Cambiare lavoro spesso come strategia di carriera

Il job hopping è una strategia consolidata in alcuni settori: come funziona e chi lo fa

Apr 24, 2025 - 13:02
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Cambiare lavoro spesso come strategia di carriera

Roma, 24 aprile 2025 – Si chiama job hopping, letteralmente "saltare da un lavoro all’altro". Indica la tendenza a cambiare lavoro con relativa frequenza. E, dunque, i job-hopper sono lavoratori che cambiano spesso posizione, portano con sé una vasta gamma di competenze, esperienze diversificate e una rete di contatti costruita attraverso collaborazioni in diversi settori. La loro predisposizione al rischio e alle nuove sfide mette in evidenza flessibilità, resilienza e capacità di adattamento.


A mettere a fuoco questo fenomeno è un nuovo studio pubblicato da LiveCareer Italia che esplora il nodo della Stabilità vs Job Hopping, sulla scorta dell’analisi di oltre un milione di CV.
Dalla ricerca emerge che se in passato la stabilità lavorativa era considerata un valore imprescindibile, oggi il job hopping si sta affermando come una strategia per ottenere crescita professionale e benessere. Nello specifico, il 60% dei lavoratori italiani cambia lavoro ogni 2 anni, le professioni con maggiore turnover riguardano gli addetti alle vendite, customer service e ristorazione, mentre gli informatici sono tra i più stabili, con una media di 3,4 anni nello stesso ruolo. Il 70% dei job hopper ha tra i 25 e i 34 anni, e cerca crescita e varietà. Lo stipendio medio per chi cambia lavoro ogni 1-2 anni è fino al 18% più alto rispetto ai colleghi stabili.
Vale la pena, dunque, analizzare il bilanciamento tra stabilità e mobilità lavorativa, esaminando vantaggi, svantaggi e tendenze del mercato.


Analisi della stabilità lavorativa


Alcune professioni – si spiega nello studio - garantiscono sicurezza e continuità, mentre altre sono caratterizzate da una maggiore mobilità, spesso legata alla crescita personale, alla dinamicità dei settori o alla necessità di adattarsi alle nuove tecnologie.
Il livello di stabilità delle professioni è stato definito utilizzando il seguente modello:
• stabilità alta: da 3 in su;
• stabilità moderata: da 2 a 3 anni;
• stabilità bassa: fino a 2 anni.


Professioni con un alto livello di stabilità


Sulla scorta del sistema di analisi e di classificazione, si possono indicare i seguenti profili:

Informatici


Con un’esperienza media di 11 anni e una media di 2,37 posizioni lavorative, gli informatici godono di una stabilità elevata. Il settore, sebbene dinamico, premia competenze specifiche e l’aggiornamento continuo, favorendo una permanenza più lunga nei ruoli.


Impiegati amministrativi


Con 14 anni di esperienza media e 3,26 posizioni, questa è una delle professioni più stabili. La natura prevedibile del lavoro amministrativo, unita a percorsi di carriera definiti, favorisce la continuità.


Infermieri e operatori socio-sanitari


Questa categoria presenta una stabilità elevata, con un’esperienza media di 11 anni e 3,64 ruoli. Il bisogno costante di personale qualificato in ambito sanitario e l’importanza delle competenze relazionali rafforzano la permanenza.


Professioni con una stabilità moderata


Insegnanti


Gli insegnanti, con una media di 13,5 anni di esperienza e 4,63 posizioni, dimostrano una stabilità moderata. La permanenza varia in base al contesto: nel pubblico c’è maggiore sicurezza, mentre nel privato o tra livelli educativi diversi si osserva una maggiore mobilità.


Ingegneri


Gli ingegneri hanno un’esperienza media di 10 anni con 3,80 posizioni. La loro stabilità moderata riflette il passaggio tra progetti o aziende per acquisire nuove competenze e affrontare sfide tecniche.


Giornalisti


Con 12 anni di esperienza e 5,22 posizioni, i giornalisti combinano stabilità con mobilità. Questo equilibrio è influenzato dalla necessità di adattarsi a un settore in costante cambiamento, esplorando nuove opportunità editoriali o digitali.


Professioni con un basso livello di stabilità


Addetti alle vendite


Gli addetti alle vendite hanno in media 8 anni di esperienza e 5 ruoli. La mobilità è incentivata dalla natura del lavoro, spesso di breve durata, e dalla ricerca di condizioni migliori oppure opportunità in altri settori.


Professionisti dell’assistenza clienti


Con 7,5 anni di esperienza media e 4,94 ruoli, questi lavoratori sperimentano una stabilità ridotta. L’alta rotazione riflette le difficoltà nel mantenere un impegno a lungo termine in un settore spesso caratterizzato da stress e remunerazione non competitiva.


Camerieri e baristi


Con solo 4 anni di esperienza media e 3 posizioni, questa professione mostra una delle stabilità più basse. La flessibilità degli orari e la stagionalità del lavoro rendono comune il passaggio tra diversi datori di lavoro.

L’analisi – mette in luce lo studio – fa capire come la stabilità lavorativa vari significativamente tra le professioni, influenzata dalla natura del lavoro, dalle aspettative personali e dalle dinamiche di settore. Professioni stabili, come quelle amministrative e sanitarie, offrono sicurezza e continuità. D’altro canto, ruoli con maggiore mobilità, come quelli legati alle vendite o all’assistenza clienti, rappresentano una scelta per chi cerca flessibilità o rapidi cambiamenti.


I fattori che spingono verso il job hopping


Come affermato da esperti HR, chi ha affrontato cambiamenti di carriera sviluppa una maggiore capacità di gestire i cambiamenti rispetto a chi rimane a lungo nella stessa azienda. Molti scelgono il job hopping per migliorare stipendio e benefit. Se un’azienda non offre aumenti adeguati, cercare altrove può essere la soluzione. Altre volte, è il desiderio di un ambiente lavorativo più sano a motivare il cambiamento, soprattutto in presenza di una cultura aziendale tossica o una gestione inefficace. Il job hopping è anche una strategia per avanzare nella carriera. Quando mancano opportunità di promozione interne, cambiare ruolo può accelerare il percorso professionale. Inoltre, trasferirsi per motivi personali o per trovare nuovi stimoli può essere un'ottima ragione per cambiare lavoro.


I rischi del job hopping


Il principale rischio del job hopping è la percezione di inaffidabilità da parte dei datori di lavoro. Troppi cambiamenti possono far pensare a una mancanza di impegno o stabilità. È quindi essenziale spiegare bene le motivazioni durante i colloqui. I costi legati all’assunzione e alla formazione sono elevati, e le aziende preferiscono investire su candidati che garantiscano una permanenza più lunga. Comprendere le motivazioni dietro i frequenti cambiamenti di lavoro è fondamentale: potrebbero derivare da una ricerca personale o dalla mancata compatibilità con le aziende precedenti. Altri svantaggi includono la possibile perdita di benefit, come l’assicurazione sanitaria, e il rischio di stress emotivo. Adattarsi continuamente a nuovi ambienti e ruoli può diventare destabilizzante e impedire di costruire relazioni professionali solide.