Ben & Jerry’s contro Unilever: avrebbe messo alla porta il Ceo troppo «attivista»
L'azienda produttrice di gelati Ben & Jerry's accusa la casa madre Unilever di averla punita per le sue politiche progressiste L'articolo Ben & Jerry’s contro Unilever: avrebbe messo alla porta il Ceo troppo «attivista» proviene da Valori.

La società madre Unilever avrebbe rimosso l’amministratore delegato di Ben & Jerry’s per colpire le politiche progressiste del marchio. A lanciare l’accusa è proprio l’azienda statunitense produttrice di gelati. La decisione sarebbe arrivata a metà marzo, dopo che per mesi Unilever avrebbe «ripetutamente minacciato il personale di Ben & Jerry’s, compreso l’amministratore delegato David Stever, di non conformarsi agli sforzi di Unilever per mettere a tacere» la mission dell’azienda, storicamente progressista.
La prese di posizione sociali di Ben & Jerry’s
Per capire bene questa vicenda occorre partire dall’inizio. Nel 1978 Ben Cohen e Jerry Greenfield aprono una gelateria in una ex stazione di servizio nel Vermont. La loro attività si distingue per i valori progressisti che professa: il rispetto dei diritti umani, la promozione della giustizia sociale ed economica e la sostenibilità ambientale. L’azienda non lesina prese di posizione rispetto all’attualità. E non smette di farlo dopo l’acquisizione da parte di Unilever, nel 2000. Al tempo, infatti, l’accordo prevede la creazione di un Consiglio di amministrazione indipendente, responsabile della missione sociale e di Ben & Jerry’s.
La situazione sembra degenerata a partire dal 2022, anno di un contenzioso legale tra l’azienda madre e la sua controllata. Oggetto della causa la commercializzazione dei prodotti del marchio nella Cisgiordania occupata. Nel 2021, infatti, Ben & Jerry’s annuncia di non voler rinnovare l’accordo con AQP, azienda che distribuisce gelati del marchio in Israele, Gerusalemme Est e Cisgiordania, definendo la vendita in territori occupati «incoerente con i nostri valori». Ne segue una causa del partner locale Avi Zinger contro Unilever, che quest’ultima risolve con la vendita del marchio.
Ben Cohen e Jerry Greenfield insorgono e fanno causa a Unilever per violazione degli accordi del 2000. Che garantivano alla ditta produttrice di gelati la massima autonomia sulla propria condotta sociale e politica. La vicenda rientra con un accordo informale mai divulgato, che però, secondo Ben & Jerry’s, Unilever adesso starebbe violando.
I ripetuti scontri tra Unilever e Ben & Jerry’s
Il licenziamento dell’amministratore delegato David Stever segue mesi di polemiche. A novembre 2024 Ben & Jerry’s fa causa a Unilever, accusandola di aver cercato di impedire dichiarazioni pubbliche per il cessate il fuoco a Gaza. Tra i faldoni in tribunale ci sono anche altre segnalazioni. Come il divieto di pubblicare un post per commemorare il Black History Month. E un altro contenuto in difesa di Mahmoud Khalil, studente di origine palestinese arrestato e a rischio espulsione per aver partecipato alle proteste contro il genocidio. A gennaio 2025 la casa madre le avrebbe chiesto di cancellare un post social che menziona Donald Trump e parla di aborto, cambiamenti climatici, salario minimo e sanità universale.
Lo scorso 3 marzo Unilever si pronuncia per la rimozione di Stever. «Castigato», secondo una nota di Ben & Jerry’s, per aver acconsentito alle richieste del Consiglio indipendente e mantenuto un profilo «attivista». Anuradha Mittal, presidente del consiglio di amministrazione di Ben & Jerry, dichiara che «Unilever ha ripetutamente minacciato il personale di Ben & Jerry, compreso l’amministratore delegato David Stever, nel caso in cui non si fossero conformati agli sforzi di Unilever per mettere a tacere la missione sociale». Il licenziamento sarebbe quindi una «punizione» per la causa intentata a novembre.
Potrebbe non essere finita qui. Già nella primavera del 2024 Unilever annuncia l’intenzione di scorporare Ben & Jerry’s e altri marchi di gelati per ristrutturare complessivamente il proprio focus di mercato. Questa dichiarazione desta preoccupazioni nell’azienda, perché non fornisce alcuna garanzia sulla sull’autonomia politica del marchio. Unilever dichiara di sostenere l’impegno sociale di Ben & Jerry’s, un impegno che sarebbe però degenerato in «argomenti unilaterali, altamente controversi e polarizzanti che mettono a rischio Unilever, B&J’s e i loro dipendenti».
La crociata dei conservatori contro diversità, equità e inclusione
Secondo Doug Chia, presidente della società di consulenza Soundboard Governance, l’irrigidimento delle posizioni di Unilever si inserisce in un quadro complessivo di timore da parte delle aziende per la «crociata contro tutto ciò che è DEI». Per DEI si intendono le politiche aziendali di diversità, equità e inclusione. Molte aziende le hanno accantonate già da prima delle elezioni presidenziali del 5 novembre 2024. Ma, da quando è entrata in carica l’amministrazione Trump, ha preso il via una vera e propria offensiva da parte dei conservatori.
Meta, Ford, McDonald’s, Walmart e molte altre hanno capitolato. C’è chi non rinnega il proprio impegno ma precisa che disinvestirà sul tema, come Amazon, Toyota e Lululemon. C’è chi, come Google, smantella gli obiettivi legati alla diversità di genere ed etnia nelle assunzioni e nei percorsi di carriera. C’è anche chi però va nella direzione opposta, denunciando e respingendo al mittente le pressioni politiche. Come Apple, Costco, Delta Airlines, Cisco, Deutch Bank, la National Football League. C’è chi lo fa per reputazione e chi per coerenza con in valori aziendali.
E c’è chi, infine, ha un atteggiamento più pragmatico, come Coca Cola. Nel documento annuale di programmazione il gigante delle bevande dichiara che l’abbandono della DEI potrebbe danneggiare gli affari. «Se non riuscissimo ad attrarre o trattenere talenti specializzati, o i migliori talenti, con prospettive, esperienze e background diversificati, in grado di rispecchiare l’ampia gamma di consumatori e mercati che serviamo a livello globale, la nostra attività potrebbe risentirne negativamente».
L'articolo Ben & Jerry’s contro Unilever: avrebbe messo alla porta il Ceo troppo «attivista» proviene da Valori.