Tuscia: la lotta dei cittadini contro il deposito unico di scorie nucleari

I cittadini della Tuscia torneranno a manifestare a Corchiano, in provincia di Viterbo, contro la costruzione del deposito unico di scorie nucleari sul territorio. Il progetto contro cui i cittadini si battono è stato avviato nel 2021, quando Sogin (la società di Stato incaricata dello smaltimento dei rifiuti radioattivi) aveva individuato 67 aree idonee (poi […] The post Tuscia: la lotta dei cittadini contro il deposito unico di scorie nucleari appeared first on L'INDIPENDENTE.

Mag 10, 2025 - 18:34
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Tuscia: la lotta dei cittadini contro il deposito unico di scorie nucleari

I cittadini della Tuscia torneranno a manifestare a Corchiano, in provincia di Viterbo, contro la costruzione del deposito unico di scorie nucleari sul territorio. Il progetto contro cui i cittadini si battono è stato avviato nel 2021, quando Sogin (la società di Stato incaricata dello smaltimento dei rifiuti radioattivi) aveva individuato 67 aree idonee (poi diventate 51) a ospitare il deposito, di cui ben 21 nella sola area del Viterbese. Originariamente, il deposito doveva ospitare 95.000 metri cubi di scorie nucleari in un’unica area, ma, dopo una recente dichiarazione del ministro dell’Energia Pichetto Fratin, sembrerebbe che il governo abbia scartato l’idea di stoccare in un unico grande sito nazionale tutte le scorie nucleari, allineandosi alle posizioni dei comitati. Una prima vittoria, ritengono i gruppi della Tuscia, che tuttavia non fa che rilanciare la mobilitazione: dopo le dichiarazioni del ministro, «è arrivato il momento di incoraggiare le istituzioni a mettere un punto definitivo a questa storia», ha dichiarato un rappresentante dei comitati.

La mobilitazione del prossimo 11 maggio intende sfruttare l’apparente apertura da parte del governo alle richieste dei comitati per portare avanti le proprie rivendicazioni. La manifestazione – ha spiegato Famiano Crucianelli, presidente del Biodistretto della Via Amerina e delle Forre, a Radio Onda d’Urto – «acquista un’importanza superiore, perché l’obiettivo appare possibile». I comitati invitano comunque a tenere a freno gli entusiasmi e a rimanere focalizzati su quelle che sono le loro richieste: «Ad oggi – sottolineano – la procedura va ancora avanti sul vecchio programma, che prevede la Carta nazionale delle aree idonee da cui uscirà fuori l’unica area per costruire il deposito». L’annuncio di Fratin è infatti stato dato durante l’evento “Nuove Energie”, svoltosi a Torino e organizzato da La Stampa: «Stiamo studiando nuovi depositi di rifiuti radioattivi a bassa intensità», ha dichiarato il ministro. «Abbiamo ormai scartato l’idea di un centro unico, perché è illogico a livello di efficienza, ma si può pensare di andare avanti con i 22 già esistenti».

Secondo le dichiarazioni del ministro, insomma, l’individuazione dei 51 siti idonei da parte di Sogin sarebbe ormai «superata», perché poco funzionale. Un piano potrebbe essere quello di sfruttare i siti di stoccaggio già esistenti, o quello di edificarne di nuovi, abbandonando l’idea di riunire tutte le scorie in un unico deposito. Il progetto è stato lanciato nel 2021, ma in verità affonda le proprie radici in questioni che risalgono alla fine degli anni ’80, e nello specifico al referendum del 1987 che portò alla chiusura delle centrali nucleari in Italia. Sin da quell’anno, sorse l’esigenza di capire dove mettere le scorie nucleari prodotte dagli impianti italiani, oltre a quelle a minore intensità prodotte da attività industriali o legate alla medicina nucleare. Nel 2003 il governo Berlusconi fu il primo a provare a individuare un’area (in Basilicata) dove collocare il deposito unico delle scorie, che avrebbe tenuto insieme sia quelle ad alta intensità radioattiva, sia quelle a bassa intensità, ma un ampio sollevamento popolare fermò l’iniziativa.

Da allora, il dibattito per individuare il sito dove edificare il deposito si fece più serrato, e la gestione del progetto fu affidata a Sogin. Nel 2015, la società individuò una mappa di aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito, pubblicata nel 2021. Inizialmente erano previste 67 aree idonee, poi ridotte a 51. Di queste, 21 sono situate nella Tuscia. Se dovesse essere edificato nella Tuscia, il deposito si estenderebbe per circa 150 ettari e interesserebbe almeno i comuni di Montalto, Soriano nel Cimino, Canino, Tuscania, Tarquinia, Arlena di Castro. Dei 150 ettari, 110 sarebbero destinati all’effettivo deposito e 40 a un parco tecnologico. Dei 110, invece, 10 sarebbero destinati a un’area per lo stoccaggio dei rifiuti a bassa attività radiologica, 10 per quelli a media e alta attività e 90 alle strutture di supporto. Nel complesso, accoglierebbe circa 84 mila metri cubi di rifiuti a bassa e molto bassa attività e circa 14 mila metri cubi di scorie a media ed alta attività.

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