Uno Stato che non affronta la piaga della povertà è connivente

di Susanna Stacchini Il 1° maggio, un’occasione per riflettere su quello che è il lavoro oggi. Ci sono stati anni in cui ci siamo illusi che la dignità del lavoro fosse ormai una realtà consolidata. Così pensando di poterla dare per scontata, abbiamo abbassato la guardia ed è stato deleterio. Per definizione, il rapporto di […] L'articolo Uno Stato che non affronta la piaga della povertà è connivente proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 2, 2025 - 09:42
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Uno Stato che non affronta la piaga della povertà è connivente

di Susanna Stacchini

Il 1° maggio, un’occasione per riflettere su quello che è il lavoro oggi. Ci sono stati anni in cui ci siamo illusi che la dignità del lavoro fosse ormai una realtà consolidata. Così pensando di poterla dare per scontata, abbiamo abbassato la guardia ed è stato deleterio.

Per definizione, il rapporto di lavoro prevede un soggetto che presta la propria attività alle dipendenze e sotto la direzione di un datore di lavoro, in cambio di una retribuzione. Il lavoro è tutelato dalla Costituzione e regolato da una serie di norme giuridiche che stabiliscono diritti e doveri di entrambe le parti.

Ecco, purtroppo i fatti testimoniano una realtà che sembra non contemplare più il diritto del lavoro, inteso proprio come branca giuridica. Il nostro è un paese avvezzo ad autocelebrarsi. Si autodefinisce civile, pur tollerando, fino a ritenere normale, che ci siano persone povere pur lavorando. E pensare che la civiltà di un popolo passa dalla capacità di garantire a tutti una vita dignitosa.

Se lavori devi poterti curare e curare i tuoi figli. Se lavori devi poter far studiare i tuoi figli. Se lavori devi poter garantire due pasti giornalieri alla tua famiglia. Se lavori devi poter pagare le utenze domestiche, per evitare di rimanere senza corrente, acqua, gas o telefono. Se lavori devi poter pagare l’affitto ed evitare di essere sfrattato, o il mutuo, per non ritrovarti con la casa all’asta. Se lavori devi poterti permettere di comprare un paio di scarpe, prima che le tue siano completamente logore. Se lavori devi poter uscire di casa con un abbigliamento quantomeno decoroso. Se lavori devi poter andare al cinema e a mangiare una pizza, almeno una volta al mese.

Se lavori non puoi non avere altra scelta se non quella di “saccheggiare” la madre pensionata. Se lavori non devi trovarti con l’acqua alla gola e non poter rifiutare qualunque forma di sfruttamento. Se lavori devi poter vivere, non sopravvivere, altrimenti abbiamo almeno il coraggio di chiamare le cose con il loro vero nome. Non si tratta di lavoro, bensì di schiavitù.

Detto ciò, anche indipendentemente dalla condizione del lavoro, uno Stato democratico, per ritenersi tale, deve fare della dignità della persona la sua bussola, in modo da garantire una vita dignitosa ad ogni singolo individuo, qualunque sia il suo posto e il suo ruolo nella società. Uno Stato democratico non può tollerare code infinite alla Caritas per un pasto caldo. Uno Stato democratico non può accettare senza alcuna vergogna che ci siano persone costrette a rovistare nei cassonetti dei rifiuti, per racimolare qualcosa per loro indispensabile. Uno Stato democratico non può essere indulgente nel vedere persone accasciate a terra, per le strade delle nostre città, a chiedere elemosine, con i passanti infastiditi che tirano dritti, non potendo essere certo loro a risolvere una piaga tanto infamante.

Uno Stato che non ha un sussulto, nemmeno quando alcuni di loro muoiono per il troppo caldo o il troppo freddo, non può che ritenersi connivente di questo abominio. Così, il mio augurio per questo 1° maggio è che ognuno di noi nel suo piccolo possa accendere un riflettore su quella che è una delle piaghe più vergognose dei nostri tempi, indignandosi e denunciando la povertà che tocca con mano ogni giorno, imparando a non cedere alla tentazione di considerarla come nell’ordine delle cose.

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