Quale Pd andrà alla manifestazione di Repubblica per l’Europa?
Il voto sul piano europeo di riarmo fa discutere centrosinistra e centrodestra. Il caso della manifestazione organizzata da Repubblica. La nota di Sacchi.

Il voto sul piano europeo di riarmo fa discutere centrosinistra e centrodestra. Il caso della manifestazione organizzata da Repubblica. La nota di Sacchi
La conseguenza più tangibile della spaccatura nel Pd nell’eurovoto sul piano “ReArm” Europa sarà inevitabilmente sotto i riflettori domani nella manifestazione romana che era stata lanciata dal giornale “La Repubblica” per l’Europa. Già, ma quale Europa e difesa per Europa? La sinistra che andrà in piazza è divisa e lacerata.
E Giuseppe Conte, che affonda il colpo sulle difficoltà del Pd, rivendicando la maggiore “coerenza” dei Cinque Stelle nella scelta di votare no anziché astenersi, come invece ha fatto la metà della delegazione dem, ha già fatto sapere che lui alla manifestazione di domani non andrà. Ne farà una sua il 5 aprile.
Sul palco domani i leader politici della sinistra divisa dal voto di Strasburgo non è previsto che salgano. Sul palco di ‘Una piazza per l’Europa’ sono attesi, invece, i contributi video dei senatori a vita Liliana Segre, Elena Cattaneo e Renzo Piano oltre agli interventi di Antonio Albanese, Jovanotti, Luciana Litizzetto, Gustavo Zagrebelsky, Pif e tante personalità del mondo della cultura. Evidente, per non acuire le divisioni, il tentativo di dare un aspetto più culturale che politico all’iniziativa.
La stessa segretaria Elly Schlein, alle prese con il pressing dell’ala interna riformista e le bordate esterne del presidente M5S Conte, ammette: “Serve un chiarimento politico, le forme e i modi li valuteremo”. La linea del Pd, ribadita da Schlein, per il sì alla difesa comune europea e il no al riarmo dei singoli Stati evidentemente non ha sortito l’effetto che il vertice dem sperava, le distanze tra la segretaria e l’ala riformista del partito negli ultimi giorni si sono sempre più accentuate. Solo undici eurodeputati hanno seguito la linea dettata dalla leader, per l’astensione, a fronte di dieci voti a favore del piano di riarmo. la richiesta di un confronto interno si fa più pressante, c’è chi tra i dem auspica un congresso, anche tematico, per chiarire le posizioni sul nodo Ucraina e armamenti, che più di altri divide il centrosinistra.
Diversa la situazione della maggioranza di governo che, pur divisasi nel voto in Europa anche in altre occasioni, ha sempre poi avuto in Italia sulla politica estera un voto compatto, a cominciare da quello sull’Ucraina. A rassicurare sulla tenuta della coalizione ci pensano i due vicepremier, con Antonio Tajani che riguardo al no della Lega a Rearm Eu commenta: “Ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma questo non intacca l’unità del governo”, e Matteo Salvini che, a chi gli chiede se ci sarà una risoluzione unitaria della maggioranza per le comunicazioni del premier il 18 marzo in vista del Consiglio Ue, risponde secco: “Sicuramente”.
Salvini lo dice al termine del Consiglio federale della Lega che ha approvato le regole per il Congresso del 5 e 6 aprile a Firenze. “Il ritorno della Storia ha già distrutto il bipolarismo – ironizza il leader di Azione, Carlo Calenda -. Il voto di ieri al Parlamento europeo ha mostrato plasticamente un Partito democratico allo sbando e una maggioranza in frantumi”.
I fatti però dicono che è il Pd, ovvero quello che dovrebbe essere l’asse portante dello schieramento alternativo, a stare nell’occhio del ciclone. E in frantumi finora sembra essere andato il cosiddetto campo largo, con Conte che parla di quelli che dovrebbero essere gli alleati come di “un partito in forte difficoltà”.