struttura, in pietra arenaria locale, che comprende due piani. Qui si macinava grano e castagne, a riprova della vocazione alla terra di questo borgo affacciato sul mare".