Ucraina, l’Italia dalla parte di Churchill

Il popolo dell'Ucraina si è dimostrato il novello Davide che difende la sua Patria, cioè la sua vita, a costo della morte. Il taccuino di Guiglia.

Mar 3, 2025 - 07:59
 0
Ucraina, l’Italia dalla parte di Churchill

Il popolo dell’Ucraina si è dimostrato il novello Davide che difende la sua Patria, cioè la sua vita, a costo della morte. Il taccuino di Guiglia

Era l’alba del 24 febbraio 2022 quando le truppe di Vladimir Putin invadevano l’Ucraina. Nella testa del novello Golia l’esercito russo doveva arrivare a Kiev in un paio di giorni. Ma il popolo colpito e guidato da un uomo che nella vita precedente faceva il comico, e per il quale nessuno avrebbe scommesso due lire sulle sue capacità di “resistere, resistere, resistere!” (secondo il celebre comando del governo italiano dopo il disastro di Caporetto per tenere la linea del Piave, che si sarebbe poi rivelata vittoriosa nella Grande Guerra), è ancora lì a battersi e a combattere con disperazione, che è l’altra faccia della speranza.

Zelensky e la sua gente si sono a loro volta dimostrati il novello Davide che difende la sua Patria, cioè la sua vita, a costo della morte.

La guerra “ripugnante”, come l’ha più volte definita Papa Francesco, oltre che una tragedia per chi la sta subendo e per i giovani russi mandati a morire sul fronte per un conflitto anacronistico, aiuta anche a scoprire la differenza fra gli autentici democratici e i democratici che tali si definiscono e definivano -vedi l’ex Germania dell’Est-, ma che sono e restano comunisti, cioè l’antitesi della libertà. Con l’ulteriore aggiunta, oggi, di quote sovraniste di estrema destra anch’esse schierate a favore di Putin. E così si completa la stravagante, ma non casuale alleanza rossobruna del nostro tempo. Un tempo che doveva essere della pace, finalmente ritrovata dopo secoli di guerre fratricide. Ma che sta riportando indietro l’orologio della Storia all’epoca dell’acquiescenza (“appeasement”) con cui gli europei degli anni Trenta del Novecento consentirono a Hitler di mangiarsi i Sudeti e scatenare, così, la seconda guerra mondiale.

Ora, nessuno che abbia letto almeno un Bignami di storia o che dia un’occhiata su Wikipedia può essere tanto ottuso da non comprendere il perché dell’ossessione di Putin per l’Ucraina, che è indipendente dalla Russia dal 1990. Con tutti i conseguenti risvolti -lunga storia in comune, minoranze russe in Ucraina, sfere di influenza politica ed economica- che una tale situazione ha logicamente determinato.

Ma le molte ragioni russe diventano un torto unico e colossale quando, per farle valere, si ricorre alla violenza e all’invasione di un Paese sovrano da 35 anni. Chiunque “parli” coi missili e con le bombe, passa automaticamente dalla parte del torto. Quantomeno per i criteri di civiltà e dello Stato di diritto e del diritto internazionale che vigono nella nostra Europa. E ai quali non siamo disposti a rinunciare. Mai.

Ecco perché difendere chi difende la sua Patria e stare dalla parte degli aggrediti, significa interpretare in chiave moderna quei valori di libertà, uguaglianza e fratellanza tramandati dalla Rivoluzione francese ai nostri giorni e ai nostri principi.

Ora che il cinismo di Donald Trump, al quale dell’Ucraina e dell’Europa poco importa, ha rimesso Putin in gioco, anziché sul banco degli imputati per crimini di guerra, come lo vorrebbe la Corte penale internazionale, resti ben chiaro per gli storici di domani che non tutti nel Vecchio Continente seguirono il piffero di Trump e le menzogne di Putin.

Con encomiabile coerenza e schiena dritta, da tre anni l’Italia sta dalla parte giusta. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non perde occasione per ribadire che noi sosteniamo gli aggrediti e condanniamo l’aggressore. A costo di prendersi le contumelie degli scribacchini del regime moscovita.

In modo esemplare Mario Draghi e Giorgia Meloni hanno confermato la scelta italiana in ogni sede interna, dal Parlamento in giù, e internazionale, dal G7 in giù. Non è eccessivo dire che la posizione italiana sia una delle colonne portanti di quella dell’Unione europea, che finora non ha mai sbandato sul tema. Nonostante i venti elettorali e populisti che spirano in Germania, Francia e altrove.

Ma la politica, come la vita, non è fatta solo di convenienze. E’ ovvio che, da europei, non vediamo tutti l’ora che la guerra finisca. E molti diranno “chi se ne infischia” del quinto di territorio ucraino occupato da Putin: lasciamoglielo pure, purché la pace. Rispunta, di nuovo, la filosofia dei Sudeti. Il pacifismo che portò non alla pace, ma alla guerra.

Tuttavia, la politica, come la vita, è fatta anche di convinzioni e di verità.

Comunque finisca e finirà, per noi contemporanei è confortante sapere che su una questione così vitale del nostro tempo, di sicuro la più importante ai confini d’Europa, l’Italia non stava e non sta dalla parte della viltà, della paura e dell’ignoranza. Dopo la conferenza di Monaco del ’38, che concedeva il via libera a Hitler per prendersi i Sudeti in Cecoslovacchia, l’Europa tirò un sospiro di sollievo e benedì l’accordo trovato in nome della pace.

“Potevate scegliere tra il disonore e la guerra, avete scelto il disonore e avrete la guerra”. Furono le durissime e bellissime parole di Winston Churchill, non ancora primo ministro britannico.

Quasi novant’anni dopo, l’Italia sta dalla parte di Churchill. Dalla parte della libertà, del diritto e della Patria.

(Pubblicato sul quotidiano Alto Adige)
www.federicoguiglia.com