Alaska. La battaglia degli Iñupiat contro l’estrazione di uranio

Una compagnia canadese ha ottenuto i permessi per estrarre uranio nei pressi di un piccolo villaggio dell’Alaska. La comunità indigena locale degli Iñupiat non ci sta.

Apr 26, 2025 - 16:38
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Alaska. La battaglia degli Iñupiat contro l’estrazione di uranio
  • A giugno la Panther Minerals dovrebbe iniziare le trivellazioni per estrarre uranio nei pressi di Elim, in Alaska.
  • Lì vivono circa 350 persone del gruppo etnico degli Iñupiat, che vivono di pesca e dei prodotti della foresta.
  • La comunità si sta opponendo al progetto estrattivo, come già successo in passato.

C’è una comunità Iñupiat del nord-ovest dell’Alaska che sta conducendo una strenua battaglia contro l’estrazione di uranio. La compagnia estrattiva canadese Panther Minerals ha annunciato che dall’estate inizierà l’esplorazione di una miniera di uranio alle sorgenti del fiume Tubuktulik, nei pressi del villaggio di Elim. Quest’ultimo è abitato da circa 350 persone di etnia Iñupiat, la cui economia è fondata quasi esclusivamente sulla pesca nel fiume. Il nuovo piano estrattivo rischia di compromettere l’ecosistema e il timore è anche che l’attività sull’uranio possa far ammalare la popolazione di cancro, come successo in passato per altre comunità indigene, come i Navajo

Gli Iñupiat di Elim, sostenuti da altre comunità indigene dell’Alaska, da mesi stanno portando avanti una battaglia contro la Panther Minerals. Per bloccare il progetto ed evitare che ne possano partire di simili, dopo le nuove concessioni estrattive nella regione rilasciate dal presidente statunitense Donald Trump.

Lo sfruttamento dell’uranio

A inizio 2024 la compagnia estrattiva canadese Panther Minerals ha iniziato a muoversi per ottenere i permessi all’esplorazione di alcuni giacimenti di uranio nel nord-ovest dell’Alaska. I siti in questione sono quelli di Boulder Creek e Fireweed, lì dove nasce il fiume Tubuktulik, che dopo un corso di qualche decina di chilometri arriva nel villaggio di Elim. Era già successo in passato che società estrattive si facessero avanti per quei siti, come nel 2000 e nel 2008, ma poi non se n’era fatto niente perché il prezzo dell’uranio nel frattempo era crollato e la resistenza della comunità locale era apparsa come un ostacolo.

La scorsa estate la Panther Minerals ha ottenuto i permessi per procedere e l’inizio dei lavori sono previsti a partire da giugno. Verranno trivellati i primi pozzi, saranno raccolti campioni di uranio e poi si capirà come procedere con l’iter estrattivo. Questa situazione ha messo in allarme la comunità locale, composta da circa 350 persone appartenenti al gruppo etnico degli Iñupiat. La sussistenza di questi ultimi è scandita dalla natura e dalle stagioni ed è basata su caccia, pesca nel fiume e raccolta dei prodotti della foresta. Il progetto di estrazione di uranio, approvato senza alcun coinvolgimento della comunità locale, rischia di cancellare tutto questo. 

Gli Iñupiat temono che i lavori possano contaminare le acque fluviali e che la lavorazione dell’uranio possa avere effetti nocivi sulla popolazione. La compagnia canadese Panther Minerals ha respinto al mittente queste accuse, ma la comunità locale ha portato a esempio una storia che arriva da lontano. Quella degli indigeni Navajo degli Stati Uniti, tra cui si è registrata un’impennata di tumori dopo che negli anni Cinquanta vicino ai loro insediamenti sono iniziate operazioni di estrazione dell’uranio.

La battaglia degli Iñupiat

Gli indigeni Iñupiat hanno lanciato una grande mobilitazione per contrastare le operazioni estrattive di uranio. Hanno fatto appello contro le autorizzazioni concesse alla compagnia canadese e hanno chiesto di essere coinvolti in un processo di consultazione, ma le autorità statunitensi finora non hanno dato loro ascolto. Poi sono partite le proteste vere e proprie, che hanno ottenuto il sostegno di altre decine di comunità indigene dell’Alaska e che non sono state indirizzate solo contro la Panther Minerals, ma anche contro la Graphite One, che ha iniziato a muoversi per estrarre grafite nell’area di Elim.

Dopo una serie di piccoli presidi locali, a marzo le comunità indigene hanno deciso di far sentire la voce in uno degli eventi più importanti dell’Alaska. L’Iditarod, una gara con cani da slitta passata proprio nei pressi di Elim, durante la quale sono stati esposti striscioni e gridati slogan che hanno fatto il giro degli Stati Uniti. “Proteggiamo il nostro futuro”, “Manteniamo l’uranio sottoterra”, recitavano i cartelloni tenuti in mano da decine di persone, tra persone appartenenti alla comunità locale e studiosi.

Il via libera al piano di estrazione dell’uranio, arrivato nel 2024, potrebbe fare da capofila ad altre concessioni simili. In uno dei tanti ordini esecutivi firmati nel giorno del suo nuovo insediamento da presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha auspicato nuove politiche di esplorazione di risorse minerarie in Alaska e ha annullato una serie di tutele introdotte dall’amministrazione Biden, per esempio sui limiti al disboscamento. Questo potrebbe rappresentare un assist a trivellazioni come quelle in programma nei pressi del villaggio di Elim. Ma la comunità locale non ha intenzione di arrendersi. Già in passato le compagnie estrattive che erano arrivate a esplorare l’area erano poi state indotte ad andarsene. L’obiettivo è ripetere quelle esperienze.