“Sono stata la prima donna portavoce di un Papa. Francesco mi chiamò e dissi: è pazzo”

Ha seguito papa Francesco per tre anni Paloma Garcia Ovejero, la prima donna portavoce di un pontefice e vice direttrice della Sala Stampa Vaticana dal 2016 al 2018. La giornalista spagnola è tornata a Roma per i funerali di colui che l’aveva scelta e voluta, dopo averla conosciuta mentre si occupava della corrispondenza dal Vaticano […] L'articolo “Sono stata la prima donna portavoce di un Papa. Francesco mi chiamò e dissi: è pazzo” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 25, 2025 - 14:42
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“Sono stata la prima donna portavoce di un Papa. Francesco mi chiamò e dissi: è pazzo”

Ha seguito papa Francesco per tre anni Paloma Garcia Ovejero, la prima donna portavoce di un pontefice e vice direttrice della Sala Stampa Vaticana dal 2016 al 2018. La giornalista spagnola è tornata a Roma per i funerali di colui che l’aveva scelta e voluta, dopo averla conosciuta mentre si occupava della corrispondenza dal Vaticano per la radio e tv di Madrid. “Stavo seguendo un processo lunghissimo e complesso in quei giorni e all’improvviso mi hanno telefonato per dirmi che il Papa voleva chiedermi una cosa” racconta Garcia Ovejero mentre cerca di mettere insieme tutto, dai ricordi alla frenesia di giorni che corrono verso sabato, quando verranno celebrati i funerali del pontefice. “Quando mi chiamarono per dirmi che mi volevano proporre quell’incarico – ricorda – dalla gola mi uscì what? Poi ho detto sì, ma ditegli che è pazzo e anche Dio è pazzo ma io mi fido di entrambi, quindi andiamo avanti”.

Da cronista saliva e scendeva dagli aerei con Bergoglio, aveva seguito la fine del pontificato di Benedetto XVI ed il conclave, negli anni precedenti, poi, insieme a Greg Burke, americano, venne chiamata per l’incarico. “Lui ci disse: non vi ho scelto perché siete i migliori, ne avevo tante di facce e di nomi tra i quali scegliere, ma voi eravate quelli che potevano fare meglio questo lavoro. Uomo e donna, inglese e spagnolo per arrivare al mondo e parlare con i giornalisti nella loro lingua”.

Ma niente quota rosa, vuole sottolineare Paloma Garcia Ovejero ricordando che l’ultima cosa alla quale abbia mai pensato è di essere stata scelta “in quanto donna”. Piuttosto, ci spiega, “pensavo che lo avesse fatto perchè avevo qualcosa di utile per questo lavoro. Io vengo da un ambiente dove essere una donna non è mai contato come privilegio né come limite quindi la mia prima sorpresa è stata la chiamata e la scelta, ma forse ero io troppo naif”.

“Lui ha fatto tanto per le donne, ma manca tantissimo”, continua mentre il discorso esce dalle sale vaticane e scorre sulle dinamiche della società, dentro e fuori dalla chiesa, “dove tutti sono ancora chiamati a fare tanto”. “Con papa Francesco – chiarisce – possiamo dire che è entrata un’aria di normalità, ma finche una donna che fa qualcosa per il fatto di essere donna è una notizia, allora non abbiamo nemmeno cominciato”.

Il suo ricordo personale è condito di tenerezza, “Jorge Mario Bergoglio era un gamberro (un monello ndr), amava scherzare e amava i dolci”. “Rideva sempre, la cosa che più lo faceva ridere erano le battute in argentino, scherzi fatti con la sua lingua madre. Era libero, scherzava di tutto, ma soprattutto di se stesso perché aveva delle fondamenta così forti, così ben piantate, che si poteva permettere di essere felice e di fare sorridere chi lo circondava”.

Papa Francesco – continua – pregava tantissime ore al giorno, pregava prima di fare qualsiasi cosa perché era lì il suo confronto; lui non si guardava allo specchio ma guardava rivolto al sagrato e li trovava forza, ispirazione e riscontro. Nessuna parola o gesto nascevano da Jorge Mario, tutto veniva dal dialogo di Francesco con lo Spirito Santo”.

Quello che lo faceva arrabbiare più di ogni altra cosa era il disprezzo per i deboli. Davanti alle accuse di essere stato un papa politicamente orientato, di sinistra, la risposta è: “Se non ci rendiamo conto che lui è cattolico e solo cattolico… Tante volte hanno letto le sue parole, le sue visite, i suoi incontri con certe persone in un certo modo, ma è solo la metà dell’occhio perché mancava tutta l’altra dimensione, perché lui era il successore di Cristo e come tale si confrontava con l’Alto e non con gli analisti“. Queste, dice, “sono letture riduttive, lui era tante cose che si possono riunificare solo in una parola: Papa universale, perché cattolico significa universale, per tutti e da tutti e questo non piaceva a chi si voleva appropriare di lui”.

Le ultime ore del papa sono divise tra due immagini potenti: quella scattata in una stanza dove ha incontrato il vice presidente americano JD Vance, figura con la quale condivideva pochissimo, soprattutto in tema di immigrazione e quella, enorme, che lo ha visto salutare la sua gente in piazza San Pietro, per l’ultima volta. “Quello che Gesù diceva era: amate i vostri nemici, vengo presto. Noi cattolici preghiamo il vangelo e Papa Francesco provava a vivere secondo il vangelo”.

Sul futuro non si sbilancia, del conclave si limita ad immaginare che sarà breve. Paloma corre tra un telefono e l’altro, l’orologio le strappa via il tempo in queste giornate concitate nelle quali ha parlato con le tv e i giornali americani, australiani, inglesi e spagnoli, cercando di raccogliere ricordi e idee. Oggi, dopo una parentesi a Bruxelles, è tornata in Gran Bretagna dove lavora all’ufficio stampa internazionale della Ong Mary’s Meal, una volta Scottish International Relief, che si occupa di fornire i pasti ai bambini delle scuole dei paesi più poveri dove fame e povertà impediscono anche di avere una istruzione.

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