Una villa a Gaza
Il succedersi frenetico delle notizie, che non riesce a stare al passo col susseguirsi ancor più concitato e inopinabile degli eventi – che quelle notizie ci riescono a riferire solo […]

Il succedersi frenetico delle notizie, che non riesce a stare al passo col susseguirsi ancor più concitato e inopinabile degli eventi – che quelle notizie ci riescono a riferire solo in un secondo momento – ci ha fatto strabuzzare gli occhi davanti alla pubblicazione del video in cui si celebra, tra il serio e il faceto, la vittoriosità della politica estera trump-muskiana tramite una serie di immagini che ci raccontano una Gaza finalmente senza guerra. Anzi, delle guerra non c’è traccia, poiché i relitti e le macerie che compaiono fungono meramente da androne di spiagge calde e soleggiate, quasi a voler lasciar intender che la sofferenza e il dolore non solo sono terminati, ma appartengono a un passato ormai remoto, ragion per cui sarebbe ora di festeggiare. Non ci interessa esprimere un giudizio sull’intenzione dell’autore di questo video – che risulta essere, se non direttamente ideato da Trump, quanto meno da questi approvato – ma ragionare sull’arco storico-politico in cui si inscrive l’ennesima “boutade” della diarchia americana. Ogni singolo fotogramma del video sembra anzi inverare la folle proposta che Trump ha avanzato qualche settimana fa per risolvere finalmente la cosiddetta questione israelo-palestinese: prendere il controllo della Striscia di Gaza, sgomberandola dalla presenza della – residua – popolazione palestinese, che verrà cortesemente invitata a dirigersi verso “un buono, fresco, bellissimo pezzo di terra”, senza però sapere neppure quale. L’impossessamento di questa lingua di terra corrisponde perfettamente alle mire neoimperialiste già espresse da Trump: prima Panama, poi la Groenlandia, dopo ancora il Canada, ora Gaza. Quest’ultima dovrà essere trasformata in una “riviera” che apparterrà agli Stati Uniti, in cui sarà possibile godere del clima mite che vi regna e in cui sarà possibile addirittura creare posti di lavoro (sic)! È quanto mai sacrosanto evidenziare la scandalosa gravità delle parole di una delle cariche più importanti al mondo, ma non bisogna dimenticare che Trump non fa che inserirsi in una traiettoria “immobiliarista” che ci è divenuta nota già due mesi dopo l’esplosione aperta del conflitto. Come non ricordare lo “scherzo” della compagnia immobiliare Harry Zahav, che aveva pubblicato l’immagine di un paesaggio che aveva sullo sfondo il mare con edifici semidistrutti e accanto cinque progetti in 3D di nuove abitazioni. Ma abitazioni per chi? “Noi di Harry Zahav stiamo lavorando per preparare il terreno per il ritorno a Gush Katif. I nostri dipendenti hanno iniziato i lavori per riabilitare l’area, rimuovere i rifiuti e sfrattare gli invasori”. Gush Katif costituiva un insieme di diciassette insediamenti ebraici nell’area costiera della Striscia di Gaza, demolito nel 2005 per volontà del primo ministro israeliano dell’epoca, Sharon. Dopo l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023, una fetta consistente dell’opinione di destra israeliana ritiene che il reinsediamento nella striscia di Gaza sia la giusta risposta alle violenze del gruppo palestinese. Non è difficile intravedere, pertanto, un chiaro sodalizio d’intenti tra Israele e gli Stati Uniti: la cessazione del conflitto, previo invio però di un altro miliardo di dollari di armi all’alleato mediorientale per potergli assicurare la riuscita dell’offensiva militare e per rimpinguare un pochino le casse americane. Ed è incredibile constatare come già abbiano abboccato già i primi pesci alle (scherzose o meno) promesse della Eldorado a stelle e strisce. Il 26 febbraio Giovanni Toti, ex governatore della regione Liguria, ha pubblicato sul suo profilo di X (ex Twitter) il seguente post: “Avete visto il video di Donald Trump su Gaza che sembra Dubai, con grattacieli e hotel? Sembra follia, ma dove si investe c’è lavoro e speranza. E la vita acquista un senso. E la violenza non è l’unica via possibile. Forse, non è così folle!”. Figlio del deteriore neoliberismo di marca anglofona, Toti corrobora il convincimento ormai dilagante in virtù del quale solo là dove vi è capitale, la vita può acquisire un qualche significato, anche a costo di cancellare la vita di altre centinaia di migliaia di persone. Tutti ci auguriamo che il video propalato sia solo uno scherzo di pessimo e immondo gusto, eppure, se concediamo un attimo spazio alla possibilità che altri possano interpretarlo come una opzione auspicabile per la soluzione della guerra, non dovremo temere che ridentem dicere verum?