Startup, perché il Giappone non può essere ignorato dalle aziende che cercano innovazione

L'ecosistema di startup e scaleup in Giappone è quattro volte più grande di quello italiano. Gli altri Paesi stanno già creando avamposti. Anche per l'Italia è arrivato il momento di muoversi L'articolo Startup, perché il Giappone non può essere ignorato dalle aziende che cercano innovazione proviene da Economyup.

Mag 13, 2025 - 13:54
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Startup, perché il Giappone non può essere ignorato dalle aziende che cercano innovazione



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L’ecosistema di startup e scaleup in Giappone è quattro volte più grande di quello italiano. Gli altri Paesi stanno già creando avamposti. Anche per l’Italia è arrivato il momento di muoversi

Pubblicato il 13 mag 2025



Giappone

Di rientro da una settimana a Tokyo è utile condividere qualche dato ed impressione sull’ecosistema giapponese.

L’occasione è stato lo Scaleup Summit Japan che Mind the Bridge ha organizzato per la prima volta nel paese nipponico insieme a JETRO (che è l’ente del ministero degli esteri giapponese che si occupa del supporto all’internazionalizzazione e che ha una squadra massiccia guidata da Noriya Tarutani dedicata alle startup con presidi in quasi tutti i paesi).

Abbiamo abbinato il nostro Summit ad una tech mission dedicata ad A2A in concomitanza con SusHi Tech Tokyo (che è uno degli eventi per statup più importanti del Far East). Per la multiutility e in particolare per l’unità che, sotto la guida di Patrick Oungre, gestisce Innovation, R&D ed AI, l’obiettivo era una prima presa di contatto con l’ecosistema locale e l’individuazione di startup e tecnologie da adottare (e/o eventualmente su cui investire).

Per l’anno prossimo abbiamo già a piano l’organizzazione di una missione più ampia che coinvolga i responsabili dell’innovazione di tutte le principali aziende italiane.

Alberto Onetti all’apertura dello Scaleup Summit Japan ospitato da JETRO a Tokyo

Di seguito vi riassumo cosa io mi sono portato a casa

Giappone, un ecosistema di startup solido

L’ecosistema giapponese delle startup non è piccolo (i dati provengono dal Tech Scaleup Japan report realizzato da Mind the Bridge con il supporto di Crunchbase, qui il link per il download). Stiamo parlando di quasi 22mila startup e 2300 scaleup. Tra queste 86 hanno raccolto oltre 100 milioni e 2 oltre un miliardo (con altre 6 che hanno conseguito lo status di unicorn).
Sono dati che posizionano l’ecosistema giapponese ai livelli di Francia e Germania (e 3-4 volte l’Italia).   

In Giappone c’è un piano quinquennale per le startup

Una crescita imponente: è quello che sta succedendo e che dobbiamo attenderci nei prossimi anni. “Non c’è migliore momento di ora”, ci ha ricordato Gianluca Benedetti, ambasciatore italiano in Giappone (che ci ha accolto nella nostra splendida ambasciata che conserva uno dei giardini storici di Tokyo la cui storia si intreccia con quella di 10 dei 41 Ronin).

Motivo? Nel 2022 il primo ministro Kishida ha lanciato lo Startup Development Five-year Plan, un piano quinquennale di sostegno alle startup con obiettivi che definire ambiziosi è riduttivo e investimenti imponenti. Dal 2023 al 2027 verranno investiti 10 trilioni di Yen in innovazione con l’obiettivo di avere per fine periodo 100,000 startups (4-5 volte i volumi attuali) e 100 unicorni (qui si parla di un 10x). Target forse irrealistici ma i giapponesi sono fenomenali nel mettere a terra processi per fare succedere le cose.

Un indizio ci viene dalla crescita (238 nuove scaleup e 5 miliardi di dollari investiti) che il Giappone ha avuto nel 2024 (anno in cui tutti gli ecosistemi mondiali si sono mossi a passo lento dopo la sbornia del 2021). Va tenuto conto il profilo deep e hard tech delle startup giapponesi che ne rende i percorsi di crescita più lenti e richiede molto capitale (al riguardo la regia di NEDO è centrale). 

Il resto del mondo guarda già al Giappone

Come al solito le opportunità sono per chi si muove per prenderle. In primis gli americani, che hanno storicamente una relazione privilegiata con il Giappone: dei 41 innovation outpost che sono oggi presenti sul suolo nipponico 15 sono americani. Francia e Germania sono particolarmente attivi.

Come ha ricordato Jean-Eric Paquet, ambasciatore dell’Unione Europea all’Opening del Summit, la attuale situazione di instabilità internazionale e “volatilità” di comportamento degli Stati Uniti potrebbe essere un’opportunità per conquistarsi degli spazi. 

Il ruolo delle aziende giapponesi e dell’open innovation

La mia convinzione è che la partita si giochi qui. Le aziende giapponesi sono ancora molto concentrate su modelli interni di innovazione (il tradizionale R&D interno) e si stanno affacciando solo ora all’Open Innovation (sotto il profilo di utilizzo dei diversi modelli da parte di quelle che fanno parte del Fortune 500 Index). Nel momento in cui questo passaggio si realizzasse appieno, la potenza di fuoco sarebbe impressionante.

Si tratta infatti di giganteschi conglomerate che coprono una molteplicità di settori. Per esempio Mitsubishi  (una di quelle che abbiamo incontrato) spazia da auto a miniere, da energia a materiali, da alimentare ad infrastrutture. Tante grandi aziende sotto lo stesso tetto. La tendenza è quella di mettere a fattore comune risorse un tempo gestite dalle singole Business Units. Si fa dal Corporate Venture Capital fino alla neonata AI Solution Task Force.  

Anche perché le aziende giapponesi, a differenza di quelle europee, hanno una presenza radicata nei principali ecosistemi mondiali (il Giappone è il principale CVC in Silicon Valley e sulla East Coast) e quindi un occhio sul futuro molto allenato.

Perché un’azienda italiana dovrebbe guardare al Giappone?

Lo abbiamo chiesto a Patrick Oungre nella scorsa puntata di Innovation Weekly. Non spoilero nulla rimandando alla conversazione (qui il link per riascoltare).

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