Strage di Firenze, archiviata l’inchiesta su Bellini: insorgono i familiari delle vittime
Il gip di Firenze, su richiesta della Procura del capoluogo toscano, ha archiviato l’inchiesta a carico di Paolo Bellini – ex componente di Avanguardia Nazionale, già condannato in primo e secondo grado per la strage di Bologna – per l’attentato del 27 maggio 1993 in via dei Georgofili, in cui morirono 5 persone, tra cui […] The post Strage di Firenze, archiviata l’inchiesta su Bellini: insorgono i familiari delle vittime appeared first on L'INDIPENDENTE.

Il gip di Firenze, su richiesta della Procura del capoluogo toscano, ha archiviato l’inchiesta a carico di Paolo Bellini – ex componente di Avanguardia Nazionale, già condannato in primo e secondo grado per la strage di Bologna – per l’attentato del 27 maggio 1993 in via dei Georgofili, in cui morirono 5 persone, tra cui due piccole bambine. Secondo il giudice, infatti, non vi sono abbastanza elementi per prevedere la condanna dell’indagato. Molti sono i punti di non ritorno della pronuncia: da un lato si attesta che non vi sono «riscontri circa i legami tra Bellini e la destra eversiva», ammessi però dallo stesso Bellini e attestati nelle sentenze bolognesi; dall’altro, è emerso che alle parti offese non è stata comunicata la richiesta di archiviazione avanzata dai pm, come previsto dalla legge. E i familiari delle vittime protestano veementemente, facendo sentire la loro voce.
L’archiviazione
«Le ragioni addotte dal pm nell’istanza sono pienamente condivisibili e da intendersi qui integralmente trascritte in merito alla insussistenza degli elementi soggettivi del reato ipotizzato», ha scritto il giudice nel decreto di archiviazione, depositato il 25 febbraio. Il gip afferma di aver dato seguito all’archiviazione avendo «preso atto della radicale divergenza tra quanto riferito da La Barbera e da Brusca rispetto a quanto detto dal Bellini». Secondo i due pentiti di Cosa Nostra, infatti, Bellini – che nel 1992 si infiltrò per conto dello Stato in Cosa Nostra in una sorta di “trattativa Stato-Mafia” ante-litteram – avrebbe detto a Nino Gioè, mafioso di Cosa Nostra e ponte tra mafia e servizi: “Cosa accadrebbe se sparisse la Torre di Pisa?”. Una frase che potrebbe costituire il preludio del piano stragista nel nord Italia. Bellini sostiene di non aver mai proferito quelle parole, attribuendole a Gioè. Quest’ultimo non può dire la sua, essendo morto in circostanze misteriose – il caso è stato liquidato come suicidio – nel carcere di Rebibbia nel 1993.
In particolare, ha destato molte perplessità il passaggio in cui il gip parla di una «assoluta mancanza di riscontri circa i legami tra Bellini e la destra eversiva». A sconfessare questa determinazione è infatti la stessa biografia di Bellini per come ricostruita nelle carte giudiziarie: egli fu infatti un giovane membro del MSI e poi di Avanguardia Nazionale, legatissimo al terrorista nero Stefano Delle Chiaie, coperto (secondo la Corte d’assise che lo ha condannato) dai servizi segreti dopo aver ucciso, nel 1975, il militante di Lotta Continua Alceste Campanile. «Paolo Bellini – si legge nelle motivazioni – ammise di essere appartenente ad Avanguardia Nazionale e svelò i nominativi di altri appartenenti alla medesima organizzazione eversiva che avevano concorso con lui nell’ideazione e pianificazione dell’omicidio». Nella sentenza si legge inoltre che, dopo essere stato ammesso al programma di protezione su richiesta della DDA di Bologna nel 1999 – in seguito agli omicidi effettuati come killer di ‘ndrangheta –, Bellini «rilasciò molti interrogatori in cui confessò i crimini da lui commessi (tra cui diversi omicidi) e l’inserimento nella formazione eversiva di Avanguardia Nazionale a partire dagli anni ’70».
Bellini è stato inoltre condannato all’ergastolo, in primo grado e in appello, per aver partecipato alla strage di Bologna assieme agli ex NAR Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini (già condannati in via definitiva come esecutori), nonché al capo della P2 Licio Gelli, all’uomo d’affari Umberto Ortolani, all’ex capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, e al senatore missino Mario Tedeschi. Questi ultimi, ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato, sono tutti morti e perciò non più imputabili.
I familiari delle vittime
Contro l’archiviazione di Bellini è insorto il Coordinamento nazionale Associazioni e familiari di vittime delle stragi, in particolare per le modalità con cui è arrivata. «Le vittime sopravvissute delle stragi del 1993 e i loro familiari hanno appreso, da organi di informazione, che il GIP di Firenze il 25 febbraio scorso aveva emesso un decreto di archiviazione del procedimento a carico di Paolo Bellini, che era stato indagato per quelle stragi – hanno scritto i membri delle associazioni che riuniscono i familiari delle vittime degli attentati di mafia e terrorismo –. Eppure, la legge prevede che, per i delitti commessi con violenza alla persona (art. 408, comma 3° bis CPP), l’avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato, a cura del Pubblico Ministero, alla persona offesa. La Procura di Firenze, invece, non ha provveduto ad avvisare le vittime e i loro familiari, obbligo imposto dalla legge, così cancellando perfino l’esistenza delle vittime delle stragi e negando la possibilità di proporre opposizione alla richiesta di archiviazione». Un «cattivo costume» che, fanno notare i firmatari, è in uso anche alla Procura di Caltanissetta, che indaga sui presunti mandanti esterni delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Entrando nel merito del decreto, il Coordinamento scrive che «lascia interdetti e ci chiediamo come si possa parlare di “assoluta mancanza di riscontri circa i legami tra Bellini e la destra eversiva”, laddove invece proprio la inquietante presenza di Bellini, peraltro ampiamente accertata in atti giudiziari, costituisce una tragica costante che collega le stragi che hanno insanguinato il nostro Paese». Chiudendo il comunicato, i firmatari denunciano all’opinione pubblica «la gravità della situazione», riservandosi di attuare «ogni iniziativa finalizzata a interrompere la sistematica operazione di espulsione delle vittime dai procedimenti giudiziari e dal dibattito pubblico».
La Procura
In questo contesto si inserisce anche una situazione ingarbugliata tutta interna alla magistratura. A fine dicembre, infatti, il Consiglio di Stato ha annullato la nomina di Filippo Spiezia a procuratore capo di Firenze, in seguito ai ricorsi avanzati da altri due magistrati in cui si evidenziava come, al tempo della nomina (2023), Spiezia non avrebbe avuto i requisiti necessari per ottenere l’incarico. Pochi giorni prima della bocciatura, in una conferenza stampa, Spiezia – che aveva ottenuto la nomina grazie ai voti della corrente “conservatrice” della magistratura, MI, e dei laici scelti dai partiti di centro-destra e da Italia Viva di Matteo Renzi – aveva dichiarato: «le inchieste sulle stragi di mafia ancora aperte saranno chiuse nel 2025». Esse erano state aperte dal magistrato Luca Tescaroli, che dallo scorso anno è passato a dirigere la Procura di Prato.
L’annuncio di Spiezia aveva fatto scattare l’allarme: i familiari delle vittime della strage di Firenze avevano dichiarato di auspicare «non una chiusura» dell’inchiesta sui presunti mandanti esterni delle stragi – in cui sono ancora iscritti i nomi dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri e l’ex ufficiale dei ROS Mario Mori – «ma la conclusione delle indagini con il rinvio a giudizio degli indagati, affidando al dibattimento la ricostruzione dei fatti e l’accertamento delle responsabilità». Eppure, prima di lasciare definitivamente il suo ufficio, Spiezia ha trovato il tempo per chiedere (e ottenere) l’archiviazione di Bellini.
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