Un’alleanza tra Cina e India ai danni dell’americana Google? Cosa faranno Xiaomi e PhonePe

Google ha investito oltre 10 miliardi di dollari nel subcontinente e oggi Android è presente sul 95 per cento degli smartphone indiani, ma c'è una startup che va all'assalto di Mountain View: PhonePe che ha dalla sua un alleato d'eccezione, Xiaomi

Mar 16, 2025 - 19:04
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Un’alleanza tra Cina e India ai danni dell’americana Google? Cosa faranno Xiaomi e PhonePe

Google ha investito oltre 10 miliardi di dollari nel subcontinente e oggi Android è presente sul 95 per cento degli smartphone indiani, ma c’è una startup che va all’assalto di Mountain View: PhonePe che ha dalla sua un alleato d’eccezione, Xiaomi

Qualcosa si muove nell’asfittico mondo degli store per app, quasi totalmente in mano a Big Tech statunitensi. Nel settembre 2023 PhonePe, fintech indiana già proprietaria di una applicazione per i pagamenti digitali in cui ha investito Walmart, ha lanciato la Indus Appstore Developer Platform, ovvero l’equivalente del PlayStore di Google con una differenza non di poco conto che riguarda le commissioni imposte agli sviluppatori che decidono di utilizzare la piattaforma come vetrina: sono pari a zero (o quasi, come si vedrà a breve). Per imporsi sul mercato però questo non basta: c’è bisogno di uno o più marchi di smartphone che preinstallino l’app sul sistema operativo, così da aumentare la confidenza degli utenti col nuovo negozio digitale. Ebbene, il produttore cinese di Xiaomi ha dichiarato che i suoi device Android venduti in India avranno già presente al primo avvio l’applicazione indiana di PhonePe.

COSì PHONEPE E XIAOMI SFIDANO GOOGLE

PhonePe ha deciso di sfidare Google proprio laddove il colosso di Mountain View è meno tollerato dagli sviluppatori: nel campo da gioco delle commissioni. La rivale indiana non addebita ai creatori delle app alcuna commissione per il primo anno, salvo poi passare a un costo “nominale” in seguito. La fintewch inoltre non impone dazi e balzelli sugli acquisti in-app, rispetto al 15-30% di Google.

UNA RINCORSA INIZIATA QUATTRO ANNI FA

Il player indiano ha da tempo Google nel mirino, avendo faticato e non poco, nel 2021, per riuscire ad acquisire per 60 milioni di dollari (la cifra ufficiale non è stata rivelata) Indus OS, startup sostenuta dalla sudcoreana Samsung proprietaria dell’omonimo app store Android di terze parti su cui ora PhonePe basa tutta la sua strategia nel tentativo di erodere quote di mercato alla rivale statunitense.

QUALCHE NUMERO SUGLI SFIDANTI

Non sarà tuttavia facile per Xiaomi e PhonePe sfidare Google, anche se il mercato indiano è sterminato. Non a caso PhonePe può contare per ciò che concerne la sua app di pagamenti digitali su circa mezzo miliardo di utenti registrati, mentre Indus Appstore è già stata scelta da un discreto numero di sviluppatori che hanno permesso in questi ultimi anni agli scaffali virtuali dello store di sfoggiare non meno di 500.000 app.

XIAOMI NON STRAPPA CON GOOGLE

La nuova alleanza tra Xiaomi e PhonePe non cambia comunque gli accordi tra il colosso cinese e Mountain View: il Play Store di Google sarà comunque preinstallato sui dispositivi Xiaomi. Le due aziende asiatiche non hanno invece specificato se l’Indus Appstore sarà distribuita anche sui dispositivi Xiaomi già in commercio, magari attraverso un aggiornamento del firmware dei dispositivi, oppure se l’accordo prende in considerazione solo i device che verranno prodotti e commercializzati a partire da una particolare data, che non è stata dichiarata.

L’INDIA RESTA FONDAMENTALE PER GOOGLE

Quasi certamente Google non resterà con le mani in mano, perché nonostante finora tutti i tentativi di possibili rivali di spodestarla dalla sua posizione di dominio si siano risolti in bolle di sapone, l’India resta un mercato da presidiare con cura, per Mountain View.

Il colosso statunitense ha investito più di 10 miliardi di dollari nel subcontinente nell’ultimo decennio, con Android che, secondo dati del 2023, è ormai presente nel 95 per cento dei device venduti in India. Google inoltre raggiunge oltre 700 milioni di utenti Internet nel mercato dell’Asia meridionale, ma deve vedersela sempre più spesso non solo con competitor autoctoni ma anche con norme e pronunce dell’Antitrust che si fanno via via più ostili anche al fine di tutelare le soluzioni locali.