Quale democrazia per l’impresa?
Il concetto di democrazia, come è generalmente inteso, ha un debito culturale verso il motto che ispirò i rivoluzionari francesi, quando gridavano “Liberté Egalité Fraternité”, ma quel trinomio ha assunto un significato certamente diverso nel corso dei secoli: nel ‘700, l’ideale di democrazia si basava sulla statuizione di un diritto di eguaglianza da parte di […] L'articolo Quale democrazia per l’impresa? proviene da Economy Magazine.

Il concetto di democrazia, come è generalmente inteso, ha un debito culturale verso il motto che ispirò i rivoluzionari francesi, quando gridavano “Liberté Egalité Fraternité”, ma quel trinomio ha assunto un significato certamente diverso nel corso dei secoli: nel ‘700, l’ideale di democrazia si basava sulla statuizione di un diritto di eguaglianza da parte di un gruppo di potere; oggi, si vorrebbe che la democrazia fosse garantita da una condivisione del patto sociale fondativo di uno Stato, da parte dei suoi cittadini, che, nell’organizzazione dello Stato stesso, trovano la soddisfazione delle necessità di garanzia di sicurezza e benessere. In modo non così diverso da quello cha accadeva nel ‘700, i concetti di libertà, uguaglianza e fratellanza tendono a valere più all’interno di un gruppo di riferimento, che non in assoluto e, oggi, date ormai per scontate alcune conquiste, come il suffragio universale, il diritto alla proprietà privata e la libera iniziativa economica e superato l’antagonismo storico tra democrazia e liberalismo, i valori del trinomio trovano sintesi nella facilità di accesso alla generazione di benessere.
Chi non riesce a generare benessere per sé e per la propria famiglia, non si sente libero né parte della comunità, perde fiducia nelle istituzioni, smette di andare a votare, rischia di diventare manodopera per la criminalità più o meno organizzata.
Il vero strumento di contrasto a questa deriva è l’investimento dello Stato nell’impresa e nella tutela dell’imprenditore, nelle cui sole mani può essere la generazione del benessere, quando si sia realizzato il sistema capitalistico, come spiegava anche Marx, nel quarto e meno conosciuto dei suoi libri sul Capitale.
Ogni strumento burocratico o punitivo, che penalizzi l’attività economico-aziendale, ancorché possa anche essere funzionale a garantire equità, rischia di diventare un freno per lo sviluppo e, così, di essere disfunzionale rispetto al mantenimento della democrazia nell’accezione moderna del termine. L’operaio, che perde il lavoro, perché, inderogabilmente, si deve punire l’imprenditore, che ha infranto delle regole, non si sente tutelato, ma minacciato. È la ragione fondamentale per cui si invoca la deregulation: poche regole, facili da rispettare, che prevedano strumenti di pacificazione e riparazione per l’imprenditore che sbaglia, perché il sistema economico non rischi di essere impoverito, in nome di una forma di equità utopica, che si ispira a un concetto di uguaglianza che, da un punto di vista pratico, non era già più attuale nemmeno nel 1789.
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