Sta nascendo un nuovo asse franco-tedesco. Parla lo storico Marchi

Il discorso di Macron sull'ombrello nucleare, le novità di Merz nella difesa e non solo. Conversazione con Michele Marchi, docente di storia contemporanea presso l'Università di Bologna 

Mar 9, 2025 - 11:22
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Sta nascendo un nuovo asse franco-tedesco. Parla lo storico Marchi

Il discorso di Macron sull’ombrello nucleare, le novità di Merz nella difesa e non solo. Conversazione con Michele Marchi, docente di storia contemporanea presso l’Università di Bologna 

Una nuova epoca nella quale gli equilibri cristallizzati a Yalta sono saltati e altri se ne stanno creando. Dopo la tragedia della II guerra mondiale l’Unione europea ha appaltato, di fatto, il capitolo della sicurezza e della difesa all’alleato americano. L’elezione di Trump ha accelerato il processo di disimpegno degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa, un percorso già annunciato dalla precedente amministrazione. “La nostra prosperità e sicurezza sono diventate più incerte” ha detto il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron nel corso di un discorso alla nazione nel quale ha spiegato che la fase storica che stiamo vivendo non può essere letta con le lenti del passato. Per questo vanno trovate soluzioni inedite e innovative. In questo quadro si inserisce il piano di riarmo europeo per il quale la presidente Ursula von der Leyen è pronta a mettere sul piatto circa 800 miliardi di euro.

PER MACRON LA RUSSIA È UNA MINACCIA A PRESCINDERE DALL’UCRAINA

Nel suo discorso Macron ha puntato il dito contro la Russia, descritta come una minaccia alla sopravvivenza europea a prescindere da come finirà la guerra contro l’Ucraina, ed ha esortato l’Unione europea all’azione. Anche militare. Una difesa alla testa della quale Macron pone la Francia, forte della sua deterrenza nucleare. “Macron ha parlato ai francesi ma anche agli altri paesi europei, rivendicando un primato franco-britannico che ha radici abbastanza profonde”, spiega il prof. Michele Marchi, docente in storia contemporanea, nonché Coordinatore del Corso di Laurea in Società e culture del Mediterraneo: istituzioni, sicurezza, ambiente presso l’Università di Bologna. “E poi rivendica un suo ruolo “personale”, Macron nell’attuale Consiglio europeo è il leader più longevo, vi siede dal 2017 e, soprattutto, dal 2017, dal discorso della Sorbona, parla di autonomia strategica dell’Europa. Quindi, per tornare a ieri, possiamo dire che lui parlava sicuramente agli europei, all’alleato dall’altra parte dell’Atlantico, più volte vi ha fatto riferimento e poi, naturalmente, l’intento era parlare ai francesi di sacrifici. E ha fatto molta attenzione a sottolineare che l’ingresso in questa nuova era potrebbe avere ripercussioni sulle finanze pubbliche e implicare ristrettezze economiche, quindi un occhio anche alla politica interna”.

I TRE TURNING POINT DEL DISCORSO DI MACRON

Sono almeno tre i punti cruciali di quello che rischia di diventare un discorso storico. “Io faccio lo storico e, se provo a immedesimarmi in uno storico che andrà a studiare questo discorso tra 25 anni, credo che dovrebbe fare attenzione a due passaggi molto rilevanti. Il primo riguarda il fatto che Macron ha tenuto un discorso generazionale, ha detto che per la generazione dei 45-50enni “sono finiti i dividendi della pace” – sottolinea il professore dell’Università di Bologna -. La guerra e la crisi ad essa associata sono state, sinora, solo un racconto dei nonni e dei bisnonni. Poi c’è stato un altro passaggio a mio parere molto interessante, quello in cui ha detto che servono soluzioni innovative, proposte inedite, “le soluzioni di domani non possono essere le abitudini di ieri”. Quindi per il futuro non possiamo usare gli schemi utilizzati sino ad oggi. Ecco questi due punti li inserirei nell’ordine dei possibili tornanti della storia”.

ESISTE ANCORA L’OCCIDENTE?

Le lenti che abbiamo usato sinora ci mostravano un occidente che andava da Washington a Bruxelles quasi senza distinzioni. Non è più così. “Il mondo del post ’45 era entrato nella sua fase conclusiva già dalla metà degli anni ’70, poi questo mondo si è trascinato fino alla fine dei due blocchi – aggiunge il prof. Marchi -. A seguire abbiamo vissuto nell’illusione di vivere in un indistinto Occidente euroatlantico, dove non c’era quasi più differenza tra le due sponde, con un primato militare da parte di Washington ma, tutto sommato, vigeva una sorta di liberalismo consensuale che avrebbe, più o meno, risolto tutti i problemi del mondo. Io credo che il turning point sia stato l’11 settembre 2001. Uno schiaffo che ci ha fatto rendere conto che il decennio unipolare era stato fatto più di illusioni che di realtà e siamo tornati agli anni ‘70, quando la divaricazione c’era e la relazione euroatlantica era entrata profondamente in crisi. I cicli storici sono sempre molto più lunghi di quello che noi pensiamo. Oggi, a cinquant’anni da quella prima crisi euro atlantica, i nodi sono definitivamente giunti al pettine”.

MACRON OFFRE L’OMBRELLO NUCLEARE FRANCESE A TUTTI I PAESI UE

E poi c’è il tema del nucleare e la proposta di francese offrire al resto del continente il suo “ombrello nucleare”. Una posizione inedita “che va in controtendenza rispetto alla dottrina nucleare francese che vige sin dalla metà degli anni ’60”. Ecco una delle soluzioni innovative che non guardano a ieri ma guardano a domani: “E questo non per sopravvalutare la capacità di dissuasione nucleare francese, che esiste nel momento in cui si ha una capacità di colpo. La capacità di dissuasione fino ad oggi è stata sempre gelosamente presentata dalla Francia come un elemento che la distingueva da tutti gli altri paesi europei, eccetto, naturalmente, il Regno Unito, e che la poneva in una posizione di confronto con le grandi potenze e di gelosa autonomia. Tra l’altro è un passaggio complicato per Macron da gestire anche a livello di politica interna. La destra radicale e la sinistra radicale, ma non solo, sono pronti ad attaccarlo perché questo significherebbe perdere quel primato che la Francia ha rispetto agli altri paesi europei”, spiega lo storico esperto di storia e politica francese.

L’ASSE FRANCO – BRITANNICO E IL RITORNO DELLA GERMANIA

Quando il Presidente Macron ha introdotto il tema del nucleare, ha riportato la richiesta del cancelliere Merz di condividere l’ombrello nucleare francese.  “Ma senza sostituire l’ombrello statunitense. La Germania sta arrivando, sembra proprio che stia ritornando e sembra che riparta l’asse franco-tedesco. Dobbiamo ricordarci che Macron per quattro anni non ha potuto contare sul motore franco-tedesco. Da un lato perché il rapporto con Scholz non è mai decollato ma soprattutto Macron aveva dei problemi di politica interna. Sappiamo che la maggioranza semaforo di Scholz sui temi della politica estera e di difesa aveva grosse problematiche. È una Germania che sta arrivando, però, anche qui, teniamo il piede sul freno perché al momento Merz è Cancelliere potenziale”, dice il prof. Marchi.

 L’ITALIA NON C’È NEL DISCORSO DI MACRON

Nel suo conciso discorso alla nazione il presidente Macron cita gli alleati europei come la Germania o, addirittura, il Regno Unito, ma mai il nostro Paese. La posizione della Premier Meloni non è semplice, divista tra la lealtà nei confronti dell’alleato atlantico e l’appartenenza all’Unione europea. “Situazione complicata, in questo momento non vorrei essere nei panni della nostra Presidente del Consiglio. Da un lato dovrebbero esserci affinità, anche di natura ideologica con il trumpismo, però diciamo la deriva che ha preso il trumpismo in azione la mette in difficoltà – spiega il prof. Marchi -. Dall’altra parte c’è una continuità di legame euro-atlantico tra l’Italia e gli Stati Uniti che è indubbia. Quindi, Giorgia Meloni diventa una risorsa per gli altri paesi europei nel momento in cui è l’amica, anche personale di Trump, però, se questa amicizia personale si concretizza in una deriva negativa per quello che riguarda i dazi o la collaborazione con l’Europa, è evidente che la Presidente del Consiglio resta un po’ con il cerino in mano. Non a caso ieri sera Macron ha citato diversi alleati europei ma non ha mai citato l’Italia. Eppure, non dimentichiamo il Trattato del Quirinale, il grande rapporto tra Macron e Mattarella, ma sappiamo bene che tra Macron e Meloni non è mai scoccata la scintilla. Se le relazioni sono diventate così insostenibili tra le due sponde dell’Atlantico, è evidente che se tu vieni percepita come grande amica di chi queste relazioni le vuole rompere, sei in una posizione di difficoltà”.

E poi ci sono i problemi interni alla maggioranza. “Giorgia Meloni ha un problema all’interno della sua coalizione perché il secondo alleato non fa altro che osannare l’atteggiamento trumpiano. Ecco, da un lato lo deve contrastare, dall’altro sa che non lo può far crescere a livello di opinione pubblica e potenzialmente di voti. Poi altra cosa sarà come si si ritroverà Salvini nel momento in cui dovrà spiegare a parte del suo elettorato del Nord come impatteranno i dazi sulle produzioni italiane.  Però adesso che siamo ancora nella fase della demagogia Meloni ha anche quest’ulteriore problema.

L’INCONTRO TRA CAPI DI STATO MAGGIORE A PARIGI ALLA RICERCA DI UNA STRADA PER LA DIFESA COMUNE

La prossima settimana ospiterà a Parigi un incontro fra i capi di stato maggiore dell’esercito dei paesi che intendono collaborare a una difesa europea dell’Ucraina. Mercoledì prossimo il ministro della Difesa Sébastien Lecornu riceverà, nell’abbazia reale di Val-de-Grâce, i colleghi di Germania, Italia, Polonia e Regno Unito per «coordinare la propria azione e il sostegno a Kiev». Le cose sembra che si stiano facendo serie. “È stato interessante che Macron vi abbia fatto un riferimento un po’ tangenziale, quasi a mezza voce e in realtà è una notizia di grande rilevanza. Se vogliamo leggerla con le lenti della storia quando cominciano a parlarsi i capi di Stato maggiore, i vertici degli eserciti molto spesso si fa sul serio. Non voglio arrivare troppo indietro, ma quando i vertici militari, francese, britannico aprirono anche ai russi, prima della I Guerra mondiale, lì capimmo che stavano facendo sul serio. Anche oggi, a mio parere, facciamo sul serio – conclude il prof. Marchi -. E aggiungo che è una direzione nella quale Macron aveva già insistito in vari passaggi precedenti. È da almeno un anno che Macron parla della necessità di un dispiegamento di truppe europee sul territorio ucraino. Oggi mi sembra che potrebbe concretizzarsi. Non dimentichiamo anche che Macron ha detto che la minaccia russa proseguirà, indipendentemente da come si concluderà il conflitto russo ucraino. Ecco queste parole hanno più credibilità perché arrivano da colui che, tra i leader europei, è stato quello che ha cercato di interloquire di più con Putin. E anche questo, all’epoca, era stato descritto come un segno di debolezza. Tra l’altro, Macron ha anche l’autorevolezza del tempo, al Consiglio europeo può dire di aver lavorato anche con il Trump 1”.