Se gli ET ci vedessero, che segni di civiltà avanzata vedrebbero?
Uno studio teorico del SETI Institute ha analizzato come una ipotetica "Terra gemella" potrebbe rilevare tracce di civiltà avanzate sul nostro pianeta. L'articolo Se gli ET ci vedessero, che segni di civiltà avanzata vedrebbero? è tratto da Futuro Prossimo.

E se là fuori, nell’immensità dello spazio, esistesse una civiltà aliena tanto avanzata da poter scrutare la nostra galassia in cerca di segni di vita intelligente? Quali tracce del nostro passaggio potrebbe cogliere, quali impronte tecnologiche del nostro progresso rivelerebbero l’esistenza dell’umanità?
È proprio da questa intrigante speculazione che parte uno studio teorico condotto da un team di ricercatori guidati da Sofia Sheikh del SETI Institute, che ha provato a ribaltare la prospettiva della ricerca di intelligenze extraterrestri, immaginando la Terra sotto la lente di ipotetici osservatori alieni.
Technosignature: le impronte digitali della civiltà avanzata
Al centro dello studio, pubblicato sull’Astronomical Journal (ve lo linko qui), c’è il concetto di technosignature, ovvero quei segni distintivi che una civiltà tecnologicamente avanzata lascia nello spazio, come una sorta di “impronta digitale” del suo passaggio. Segnali radio, emissioni di biossido di azoto, luci artificiali, isole di calore: sono solo alcune delle tracce che, secondo i ricercatori, potrebbero rivelare l’esistenza dell’umanità a un ipotetico osservatore alieno.
“Uno degli aspetti più soddisfacenti di questo lavoro è stato usare il SETI come uno specchio cosmico”, ha spiegato Sheikh. “Come appare la Terra al resto della galassia? E come verrebbero percepiti i nostri attuali impatti sul nostro pianeta?”. Domande affascinanti, che ci spingono a riflettere non solo sulla nostra posizione nell’universo, ma anche sull’impronta che stiamo lasciando sul nostro mondo.
I segnali radio, il nostro “faro” nello spazio
Analizzando le varie technosignature, i ricercatori hanno scoperto che i potenti segnali radio, come quelli un tempo emessi dal radiotelescopio di Arecibo (ora non più operativo), sarebbero le tracce più evidenti della nostra presenza, potenzialmente rilevabili fino a 12.000 anni luce di distanza. Un vero e proprio “faro” cosmico, capace di attirare l’attenzione di eventuali civiltà aliene evolute.
Altre impronte significative sarebbero le emissioni di biossido di azoto, un gas prodotto dalle attività umane, che i nostri attuali strumenti (come il futuro Habitable Worlds Observatory) potrebbero rilevare fino a 5,7 anni luce di distanza, oltre la stella più vicina al Sole. E poi, man mano che ci si avvicina alla Terra, un ipotetico osservatore alieno potrebbe scorgere altre tracce della nostra presenza, come satelliti, laser, isole di calore e luci delle città.
Una costellazione di technosignature
“Il nostro obiettivo con questo progetto era riportare per un momento il SETI ‘con i piedi per terra’ e riflettere su dove siamo veramente oggi con le technosignature della Terra e le capacità di rilevamento”, spiega Macy Huston dell’Università della California, Berkeley, co-autrice dello studio. “Nel SETI, non dovremmo mai dare per scontato che altra vita e tecnologia sarebbero proprio come le nostre, ma quantificare cosa significa ‘nostre’ può aiutare a mettere in prospettiva le ricerche SETI”.
In un certo senso, affermano i ricercatori, la Terra possiede una vera e propria “costellazione di technosignature”, con sempre più elementi che diventano visibili man mano che un ipotetico osservatore si avvicina. Un concetto affascinante, che ci spinge a riflettere su come appariremmo agli occhi di un’altra civiltà e su cosa rivelerebbe di noi il nostro “ritratto tecnologico”.
Segni di civiltà avanzata, uno specchio cosmico per il futuro
Sebbene sia improbabile che esista una vera e propria “Terra gemella” là fuori, con una civiltà del tutto simile alla nostra, gli autori dello studio ritengono che analizzare le nostre technosignature possa fornire spunti preziosi per affinare le nostre strategie di ricerca di intelligenze extraterrestri. In un certo senso, guardare noi stessi “dall’esterno” può aiutarci a capire meglio cosa cercare nello spazio profondo.
“In SETI, non dovremmo mai dare per scontato che la vita e la tecnologia di altri sarebbero proprio come le nostre, ma quantificare cosa significa ‘nostre’ può aiutare a mettere in prospettiva le ricerche SETI”, ha sottolineato Huston. Insomma, studiare la Terra come la vedrebbe un’altra civiltà avanzata può essere un modo per affinare i nostri “sensi cosmici” e prepararci all’evenienza, per ora solo teorica, di intercettare i segnali di un’altra civiltà (a proposito: se succedesse, cosa faremmo?).
Fantascienza? Forse. Ma d’altronde, come amava ripetere il grande astrofisico Carl Sagan, “da qualche parte, qualcosa di incredibile attende di essere conosciuto”. E chissà che, scrutando il cielo in cerca dei segni di altre civiltà, non finiamo per scoprire qualcosa di nuovo anche su noi stessi e sul posto che occupiamo in questo vasto, misterioso universo.
L'articolo Se gli ET ci vedessero, che segni di civiltà avanzata vedrebbero? è tratto da Futuro Prossimo.