Schermo dunque esisto: il turista bidimensionale
Dall’assalto ai set di fiction tv alla smania di catturare anche l’arte più iconica nel proprio telefonino: tutti fotografano, nessuno guarda

Un migliaio di persone, in una giornata lavorativa ma di sole, assiepate sul lungomare di Camogli per vedere il set dove si gira la terza stagione di Blanca, fiction di successo di mamma Rai. Maria Chiara Giannetta, cioè la detective cieca Blanca, vive appunto lì, con vista sul mare e sulla focaccia. Risultato: ressa, selfie e festa grande per esercenti e ristoratori, "sembrava di essere a giungo o alle cene di San Valentino", raccontano al Secolo XIX. Nulla di nuovo sotto il sole della Riviera.
Il "cineturismo" è ormai un fenomeno consolidato, battezzato così già dal 2003 all’Ischia Film Festival che gli dedica un convegno annuale, oggetto di studi scientifici, tesi di laurea e delle ambizioni delle infinite Film Commission sparse per gli enti locali italiani. Nulla traina le presenze come una in tivù. Con exploit così clamorosi da superare la possibilità dei luoghi di accoglierle: com’è successo al lago di Braies, nelle Dolomiti, incantevole ma piccino picciò, preso d’assalto dopo che Terence Hill ci ha recitato, diciamo così, nella fiction Un passo dal cielo. Matera è stata lanciata alla grande dopo aver ospitato la passione pulp di Mel Gibson e rilanciata, più modestamente, dalla fiction dell’Imma Tataranni. La provincia di Ragusa, prima poco nota ai più, è sempre affollata di cineturisti sulle orme del commissario Montalbano: se Vigata ahimè non esiste, altre bellezze sicule ne fanno le veci nei selfie. In precedenza, il castello sabaudo di Agliè era nato a nuova vita turistica grazie a Elisa di Rivombrosa, mentre il caso più curioso è forse quello del Mulino di Chiusdino, provincia di Siena, diventato la sede di quello Bianco della Barilla, dove una famiglia va a vivere d’amore e merendine nell’Arcadia pubblicitaria, e con una colonna sonora griffata Ennio Morricone. E si potrebbe andare avanti per qualche altra pagina.
Naturalmente, l’élite-kasta-Ztl biasima. Che la bellezza di Camogli non sia una fiction era chiaro anche prima che ne ospitasse una; idem per le Dolomiti, Matera, la Sicilia, la campagna toscana e in generale l’Italia, tutti posti che qualche testimonial eccellente tipo Leonardo da Vinci o Goethe l’hanno avuto anche prima di finire in tivù. Il problema, si potrebbe poi aggiungere, non è tanto stimolare il turismo, ma che in certe zone d’Italia ce n’è forse troppo e sicuramente non della migliore qualità, chiedere per credere a Venezia o a Firenze.
E tuttavia il cineturismo segnala una curiosa caratteristica della nostra disgraziata contemporaneità. Tutto, non solo i mulini bianchi, ma l’arte, la bellezza, perfino le persone, esiste soltanto se è dentro uno schermo. La sua riproduzione è l’unica vera certificazione della sua esistenza. Basta andare in qualsiasi museo che esponga un’opera davvero pop, "iconica" come direbbe l’assessore medio alla Cultura, tipo la Gioconda al Louvre. Vederla, e figuriamoci studiarla, è di fatto impossibile (almeno finché c’era il vecchio allestimento) non solo per la ressa da metropolitana da Tokyo all’ora di punta, ma perché tutti alzano il cellulare per riprenderla. Non guardano: fotografano. Esiste solo ciò che sta dentro quello schermo luminoso, che peraltro è lo stesso dove i più guardano le fiction di cui poi instagrammano le "location" (questo invece è il milanese imbruttito).
L’oggetto sparisce di fronte alla sua rappresentazione; ciò che non è sul telefonino o in tivù, semplicemente, non è. La realtà è ormai bidimensionale, un rettangolo fuori dal quale non è contemplato il mondo, che pure è un po’ più vasto. Il che spiega forse perché mai come oggi ci siano tanti turisti, ma così pochi viaggiatori.