Caro Michele Serra, piazza del Popolo o piazza della Torre di Babele?

L’iniziativa promossa da Michele Serra è equivoca ed ambigua. Il corsivo di Giuliano Cazzola

Mar 14, 2025 - 10:00
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Caro Michele Serra, piazza del Popolo o piazza della Torre di Babele?

L’iniziativa promossa da Michele Serra è equivoca ed ambigua. Il corsivo di Giuliano Cazzola

È scritto nel Libro della Genesi che gli uomini parlavano la stessa lingua e per evitare di essere dispersi nel mondo pensarono di costruire un edificio  tanto elevato da sfiorare il cielo, dove avrebbero potuto restare uniti. Ma Dio creò scompiglio nelle genti e, facendo in modo che le persone parlassero lingue diverse e non si capissero più, impedì che la costruzione della torre venisse portata a termine.

Sabato prossimo piazza del Popolo cambierà nome e si chiamerà Piazza della Torre di Babele. L’iniziativa promossa da Michele Serra, già funestata, nella data, dalla ricorrenza con le Idi di marzo, era di per sé equivoca ed ambigua, nel senso che consentiva a tante organizzazioni e a singole personalità di aderire con proprie motivazioni, spesso contrapposte a quelle di altri. Tanto più che dal momento in cui Michele Serra, dalla sua “amaca”, aveva concepito l’iniziativa fino al giorno fatidico del suo svolgimento la realtà si era incaricata di mettere in fila una serie di problemi che non trovavano risposta nella astrattezza e nella genericità delle motivazioni poste dal suo promotore  alla base della mobilitazione. Così, ciascuno si era sentito autorizzato ad aderire in proprio, a fornire una interpretazione autentica degli obiettivi dell’iniziativa alla sua particolare visione dei processi in corso; ovvero una classica Babele delle lingue che rendeva inconciliabili e incomprensibili gli obiettivi degli uni con quelli degli altri.

Non mi convince Carlo Calenda (e altri con gli stessi argomenti) quando invita ad essere  in piazza a Roma sabato con le bandiere europee e con quelle dell’Ucraina e della Georgia perché occorre dare rappresentanza a tanti cittadini consapevoli che non esisterà mai l’Europa politica senza una difesa potente capace di scoraggiare aggressioni da parte di dittatori e autocrati.

Il dibattito e il voto nel Parlamento di Strasburgo, come espresso dalle forze politiche maggiormente impegnate nella manifestazione del 15 marzo, non si sono limitati a consolidare posizioni differenti, ma faranno prevalere in quella Piazza una linea politica (in particolare sul ReArm Eu) che, in nome di un’Europa immaginaria, finirà per dissociarsi dall’Europa reale.

Gli equivoci diventeranno palesi e rileveranno le ambiguità delle principali forze di opposizione. E un’iniziativa a sostegno dell’Europa minacciata da Trump si trasformerà in una critica alle istituzioni europee che cercano di costruire una prospettiva diversa da quella preconizzata dalla nuova Amministrazione americana. Insomma,  la grande manifestazione per una Europa dei diritti, della libertà e della pace si trasformerà in una “corrida” di dilettanti allo sbaraglio. Ovvero, in una pagliacciata.

È lo stesso Michele Serra ad ammettere i limiti della sua iniziativa: “Mi rendo conto – ha detto il giornalista – che la piattaforma della manifestazione è indeterminata e plurale: vogliamo l’Europa, gli europei ci sono e vorrebbero ci fosse di più anche l’Europa. Ho rivendicato l’ingenuità della manifestazione, mi rendo conto che dopo le polemiche sul riarmo il tema è caldissimo, ma stiamo cercando di non fare schiacciare il palco solo dalla questione guerra-pace perché c’è anche la questione dei diritti”.

Ma – come diceva Georges Danton – gli esseri umani dispongono soltanto di quei diritti che sono capaci di difendere.