Sanremo 2025, le pagelle della quarta serata (Duetti, cover) del Festival
Sanremo 2025, le pagelle della quarta serata (Duetti, cover) del Festival La serata delle Cover (duetti) di Sanremo 2025 è sicuramente una delle più attese. Una grande festa della musica nella quale ascolteremo i 29 Big esibirsi nella reinterpretazione di un grande successo della canzone italiana o straniera, accompagnati da un ospite. Alla conduzione Carlo […]

Sanremo 2025, le pagelle della quarta serata (Duetti, cover) del Festival
La serata delle Cover (duetti) di Sanremo 2025 è sicuramente una delle più attese. Una grande festa della musica nella quale ascolteremo i 29 Big esibirsi nella reinterpretazione di un grande successo della canzone italiana o straniera, accompagnati da un ospite. Alla conduzione Carlo Conti affiancato da Geppi Cucciari e Mahmood. Di seguito tutti i voti di TPI ai cantanti, ospiti, conduttori e personaggi di oggi.
Geppi Cucciari 9 – Meritava quest’opportunità e la sfrutta al meglio. Pungente e travolgente, regala una boccata di aria fresca con la sua comicità intelligente e ficcante. In stato di grazia, sarebbe stato bello averla per tutte e cinque le serate. Una fuoriclasse che regala quell’imprevedibilità che tanto sta mancando a questo Festival, come nello sketch in cui spiega il regolamento di voto di Sanremo. La attendiamo prossimamente per spiegarci quello di Ballando con le stelle.
Mahmood 10 come cantante, 4 come conduttore – Impacciato e a tratti un pesce fuor d’acqua nel ruolo di co-conduttore, si riscatta alla grande quando veste i panni di performer, con un medley da Halftime show del Super Bowl. Il vero ospite internazionale è lui. Una bomba ipnotizzante che ci porta nella contemporaneità. Non ha eguali in Italia, specie sul fronte maschile.
Roberto Benigni 8 – Il talento e il mestiere non passano con l’età. In pochi minuti ci regala una sfilza di battute pungenti sull’attualità e qualche punzecchiatura politica in pieno stile Benigni, con l’occasione di lanciare il suo prossimo show su Rai 1. Tra le migliori, rivolgendosi a Conti: “Con questo Festival hai bloccato l’Italia. Saresti un ottimo ministro dei Trasporti”. Genio senza tempo.
Rose Villain 4 – Chi mi conosce sa che toccare Battisti è un crimine di lesa maestà. “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34).
Modà 5,5 – Un classico senza tempo come Angelo, a 20 anni esatti dal trionfo sanremese di Francesco Renga. Un’era geologica fa dal punto di vista musicale. Due artisti simili per genere e generazione. Kekko all’inizio sbaglia completamente la tonalità, e lo ammette in diretta, poi recupera e la portano a casa. Un Sanremo decisamente sfortunato per lui. Peccato.
Clara 6,5 – Un’esibizione di ugole. La limpidezza vocale di Clara accompagnata dal lirismo de Il Volo per una versione elegante del capolavoro di Simon and Garfunkel The sound of silence. Precisissimi ma un po’ troppo pomposi e teatrali.
Tony Effe e Noemi 4,5 – Tony Effe, dopo l’omaggio a Califano nel suo brano in gara, ripropone il Califfo, insieme a Noemi, in una versione insipida del suo brano più famoso. Lei canta, lui si limita a recitare qualche frase. Per fortuna non il contrario. Tutto il resto… è noia.
Francesca Michielin e Rkomi 5,5 – Una versione senza infamia e senza lode, ma nel complesso scialba, di Una stella di Broadway. Lui poco a fuoco, quasi svogliato, lei regala qualche emozione ma alla fine il duetto non decolla mai.
Lucio Corsi 8,5 – Decide di portare un brano che ha segnato uno spartiacque nella storia della musica italiana come Volare, e si fa accompagnare nel duetto da Topo Gigio, perché “anche i topi possono volare” (proprio Modugno prestò per primo la voce al mitico pupazzo). Solo per questo Lucio Corsi merita tutta la nostra stima. Il cantautore venuto dalla Luna è la vera sorpresa di questo Festival. Poesia surreale.
Serena Brancale 8,5 – Due splendide voci soul che si fondono alla perfezione in questa versione di I ain’t got you di Alicia Keys. Per qualche minuto ci hanno catapultato in un club di New York. Contento per la Brancale che finalmente può mettere in mostra le sue capacità canore, purtroppo in ombra nel brano che porta in gara.
Irama 8 – La scelta di accompagnarsi con una delle voci più intonate degli ultimi decenni della musica italiana come quella di Arisa è già di per sé sinonimo di qualità. Un dialogo di livello sulle note di un grande pezzo come Say something.
Gaia 7,5 – Un incontro intergenerazionale e di sangue latino tra Gaia e Toquinho (colpaccio). La voglia e la pazzia. Un gioiello portato a livelli eccelsi nell’inarrivabile interpretazione della Vanoni. Gaia entra quasi in punta di piedi, rispettosa, e non sfigura. Anche Ornella avrà apprezzato.
The Kolors 6 – Trasformano l’Ariston nello stadio Maradona con il tormentone che ha rilanciato Sal Da Vinci. Pop leggero e scanzonato che fa ballare anche le ottuagenarie signore impellicciate della platea. L’assolo di sax la cosa migliore di questa performance. Dolore e follia.
Marcella Bella 8 – L’emozione non ha davvero voce. Marcella porta uno dei grandi successi scritti da quel genio del fratello, seduto in prima fila, colpito nel 2010 da un ictus che gli ha tolto la parola. E sono brividi veri, anche grazie alla sua impeccabile esecuzione canora. Doverosa e meritata la standing ovation che l’Ariston tributa al grande Gianni.
Rocco Hunt 8 – Un bell’omaggio che funziona alla grande. Rap alla napoletana, storie di riscatto e amicizia. Alla fine dell’esibizione si sente la voce originale di Pino Daniele e viene subito la pelle d’oca. Quanto ci manchi. Un gigante che se n’è andato troppo presto.
Francesco Gabbani 5 – Tornano i bambini alla Mr. Rain che fanno tanta tenerezza ma anche parecchia paraculaggine. L’idea è quella del teatro canzone, la resa non convince, con un Tricarico fuori fuoco.
Giorgia 9 – Giorgia gioca un’altra gara rispetto a tutti a livello vocale, e lo ribadisce ancora di più accompagnata da un’altra ugola d’oro come quella di Annalisa. Raggiungono l’iperuranio in questa versione di Skyfall di Adele. Altro che autotune: talento, maestria, potenza, eleganza, interpretazione. Hanno spaccato, come dico i giovani. Semplicemente bravissime.
Simone Cristicchi 7 – Portare quella che è probabilmente la canzone più bella della musica italiana degli ultimi 30 anni, come La Cura, oltre che una delle più coverizzate, può apparire una scelta azzardata. Con Amara ci regala una versione emozionante e intensa, impreziosita nell’intro dall’aggiunta del salmo 51 in aramaico. Il rischio di scivolare era alto, ha avuto coraggio e ha fatto bene.
Sarah Toscano 6 – Omaggia i suoi ospiti, gli Ofenbach, con una martellante hit come Overdrive. Dimostra tutt’altra sicurezza rispetto alla gara, segno che la stoffa c’è, anche se ancora un po’ grezza data la giovane età.
Coma_Cose 7 – Torniamo indietro di 40 anni, facendo un tuffo nei caotici anni ’80, con il tormentone dei Righeira L’estate sta finendo, che poi diventa Sanremo sta finendo. E purtroppo è vero. Effetto nostalgia.
Joan Thiele 7,5 – Un’appassionata rivisitazione di un classico di Gino Paoli. Artista elegante e di spessore, Joan Thiele si sta facendo conoscere dal grande pubblico nel migliore dei modi. Azzecca pure la cover, in un duetto ben riuscito con Frah Quintale. Un sincero omaggio a un brano meraviglioso di 60 anni fa.
Olly 6,5 – Un giovane cantautore genovese si confronta con il mostro sacro di Fabrizio De André. Forse una versione de Il Pescatore troppo urlata per lo stile di Faber. Ma va apprezzato il coraggio della scelta.
Achille Lauro ed Elodie 8 – Un omaggio a Roma, tra Cocciante e la Bertè. Una staffetta tra le due voci, in un incontro inaspettato ma dal risultato apprezzabile. Un duetto capace di tirare fuori aspetti inediti di entrambi. Due fighi.
Massimo Ranieri 6,5 – Ci sono brani, come appunto Quando di Pino Daniele, che sono dei capolavori talmente alti da essere quasi intoccabili. Si apprezza comunque la passione e la maestria del maestro Ranieri, ottimamente accompagnato dai Neri per caso, per un bell’omaggio a cappella, senza l’ausilio dell’orchestra.
Willie Peyote 7 – Pensiamo che questa volta il Califfo sarebbe contento. Una bella versione a tre voci di quella poesia in musica di Un tempo piccolo, con Zampaglione che diresse il video del pezzo, ambientato negli anni ‘60.
Brunori Sas 8 – Un capolavoro cantautorale e al tempo stesso popolarissimo come L’anno che verrà. Solo Brunori poteva farla con questa delicatezza, volando alto, ed evitando l’effetto karaoke. Una jam session con Riccardo Sinigallia e Dimartino. Giusto e toccante il ricordo di Paolo Benvegnù che avrebbe compiuto oggi 60 anni. Bello tutto.
Fedez 7,5 – Si è parlato per settimane di questo duetto sulle note di Bella stronza, per gli arcinoti guai sentimentali di Federico Lucia. Masini fa Masini, Fedez – quasi commosso – rappa il suo dolore, parla dei suoi problemi di salute e delle sue storie tormentate: “Ti ho dato tutte le ragioni per essere una bella stronza”. Intensa, a prescindere dal gossip.
Bresh 8 – Davvero peccato per i problemi tecnici che hanno imperversato in questa esibizione con Cristiano De André sulle note di Creuza de ma. Una bella pagina cantautorale, con De André jr che per voce e fisicità fa quasi impressione tanta è la somiglianza con il padre. E Bresh è un degno erede di quella grande scuola genovese che fu.
Shablo, Guè, Joshua, Tormento 7 – Coerenti con quanto hanno portato in gara, ci regalano un viaggio nell’hip hop anni Novanta. Recuperano Aspettando il sole di Neffa per un bel momento nostalgia, penalizzato per la collocazione all’una di notte, quando la palpebra inesorabilmente comincia a cadere.