Possibile retroattività delle nuove sanzioni tributarie: il rinvio della Cassazione tra favor rei e vaglio costituzionale.
Nota a Cass. Civ., Sez. V, 6 febbraio 2025, n. 2950.

Nota a Cass. Civ., Sez. V, 6 febbraio 2025, n. 2950.
Con la sentenza n. 2950/5 del 6 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione di riflessione sul tema della successione delle leggi sanzionatorie nel tempo in ambito tributario, aprendo spiragli interpretativi che potrebbero condurre ad un’applicazione retroattiva delle recenti riforme normative, segnatamente il D.lgs. n.158/2015 e il D.lgs. n.87/2024.
La pronuncia si colloca nell’alveo di una vicenda che vede un contribuente, destinatario di sanzioni amministrative per il mancato versamento dell’IRPEF sul maggior reddito accertato mediante il c.d. redditometro (art. 38, D.P.R. n. 600/1973), invocare il favor rei in ragione dell’evoluzione del quadro normativo successivo alla consumazione delle violazioni, riferite ai periodi d’imposta 2004-2005.
Il contesto normativo e fattuale.
Il legislatore tributario, negli ultimi anni, ha ridisegnato il sistema sanzionatorio con interventi di significativa portata. Il D.lgs. n. 158/2015, entrato in vigore il 22 ottobre 2015, ha introdotto una revisione organica delle sanzioni amministrative tributarie, perseguendo un’ottica di proporzionalità e razionalizzazione. Più di recente, il D.lgs. n. 87/2024 ha ulteriormente affinato tale disciplina, attenuando talune previsioni punitive, ma limitandone l’applicazione – ai sensi dell’art. 5 – ai soli fatti commessi successivamente al 1° settembre 2024. Nel caso di specie, la Cassazione è stata chiamata a valutare se tali novelle, intervenute successivamente alla consumazione dell’illecito e alla pronuncia di merito impugnata, possano estendere i loro effetti anche a violazioni anteriori, alla luce del principio di retroattività della norma più favorevole.
Le questioni rimesse al giudice di merito.
La Corte ha declinato una pronuncia definitiva, rinviando al giudice di merito due nodi giuridici di primaria rilevanza. In primo luogo, ha demandato l’accertamento della possibilità di applicare retroattivamente il D.lgs. n.158/2015 e il D.lgs. n.87/2024 alla fattispecie concreta, valorizzando l’eventuale natura più mite delle sanzioni ivi previste rispetto a quelle irrogate. In secondo luogo, ha sollecitato un vaglio di costituzionalità del regime transitorio stabilito dall’art. 5 del D.lgs. n.87/2024, che preclude l’applicazione delle nuove disposizioni agli illeciti anteriori al 1° settembre 2024. Tale disposizione è stata posta in relazione agli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione, alla luce della possibile qualificazione delle sanzioni tributarie come “pene sostanziali” secondo i criteri Engel elaborati dalla Corte EDU.
La qualificazione delle sanzioni e i criteri Engel.
Il rinvio operato dalla Cassazione si fonda su un presupposto interpretativo di notevole interesse dogmatico: la natura delle sanzioni amministrative tributarie. Richiamando i parametri della giurisprudenza europea (Engel v. Netherlands, 1976), la Corte ha suggerito che tali misure possano assumere una valenza sostanzialmente penale, con conseguente applicazione delle garanzie penalistiche, tra cui la retroattività della lex mitior. I criteri Engel – qualificazione giuridica nazionale, natura dell’illecito, generalità dell’applicazione, severità della sanzione e finalità preventivo-afflittiva – impongono un’analisi puntuale della normativa applicabile al caso concreto. Nella fattispecie, la sanzione irrogata per l’omesso versamento dell’IRPEF, connotata da un evidente intento dissuasivo e da un grado di severità non trascurabile, potrebbe giustificare una rilettura in chiave penalistica, aprendo la strada all’applicazione retroattiva delle novelle più favorevoli.
Profili di costituzionalità e tensioni sistematiche.
Il secondo profilo rimesso al giudice di merito concerne la compatibilità costituzionale del regime transitorio del D.lgs. n. 87/2024. La limitazione temporale prevista dall’art. 5 potrebbe infatti confliggere con il principio di uguaglianza sostanziale, ove si traduca in una disparità di trattamento tra contribuenti autori di violazioni analoghe ma commesse in momenti diversi.
Parimenti, l’esclusione della retroattività potrebbe vulnerare l’art. 25, co. 2, Cost., qualora le sanzioni fossero riqualificate come sostanzialmente penali, rendendo inapplicabile il divieto di irretroattività della norma sfavorevole. La Corte sembra così sollecitare una verifica della tenuta sistematica della disciplina, in un’ottica che coniuga il rigore formale del diritto tributario con le garanzie sostanziali del diritto penale.
Conclusioni e prospettive.
La sentenza in commento, dunque, delega al giudice di merito una valutazione che potrebbe segnare un punto di svolta nell’applicazione intertemporale delle sanzioni tributarie. L’eventuale riconoscimento della natura penalistica delle misure in esame, alla luce dei criteri Engel, e la conseguente declaratoria di incostituzionalità dell’art. 5 del D.lgs. n. 87/2024 aprirebbero scenari dirompenti, estendendo il favor rei a una pluralità di fattispecie pregresse. Resta tuttavia imprescindibile un bilanciamento tra l’esigenza di certezza del diritto e la tutela dei principi fondamentali, in un ambito – quello tributario – tradizionalmente refrattario a letture estensive delle garanzie penalistiche.