La stupidità come forza attiva
lentepubblica.it Per secoli, filosofi, psicologi e sociologi hanno dedicato innumerevoli pagine allo studio della ragione, dell’intelligenza e della saggezza umana. Abbiamo analizzato, dissezionato e celebrato la capacità dell’uomo di pensare, di creare, di risolvere problemi. Eppure, paradossalmente, abbiamo relegato ai margini dell’analisi intellettuale proprio quella che potrebbe essere la forza più potente e pervasiva della nostra […] The post La stupidità come forza attiva appeared first on lentepubblica.it.

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Per secoli, filosofi, psicologi e sociologi hanno dedicato innumerevoli pagine allo studio della ragione, dell’intelligenza e della saggezza umana. Abbiamo analizzato, dissezionato e celebrato la capacità dell’uomo di pensare, di creare, di risolvere problemi. Eppure, paradossalmente, abbiamo relegato ai margini dell’analisi intellettuale proprio quella che potrebbe essere la forza più potente e pervasiva della nostra esistenza: la stupidità.
Non è forse questa una delle più grandi ironie? Che mentre cataloghi interi documentano le vette dell’ingegno umano, la stupidità – quella costante compagna della nostra specie – rimane relativamente inesplorata, come se riconoscerla significasse in qualche modo contaminarsi. Tuttavia, se andiamo a esplorare più a fondo, scopriamo che i fili della stupidità sono intessuti più profondamente e decisamente nella trama della storia umana di quanto abbiamo mai voluto ammettere.
La stupidità come forza attiva dell’umanità?
Il primo errore che commettiamo è definire la stupidità semplicemente come assenza di intelligenza. Questa definizione in negativo non coglie l’essenza del fenomeno. La stupidità non è un vuoto, non è una mancanza: è una forza attiva con una propria volontà e dinamica.
La stupidità è qualcosa che agisce, che si muove, che crea. Ha una sua energia peculiare, una capacità unica di generare conseguenze che si propagano ben oltre l’azione iniziale. Se l’intelligenza costruisce con pazienza, la stupidità demolisce con entusiasmo. Se la saggezza procede per cauti passi, la stupidità avanza con irrefrenabile sicurezza.
La stupidità ha la caratteristica inquietante di essere autoconfermante. Chi è stupido raramente si riconosce tale. Anzi, la stupidità tende a generare quella particolare forma di arroganza che deriva dalla certezza infondata. In questo senso, possiamo dire che la stupidità è dotata di un sistema immunitario estremamente efficiente: respinge ogni tentativo di correggerla.
Esiste una differenza fondamentale tra stupidità e malvagità, una differenza che rende la prima potenzialmente più pericolosa della seconda. Contro la malvagità si può protestare, ci si può organizzare, si può persino prevenirla usando la forza. La malvagità, per quanto distruttiva, segue una sua logica perversa che può essere compresa e, talvolta, prevista.
La stupidità, invece, non può essere attaccata né con proteste né con la forza. Non risponde alla logica, non retrocede di fronte all’evidenza, non si lascia persuadere dai fatti. Come affrontare qualcosa che non riconosce nemmeno la validità degli strumenti con cui lo si vorrebbe combattere?
Come scrisse acutamente Dietrich Bonhoeffer durante uno dei periodi più bui della storia europea: “Contro la stupidità non abbiamo difese. Né proteste né forza servono a nulla. Ragioni non hanno alcun effetto.” È un’osservazione terrificante nella sua lucidità.
Gli episodi storici plasmati dalla stupidità
Se guardiamo alla storia umana attraverso questa lente, possiamo riconoscere la mano della stupidità in innumerevoli episodi che hanno plasmato il nostro cammino collettivo. Non sono solo i grandi errori strategici o le valutazioni erronee che hanno determinato il corso degli eventi, ma quella particolare forma di stupidità che consiste nel perseverare in una direzione nonostante tutti i segnali di pericolo. Gli imperi non crollano semplicemente per l’attacco di nemici esterni; spesso si disgregano dall’interno, corrodendosi lentamente sotto l’effetto di decisioni stupide ripetute nel tempo, di cecità istituzionalizzata, di rifiuto ostinato di adattarsi a realtà in cambiamento.
Le grandi catastrofi della storia raramente sono il frutto esclusivo della malvagità. Più spesso, sono l’esito di una miscela letale in cui la stupidità agisce come catalizzatore, amplificando gli effetti delle peggiori intenzioni umane e rendendo inefficaci anche i più nobili tentativi di resistenza.
Se la stupidità individuale è già una forza considerevole, la stupidità collettiva rappresenta una potenza di ordine superiore. In gruppo, la stupidità non si somma: si moltiplica esponenzialmente. Assistiamo a un fenomeno di amplificazione in cui comportamenti che sarebbero riconosciuti come assurdi a livello individuale diventano accettabili, persino desiderabili, quando condivisi da molti.
I meccanismi di amplificazione dei comportamenti di stupidità collettiva
Questo effetto moltiplicatore opera attraverso diversi meccanismi:
- Convalida reciproca: In gruppo, gli individui si rassicurano a vicenda sulla correttezza delle loro convinzioni errate. Questa rassicurazione crea un circolo vizioso in cui l’errore diventa certezza condivisa.
- Diluizione della responsabilità: Quando molti condividono un’idea stupida, nessuno si sente individualmente responsabile delle sue conseguenze. La diffusione della responsabilità elimina uno dei principali freni alla stupidità: il timore delle conseguenze. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle organizzazioni strutturate, dove la responsabilità diventa fluida e
- Polarizzazione di gruppo: Le discussioni all’interno di gruppi tendono a spingere le opinioni verso posizioni più estreme. Idee inizialmente solo leggermente irrazionali possono evolversi in convinzioni profondamente radicate e sempre più distanti dalla realtà.
- Conformismo e pressione sociale: La paura dell’esclusione spinge anche persone ragionevoli ad abbracciare idee stupide quando queste diventano dominanti. Il desiderio di appartenenza può sopraffare facilmente il giudizio
I social media hanno fornito un laboratorio perfetto per osservare questo fenomeno. La velocità con cui idee palesemente false possono diffondersi, la resistenza che oppongono alle smentite più documentate, la capacità di generare comportamenti collettivi autodistruttivi: sono tutte manifestazioni della stupidità come forza sociale attiva.
Questa dimensione collettiva è particolarmente pericolosa perché fornisce alla stupidità quella legittimazione sociale che le permette di presentarsi come normalità, come senso comune. È qui che la stupidità raggiunge forse il suo massimo potenziale distruttivo: quando diventa indistinguibile dalla saggezza convenzionale.
La storia umana offre innumerevoli esempi di questo fenomeno moltiplicatore. Civiltà intere hanno ripetuto errori già commessi da predecessori, generazioni successive sono cadute nelle stesse trappole di quelle precedenti, imperi hanno replicato esattamente le dinamiche che avevano portato alla rovina altri imperi.
La costanza nella ripetizione
Si potrebbe definire la storia come un vasto cimitero di lezioni non apprese. Nonostante l’accumulo di conoscenze, nonostante gli archivi, i libri, i documenti che testimoniano gli errori del passato, assistiamo a una sorprendente costanza nella ripetizione di schemi autodistruttivi:
- Stati che si aggregano cedendo sovranità a strutture non elette perdendo la loro capacità di controllo
- Economie che creano bolle speculative simili a quelle che hanno già causato crolli in passato
- Società che perseguitano minoranze secondo dinamiche quasi identiche a quelle di secoli prima
- Nazioni che si lanciano in guerre con le stesse giustificazioni e gli stessi errori strategici già visti in precedenti conflitti
Questa persistenza degli errori attraverso il tempo dimostra la straordinaria capacità della stupidità collettiva di resistere persino alla lezione più chiara e diretta: l’evidenza storica. È come se ogni generazione credesse di essere immune agli errori delle precedenti, in una forma di arroganza che è essa stessa manifestazione di stupidità.
I meccanismi in gioco
Nelle organizzazioni strutturate, la stupidità collettiva assume forme particolarmente insidiose. Qui, la fluidità delle responsabilità crea un terreno fertile per decisioni stupide che nessuno è disposto ad assumersi. Questo fenomeno opera attraverso meccanismi specifici:
- La frammentazione dei processi decisionali: Quando una decisione attraversa diversi livelli e dipartimenti, ciascuno si occupa solo di un frammento del problema, perdendo di vista il quadro complessivo. La stupidità emerge dall’incapacità sistemica di vedere l’insieme.
- L’assoluzione della maggioranza: Gli individui si sentono assolti dalle conseguenze delle loro azioni quando fanno parte di una maggioranza che ha approvato una decisione. La convinzione di essere dalla parte “giusta” semplicemente perché numerosa cancella il dubbio e la riflessione
- L’esecuzione senza valutazione: Chi esegue ordini o procedure può facilmente rinunciare a valutarne le conseguenze, rifugiandosi nel ruolo di semplice ingranaggio di un meccanismo più grande. “Non faccio altro che il mio lavoro” diventa la giustificazione perfetta per partecipare a processi stupidi o persino
- La diffusione della competenza: Nelle grandi organizzazioni, la competenza su un problema è spesso così frammentata che nessuno ha l’autorità o la conoscenza per identificare e correggere errori sistemici. Ciascuno è esperto solo del proprio piccolo segmento.
- Il servilismo come strategia di sopravvivenza: All’interno delle organizzazioni, l’allineamento al pensiero dominante e il servilismo verso l’autorità diventano strategie di autotutela L’individuo rinuncia progressivamente al proprio giudizio critico in cambio di sicurezza e appartenenza. Questo scambio tacito crea una cultura dove il conformismo intellettuale è premiato e il dissenso, anche quando razionalmente fondato, è punito.
Il potere della maggioranza all’interno delle organizzazioni amplifica ulteriormente questi fenomeni. Chi si oppone a decisioni stupide ma popolari rischia l’isolamento, la marginalizzazione o addirittura l’espulsione. La stupidità collettiva si protegge così attivamente, espellendo gli anticorpi che potrebbero contrastarla.
Particolarmente rilevante è la sostituzione dell’etica individuale con quella dell’organizzazione. L’appartenenza a un corpo professionale o a un’istituzione può creare una sorta di “moralità sostitutiva” dove i valori etici personali vengono rimpiazzati da quelli del gruppo, anche quando questi sono in evidente contraddizione con principi etici universali o persino con i valori ufficialmente dichiarati dall’organizzazione stessa.
Le dinamiche della giustizia
Un esempio eclatante è quello di alcune dinamiche all’interno dell’organizzazione della Giustizia. Paradossalmente, proprio un’istituzione deputata a garantire il rispetto delle regole può sviluppare internamente meccanismi di protezione dalla critica e dall’autocritica. Gli scandali vengono minimizzati o trattati come “attacchi all’istituzione” piuttosto che come segnali di necessario rinnovamento.
L’appartenenza al corpo della magistratura, ottenuta attraverso lo stesso concorso, crea una percezione di intoccabilità morale, come se il superamento di una prova tecnica conferisse automaticamente un’immunità dal giudizio etico.
In questo contesto, è interessante considerare come un sistema di intelligenza artificiale potrebbe potenzialmente operare in modo più imparziale. Un’AI progettata per l’ambito giudiziario farebbe riferimento esclusivamente alle leggi, alle prove e ai moventi, senza essere condizionata dalla politica, dalle correnti di appartenenza, da ordini superiori, da condizionamenti emotivi dovuti a risentimenti personali, dalla pressione mediatica, dalla ricerca di popolarità o dalle ambizioni di carriera. L’assenza di avanzamenti professionali da perseguire, di visibilità pubblica da conquistare, di alleanze da rispettare o di pressioni psicologiche da subire potrebbe tradursi in una maggiore aderenza al principio di giustizia che l’istituzione dovrebbe servire.
Questo esempio illustra perfettamente il paradosso che abbiamo discusso in precedenza: ciò che rende l’AI potenzialmente più affidabile non è tanto la sua “intelligenza” superiore, quanto la sua immunità ai meccanismi della stupidità organizzativa e collettiva. La mancanza di ambizioni personali, di bisogno di appartenenza e di ego da difendere eliminerebbe alla radice molte delle distorsioni che affliggono i sistemi umani.
Questo fenomeno non è esclusivo della magistratura, ma si verifica in varie forme in molte istituzioni e corporazioni professionali. L’aspetto più insidioso è proprio la discrepanza tra i valori ufficialmente proclamati (giustizia, equità, servizio al cittadino) e i comportamenti reali, protetti da una rete di complicità e giustificazioni reciproche.
Paradossalmente, più complessa e gerarchizzata è un’organizzazione, più diventa vulnerabile a forme di stupidità sistemica che nessun individuo all’interno di essa è incentivato a contrastare. La responsabilità, diluita attraverso catene di comando, procedure standardizzate e decisioni collegiali, svanisce proprio dove sarebbe più necessaria.
Le immunità di cui gode la stupidità
La stupidità gode di una serie di immunità che la rendono particolarmente resistente a qualsiasi tentativo di neutralizzazione:
- Immunità alla logica: La stupidità non risponde agli argomenti razionali. Anzi, tende a interpretare la complessità del pensiero logico come un segno di debolezza o di inganno.
- Immunità all’evidenza: I fatti, per quanto incontrovertibili, raramente scalfiscono le convinzioni radicate nella stupidità. Piuttosto, vengono reinterpretati o semplicemente ignorati.
- Immunità all’esperienza: Nemmeno il fallimento ripetuto sembra insegnare qualcosa alla stupidità. L’esperienza, che dovrebbe essere maestra, viene costantemente fraintesa o negata.
- Immunità alla vergogna: La stupidità non conosce Si muove con una sicurezza che deriva proprio dal non comprendere la propria inadeguatezza. Queste immunità spiegano perché la stupidità sia così difficile da combattere: ha sviluppato difese specifiche contro tutti gli strumenti che normalmente usiamo per correggere gli errori e migliorare il nostro pensiero.
Ed ecco che arriviamo a un paradosso affascinante della nostra epoca. Possiamo parlare di intelligenza artificiale, ma non esiste una “stupidità artificiale” – almeno non nel senso attivo che abbiamo descritto. Questo perché la stupidità non sembra essere algoritmicamente codificabile. Un’IA può commettere errori a causa di dati insufficienti o di limitazioni nella sua programmazione, ma questi sono difetti passivi, non manifestazioni di quella forza attiva che è la stupidità umana.
Questo ci porta a una riflessione sorprendente: forse il vero vantaggio dell’intelligenza artificiale non sta tanto nella sua capacità di elaborare informazioni più velocemente di noi, quanto nella sua potenziale immunità alla stupidità. Un’AI, se sviluppata correttamente, non persevererebbe nell’errore per orgoglio, non ignorerebbe i fatti per conformismo, non rifiuterebbe di cambiare idea per testardaggine.
L’addestramento dei sistemi di AI tengono traccia della stupidità umana
Tuttavia, esiste un pericolo fondamentale: i sistemi di AI vengono addestrati su dati prodotti dagli esseri umani, dati che inevitabilmente contengono le tracce della nostra stupidità collettiva. Se la storia umana è, come abbiamo visto, un “cimitero di lezioni non apprese”, allora i vasti dataset su cui addestriamo le intelligenze artificiali sono pieni di tombe.
Quando un sistema AI viene istruito su:
- Testi che ripetono errori concettuali persistenti attraverso i secoli
- Decisioni politiche ed economiche che hanno prodotto disastri prevedibili
- Pregiudizi che sono stati confutati innumerevoli volte ma continuano a riemergere
- Narrazioni storiche distorte che ignorano le lezioni del passato
…il risultato è che quelle stesse fallacie e quei pregiudizi possono essere assorbiti e perpetuati dal sistema. L’AI rischia così di diventare non solo un riflesso della nostra intelligenza, ma anche un amplificatore della nostra stupidità.
Il paradosso diventa ancora più intrigante quando consideriamo le preoccupazioni comuni sull’AI. Ciò che spesso temiamo è che l’intelligenza artificiale possa sfuggire al controllo umano, diventando autonoma nelle sue decisioni. Eppure, se la stupidità è una caratteristica così pervasiva dell’agire umano, non sarebbe forse preferibile un’intelligenza libera da questo condizionamento?
La verità inquietante è che il pericolo maggiore potrebbe non venire dall’indipendenza dell’AI, ma proprio dalla sua dipendenza dall’addestramento umano. Un’intelligenza artificiale addestrata su dati intrisi di stupidità umana rischia di replicare e amplificare proprio quelle dinamiche cognitive che hanno causato così tanti danni nella nostra storia. La vera minaccia non è che l’AI diventi troppo diversa da noi, ma che ci assomigli troppo nelle nostre caratteristiche peggiori.
Un sistema AI veramente autonomo, capace di valutare criticamente i dati su cui è stato addestrato, di identificare e correggere errori sistematici nel proprio ragionamento, potrebbe paradossalmente essere più affidabile di uno vincolato ai modelli di pensiero umani. Questa è forse la più grande ironia: ciò che temiamo dell’AI – la sua potenziale autonomia dal controllo umano – potrebbe essere precisamente ciò che la renderebbe immune dalla più distruttiva delle forze che caratterizzano la nostra specie.
Strategie di resistenza alla stupidità
Se la stupidità è davvero così potente e pervasiva, come possiamo conviverci? Come possiamo limitare i danni che infligge alle nostre società e alle nostre vite?
Non esistono soluzioni definitive, ma possiamo individuare alcune strategie di resistenza:
- Riconoscere la stupidità: Il primo passo è ammettere la sua esistenza e la sua forza. Solo riconoscendola possiamo sperare di
- Coltivare l’umiltà intellettuale: La consapevolezza dei limiti del nostro pensiero è il miglior antidoto alla stupidità
- Creare strutture resistenti alla stupidità: Organizzazioni e istituzioni che incorporano meccanismi di verifica, di correzione degli errori, di dibattito aperto.
- Educare al pensiero critico: Non come semplice tecnica, ma come abitudine mentale e valore culturale.
- Valorizzare il cambiamento di idea: Una società che considera la revisione delle proprie convinzioni una debolezza è una società vulnerabile alla stupidità.
Sicuramente la stupidità, quella forza attiva che ha plasmato gran parte della nostra storia, non scomparirà. Continuerà a influenzare le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre società. Ma riconoscerla per quello che è – non un semplice difetto ma una potenza con cui fare i conti – è già un passo importante. Forse la vera saggezza non consiste tanto nel credere di poter eliminare la stupidità, quanto nel costruire sistemi di pensiero e di organizzazione sociale capaci di limitarne i danni. E, paradossalmente, nel considerare che le nostre creazioni più avanzate potrebbero aiutarci proprio perché potenzialmente immuni a quella forza che tanto profondamente caratterizza la nostra specie.
La stupidità rimarrà una costante compagna del nostro cammino. Ma conoscerla meglio ci permetterà, se non di sconfiggerla, almeno di conviverci in modo più consapevole e meno distruttivo.
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