Bankitalia taglia il Pil, prezzi in aumento con i contro dazi Ue
La Banca d'Italia ridimensiona le previsioni di crescita del Pil Italiano per l'anno in corso e fino al 2027 dopo l'annuncio dei dazi al 20% imposti da Trump ai prodotti europei

La Banca d’Italia ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil, principalmente a causa dell’inasprimento delle politiche commerciali. Per il 2025, la crescita stimata a dicembre era pari a +0,8%, ma è stata ora corretta a +0,6%. Si tratta di una delle prime ripercussioni legate ai dazi introdotti dal presidente statunitense Donald Trump sui prodotti europei. Anche le previsioni per gli anni successivi sono state tagliate: per il 2026 la stima scende da +1,1% a +0,8%, mentre per il 2027 passa da +0,9% a +0,7%.
Bankitalia: “proiezioni sul Pil soggette a elevata incertezza”
Lo si legge nelle “Proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel triennio 2025-27” della Banca d’Italia, dove si precisa che le proiezioni si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. In assenza di tali aggiustamenti, il Pil crescerebbe dello 0,5% nel 2025, dello 0,9% nel 2026 e dello 0,7% nel 2027. Le stime diffuse, puntualizza l’istituto, rappresentano solo “una prima e parziale valutazione” dell’impatto dei dazi e non includono eventuali contromisure o evoluzioni future del contesto internazionale.
“Le proiezioni sono soggette a un’elevata incertezza, connessa soprattutto con l’evoluzione del contesto internazionale. Esportazioni e investimenti potrebbero risentire in misura maggiore di quanto previsto dell’inasprimento delle politiche commerciali e dei suoi riflessi sulla fiducia delle imprese”, continua la Banca d’Italia.
Effetti negativi marcati potrebbero derivare da un ulteriore aumento dell’incertezza sulle politiche commerciali, da eventuali misure ritorsive e da tensioni prolungate sui mercati finanziari. Esportazioni e investimenti potrebbero risentire in misura maggiore di quanto previsto dell’inasprimento delle politiche commerciali e dei suoi riflessi sulla fiducia delle imprese. “Per contro, effetti positivi potrebbero manifestarsi a seguito di un orientamento più espansivo della politica di bilancio a livello europeo, anche in connessione con gli annunci di incremento delle spese per la difesa”, aggiunge l’istituto.
Unc: “nessun rischio inflazione dai dazi di Trump ma dall’Ue”
Secondo la Banca d’Italia, quindi, i dazi potrebbero generare pressioni inflazionistiche nel breve periodo, soprattutto nel caso di una risposta simmetrica da parte dell’Unione Europea. Tuttavia, l’eventuale indebolimento della domanda interna potrebbe avere un effetto contrario, destinato a prevalere nella parte finale del triennio considerato nelle previsioni.
Una questione che confermano anche le associazioni di consumatori: “Bankitalia conferma che il rischio di inflazione in Italia non dipende certo dai dazi di Trump, che invece danneggeranno i consumatori americani, costretti a comperare i prodotti italiani a prezzi maggiorati, quanto piuttosto dai dazi ritorsivi che l’Unione Europea imporrà sulle importazioni statunitensi, anche se il calo della domanda che alla fine genererà questa assurda guerra commerciale iniziata da Trump potrebbe nel lungo periodo prevalere, contenendo l’inflazione, al prezzo ovviamente di un calo del Pil e dell’occupazione” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
I prodotti che vedranno i maggiori aumenti
Un allarme simile lo lancia anche il Codacons circa possibili effetti sull’inflazione derivanti dai contro-dazi annunciati dall’Ue verso i prodotti Made in Usa
In base agli ultimi dati pubblicati, “il valore delle importazioni dagli Usa in Italia è salito nel 2024 a 25,9 miliardi di euro, con una crescita del +2,6% su anno – analizza il Codacons -. Tralasciando il settore dell’industria, eventuali dazi imposti dall’Europa sulle importazioni dagli Usa provocherebbero aumenti dei prezzi al dettaglio per beni di largo consumo come rossetti, cipria e numerosi cosmetici prodotti negli Stati Uniti e largamente utilizzati in Italia. Sarà più costoso bere succo d’arancia, mangiare riso e fumare prodotti da tabacco, e ad aumentare saranno anche snack e dolciumi vari, onnipresenti sugli scaffali dei supermercati italiani”.
Ad essere interessato dai rincari dei prezzi sarà anche il settore dell’abbigliamento, con aumenti per jeans, magliette, scarpe e intimo. Anche numerosi alcolici subiranno incrementi dei listini e proibitivo risulterà l’acquisto di automobili e moto prodotte negli Usa.