Università, stampa, dissidenti: Trump è tornato per punire tutti
Donald Trump assapora la sua vendetta: contro i magistrati, che lo hanno perseguito per i suoi reati, e contro i giudici che bloccano i decreti che violano la legge o la Costituzione; contro le Università, che sfidano le sue direttive anti-programmi per la diversità, l’equità e l’inclusione; contro la Fed ed il suo presidente, Jerome […] L'articolo Università, stampa, dissidenti: Trump è tornato per punire tutti proviene da Il Fatto Quotidiano.

Donald Trump assapora la sua vendetta: contro i magistrati, che lo hanno perseguito per i suoi reati, e contro i giudici che bloccano i decreti che violano la legge o la Costituzione; contro le Università, che sfidano le sue direttive anti-programmi per la diversità, l’equità e l’inclusione; contro la Fed ed il suo presidente, Jerome Powell, che lui scelse nel 2018 e che ora dice che non gli è mai piaciuto, perché non abbassa il costo del denaro abbastanza rapidamente; contro i giornalisti non acquiescenti che fanno il loro lavoro e non si piegano ai suoi diktat.
Stefano Feltri, nei suoi Appunti, scrive che “la temuta svolta autoritaria” del Trump 2 è in atto. E ne legge i segni anche nei metodi usati per individuare e deportare gli immigrati illegali, costringendo l’Agenzia delle Entrate e la previdenza sociale a pratiche ai limiti della legalità (e forse oltre); o ancora nelle tattiche impiegate per intimorire giudici e avvocati, per punite i giornalisti refrattari.
L’Ap viene bandita dalla Casa Bianca solo perché continua a scrivere Golfo del Messico invece che Golfo dell’America come decretato da Trump: roba da Minculpop o giù di lì; e, quando un giudice ordina di riammettere ai briefing i giornalisti dell’agenzia, la giovane portavoce Karoline Leavitt ignora l’ordine con l’avallo del presidente. Ed Elon Musk finanzia deputati e senatori che prendono iniziative contro i giudici anti-Trump.
L’Amministrazione manifesta una crescente tendenza, palese nel vice-presidente JD Vance e proprio nel ‘tagliatore di teste in capo’ Musk, a catalogare come frodi tutte le azioni o i programmi sgraditi, a livello nazionale e/o internazionale. Dalle ricerche sull’ambiente ai vaccini per il morbillo, tutto cade sotto la scure di un nuovo oscurantismo.
E’ una presidenza vendicativa, nel segno della rivalsa e talora delle ritorsione: Donald Trump s’è insediato alla Casa Bianca per il secondo mandato determinato a colpire ed a punire tutti coloro che, nel primo mandato, l’avevano boicottato o non l’avevano semplicemente assecondato; e coloro che, nel quadriennio di Joe Biden, hanno cercato di metterlo fuori gioco con provvedimenti giudiziari, contestandogli i reati compiuti nel disperato tentativo di restare al potere rifiutandosi di accettare l’esito delle elezioni presidenziali del 3 novembre 2020.
La rivalsa e l’insofferenza delle regole sono i tratti caratteristici del Trump 2, che legano fra loro tutte le politiche del magnate presidente, gli ‘stop and go’ sui dazi e le ambizioni di pace finora frustrate, le deportazioni dei migranti e i drastici ridimensionamenti degli apparati federali (i tagli del personale, la cancellazione di finanziamenti, l’azzeramento o quasi di interi Dipartimenti – l’l’istruzione – o Agenzie – quella per lo sviluppo -).
L’atteggiamento vendicativo del Trump 2 ispira le rimozioni e i licenziamenti selettivi di funzionari e dipendenti pubblici non allineati con la nuova Amministrazione – il ‘deep state’ che aveva saputo impastoiare il Trump 1 -; una visione micraniosa dell’efficienza dell’Amministrazione pubblica che si riduce a tagli del personale e dei programmi, nell’ottica di privatizzare dei servizi e ridimensionare le spese in modo da potere ridurre le tasse (che è l’obiettivo ultimo, per fare la gioia dei ‘ricchi e famosi’ dell’ ‘inner circle’ del magnate presidente).
Anche gli ospiti internazionali del presidente Trump subiscono trattamenti punitivi o gratificanti, a seconda che siano catalogati ostili o amici. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky resta schiacciato nella morsa Trump-Vance; il presidente salvadoregno Nayib Bukele, un tipo estroso e autoritario, che ha fatto della moneta virtuale la valuta ufficiale del suo Paese, è invece a suo agio, nel clima tra il salace e il grossolano del suo incontro; e la premier italiana Giorgia Meloni riceve più complimenti di quanti non ne debba fare.
Secondo il Washington Post, Trump ha “varcato il Rubicone”, quando ha ordinato al Dipartimento della Giustizia di perseguire i suoi avversari. Gli americani se ne accorgono, ma fanno fin qui spallucce: un sondaggio per conto della Reuters indica che l’82% degli americani pensa che anche Trump debba adeguarsi alle sentenze della magistratura (praticamente tutti i democratici e il 62% dei repubblicani) – un risultato consistente con un analogo sondaggio di due mesi orsono -; ma, quando poi non lo fa, non succede nulla. La politica è acquiescente: i repubblicani per paura, quando non per condivisione; i democratici per impotenza.
I casi di inadempienza alle sentenze dei giudici si moltiplicano, persino quando l’ordine emana dalla Corte Suprema, che intima di operarsi per il ritorno di un immigrato salvadoregno illegalmente deportato in El Salvador insieme ai presunti membri di una gang venezuelana. Il caso di Kilmar Abrego Garcia, sposato con una cittadina statunitense, deportato nonostante una corte ne avesse bloccato il trasferimento, rischia di occupare ancora a lungo le cronache giudiziarie.
Del resto, l’atteggiamento della Corte Suprema nei confronti del Trump 2 è contraddittorio: ci sono segnali di disagio, nonostante sei giudici su nove siano conservatori; ma la scorsa settimana Trump ha ottenuto alcune vittorie parziali o almeno temporanee, prima di subire lo smacco del caso Garcia.
Come gli studi legali, pure università ed enti subiscono imposizioni: devono cancellare i programmi di diversità, equità e inclusione, pena la perdita dei finanziamenti federali. E come gli studi legali, pure le università rispondono in modo articolato – la Columbia si uniforma, Harvard si ribella -,
Anche gli studi legali non hanno una linea univoca, davanti alle pressioni subite: alcune s’adeguano, altre cercano di barcamenarsi; altri – pochi – si oppongono, sapendo che i loro affari o i loro clienti sono a rischio. Nelle ultime settimane, Trump ha annunciato di avere raggiunto accordi con alcuni di essi che si sono impegnati a offrire 600 milioni di dollari in servizi legali per cause da lui sostenute.
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