Sulla legittimazione di uno solo degli ex soci di società estinta a procedere all’incasso di assegni circolari intestati alla società.
Nota a ABF, Collegio di Milano, 4 marzo 2025.

Nota a ABF, Collegio di Milano, 4 marzo 2025.
Nell’ambito di un procedimento di Arbitrato Bancario e Finanziario promosso dall’ex socio di società estinta, il Collegio di Milano ha adottato un’interessante pronuncia (n. 2371 del 4.3.2025) che potrebbe finalmente aprire la strada per superare macchinosi iter burocratici imposti dalle Banche, anche nell’ambito successorio.
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Il caso
Vengono emessi alcuni assegni circolari (di importo complessivo superiore ai 100.000 euro) intestati a una società di persone. In seguito, la società viene cancellata dal registro delle imprese. Uno degli ex soci, avendo materialmente i titoli, si rivolge alla Banca che li ha emessi per procedere all’incasso ma la Banca rifiuta, pretendendo la girata di tutti gli ex soci della società estinta. E ciò, sul presupposto che le sopravvenienze attive delle società cessate e cancellate spettino congiuntamente agli ex soci della società stessa. In tal senso, per la Banca, deporrebbe anche l’art. 43 Legge assegni che prevede che il pagamento dei titoli debba essere effettuato a favore dei prenditori individuati dal titolo che, nel caso di specie, sarebbero tutti gli ex soci congiuntamente. Di qui il timore della Banca di effettuare il pagamento nelle mani di un solo ex socio, senza che detto pagamento abbia efficacia liberatoria nei confronti degli altri.
Il ricorso al Collegio arbitrale.
Per il ricorrente, il rifiuto opposto dalla Banca è infondato, avendo il singolo ex socio piena legittimazione a incassare per intero le somme portate dagli assegni. Sul punto, peraltro, è chiara la posizione della Cassazione (tra le altre Cass. Civ., sez. V, 21.9.2020, n. 19641) che ravvisa, all’esito dell’estinzione di società, in tema di crediti, il sorgere di un rapporto di contitolarità o comunione indivisa che comporta un litisconsorzio facoltativo e non necessario fra gli ex soci (a differenza di quanto avverrebbe invece in tema di debiti di società estinta), avendo il singolo comunista ed ex socio la legittimazione per procedere alla riscossione dell’intero credito.
Il tema della legittimazione del singolo ex socio a procedere all’incasso degli assegni circolari in questione esula, poi, da qualsivoglia questione in merito alla spettanza (o non) e alla successiva attribuzione delle sopravvenienze attive agli ex soci, trattandosi di questione afferente esclusivamente ai rapporti interni fra gli ex soci in regime di contitolarità e di comunione indivisa; questione rispetto alla quale, peraltro, la Banca, tenuta al pagamento di somme pacificamente appartenenti a terzi (stiamo parlando di assegni circolari), è e deve restare estranea. In tal senso, depone il pacifico disposto dell’art. 1992 c.c., in tema di titoli di credito, che individua una netta differenza fra titolarità (appartenenza) del diritto e legittimazione all’esercizio, sussistendo nel nostro ordinamento, in virtù della disposizione ora richiamata, la presunzione legale in favore del possessore del titolo, titolare del diritto di esigere la riscossione delle somme portate dal titolo stesso, residuando all’Istituto di credito, tenuto al pagamento, la sola verifica della sussistenza della legittimazione (che, come visto, è sancita da pacifica giurisprudenza di Cassazione in favore di un unico ex socio).
La Banca, quindi, deve consentire l’incasso anche al solo ex socio, a prescindere dai rapporti interni di contitolarità del credito, dai quali la Banca resta estranea.
La decisione dell’ABF.
Nell’accogliere integralmente le tesi del reclamante, il Collegio – sulla base della giurisprudenza richiamata dal ricorrente cui aggiunge altri riferimenti (Cass. Civ. 17.3.2023, n. 7760 nonché le sentenze gemelle delle Sezioni Unite 6070, 6071 e 6072 tutte del 12.3.2013) – riconosce in tema di riscossione dei crediti la legittimazione del singolo comunista. Evidenzia, altresì, che la soluzione del caso di specie è mutuabile dai principi già espressi, sempre da pronunzie riferibili al Collegio arbitrale (Coll. di Coordinamento n. 27252/2018), con riferimento alle ipotesi di successione mortis causa, risultando il fenomeno dell’estinzione della società assimilabile, appunto, a un fenomeno latu sensu successorio: anche il singolo coerede ha la legittimazione per procedere all’incasso di crediti del de cuius non solo pro quota ma per l’intero, non potendo l’Intermediario bancario rifiutare l’incasso, indipendentemente dall’esistenza di altri coeredi. Il pagamento fatto nei confronti di un solo coerede ha efficacia liberatoria anche nei confronti degli altri, essendo tale liberazione corollario necessario della legittimazione attiva spettante al singolo coerede.
Su tali presupposi, il Collegio ha, dunque, riconosciuto al ricorrente il diritto di incassare l’importo degli assegni circolari, senza necessità dell’intervento degli altri ex soci della società in nome collettivo estinta, con la precisazione che il pagamento nelle mani dell’ex socio ricorrente avrà per l’Intermediario efficacia liberatoria anche nei confronti degli altri, i quali potranno far valere le loro eventuali ragioni solo nei confronti del ricorrente stesso.
La conseguenza
La Banca non ha alcun titolo per rifiutare la riscossione a un coerede o a un unico ex socio di società estinta dell’intero credito vantato dal de cuius o dalla società estinta, avendo il solo coerede o il singolo ex socio legittimazione attiva per procedere alla riscossione.
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Si segnala la pronuncia:
- per la questione sostanziale sottoposta all’esame del Collegio che deriva la sua soluzione da importanti precedenti della Suprema Corte di Cassazione, spesso trascurati, nella pratica, dalle Banche;
- per l’assimilazione al fenomeno successorio, essendo noto quante volte gli Istituti di credito ostacolano a un solo coerede la riscossione di crediti del de cuius sul presupposto della contitolarità da parte anche di altri soggetti;
- per l’utilità dei meccanismi “paracontenziosi” messi a disposizione dal nostro ordinamento: nel caso di specie, 4 mesi per avere “giustizia”, ove qualsivoglia altro procedimento contenzioso avrebbe sicuramente richiesto un tempo ben maggiore per addivenire a una soluzione, i cui principi dovrebbero invece risultare dal sistema come anche la Cassazione ha già riconosciuto.