Quadro negativo per la Sicilia, tra calo delle nascite e divario genere | Il focus dell’Inps
Continuano a diminuire le nascite, mentre cresce il numero di donne e giovani che emigrano alla ricerca di un lavoro, rafforzando sempre più il divario di genere. È la fotografia scattata dall’Inps che emerge dal “Focus sui dati di genere in Sicilia”, curato dal Comitato Regionale dell’Inps Sicilia e presentato stamane nella sede di via […] L'articolo Quadro negativo per la Sicilia, tra calo delle nascite e divario genere | Il focus dell’Inps proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Continuano a diminuire le nascite, mentre cresce il numero di donne e giovani che emigrano alla ricerca di un lavoro, rafforzando sempre più il divario di genere.
È la fotografia scattata dall’Inps che emerge dal “Focus sui dati di genere in Sicilia”, curato dal Comitato Regionale dell’Inps Sicilia e presentato stamane nella sede di via Maggiore Toselli a Palermo.
All’evento hanno partecipato la presidente del Comitato regionale Valeria Tranchina e il direttore regionale Sergio Saltalamacchia, con il contributo e le testimonianze dei rappresentanti regionali delle organizzazioni sindacali e datoriali.
Lo studio analizza la condizione delle donne in Sicilia e fornisce informazioni in un’ottica di genere. Secondo l’Istituto, i dati raccolti ed elaborati per il focus destano preoccupazione e, nel 2023, delineano “una composizione demografica in linea con la tendenza nazionale”, con la popolazione femminile attestata al 51,2% del totale.
L’andamento naturale della popolazione presenta un “saldo negativo costante, dovuto a una persistente diminuzione delle nascite, certamente legata a un modello di vita lontano dalla conciliazione tra vita professionale e famiglia, che continua a concepire la maternità come un affare prettamente femminile”.
Altro dato “certamente preoccupante” è quello del saldo migratorio, con un valore “saldamente negativo” a causa del crescente numero di emigrati, il 40% dei quali sono donne, giovani e adulti, in fuga dalla regione alla ricerca della propria realizzazione personale e di opportunità lavorative.
Per quanto riguarda le famiglie, si riscontra un cambiamento strutturale nei nuclei familiari: il 51,7% delle famiglie ha figli, mentre il 48,3% ne è privo. Inoltre, il 37,45% è composto da famiglie monogenitoriali. L’età media al parto delle donne siciliane è di 31,7 anni, rispetto ai 32,5 della media nazionale, e il numero medio di figli per donna è pari a 1,32 (contro l’1,20 a livello nazionale).
I dati relativi alla fruizione dei congedi parentali, all’offerta dei servizi per la prima infanzia e alle misure economiche di supporto (bonus asili nido pubblici e privati, assegni di maternità erogati dallo Stato e dai Comuni) evidenziano “la necessità di un ruolo maggiore delle politiche sociali e assistenziali a sostegno delle famiglie, quali ad esempio l’offerta di asili nido, che rimane insufficiente, specie in Sicilia, così come la conciliazione vita-lavoro e l’accesso ai servizi pubblici”.
Da considerare, inoltre, che i congedi parentali vengono richiesti per la maggior parte dai lavoratori assunti a tempo indeterminato e fruiti quasi esclusivamente dalle donne (oltre il 70% delle richieste).
Sul fronte del lavoro, il tasso di occupazione femminile in Sicilia si attesta attorno al 30%, rispetto al 52,77% degli uomini. Si registra quindi “un divario di genere significativo, pari a ben 22,7 punti percentuali”.
Inoltre, sul totale delle assunzioni, le donne rappresentano solo il 30% dei contratti a tempo indeterminato, sfiorando il 37% nei contratti a termine (che includono i lavori stagionali, in somministrazione e a intermittenza).
Le donne prevalgono nei rapporti di lavoro a tempo parziale, molti dei quali considerati involontari. Se tra i dipendenti del settore privato e pubblico, nelle fasce d’età 15-24 anni, uomini e donne partono con valori simili, nelle fasce 45-54 anni il numero delle lavoratrici supera quello dei lavoratori di circa il 50%.
I dati del Focus confermano la tendenza a “un’occupazione femminile settoriale”, con una presenza maggiore nel pubblico impiego, dove il numero di donne è superiore a quello degli uomini in comparti come Scuola, Sanità, Ministeri, Enti Locali e Università.
Al contrario, nel settore delle Forze Armate, Corpi di Polizia e Vigili del Fuoco, le percentuali di donne sono ancora basse, a dimostrazione di una segregazione settoriale. Anche tra i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, agricoli), la percentuale femminile è molto bassa, oscillando tra il 17% e il 32% del totale.
Il gap retributivo di genere rimane “un punto critico, con le donne che percepiscono stipendi inferiori rispetto agli uomini, in tutti i settori economici”. Le differenze salariali variano tra un minimo del 15% e un massimo del 25%. Sul valore delle retribuzioni medie giornaliere incidono diversi fattori, tra cui l’inquadramento contrattuale, i trattamenti individuali, il lavoro straordinario, la continuità lavorativa, la difficoltà di carriera e il part-time, spesso involontario. Il carico di assistenza e cura familiare, le interruzioni di carriera (anche per maternità) e la sovra-rappresentanza femminile nei settori a bassa retribuzione contribuiscono ad ampliare il divario.
Nel lungo termine, tutto ciò si riflette sulla fase pensionistica: “con conseguenze pesanti sugli importi pensionistici e un conseguente aumento del rischio di povertà femminile nella terza età”. Sebbene le donne siano numericamente superiori tra i beneficiari di pensioni, in Sicilia si registrano significative differenze tra gli importi percepiti da uomini e donne. Le donne prevalgono nelle pensioni di vecchiaia e ai superstiti, mentre risultano meno presenti tra le beneficiarie della pensione di anzianità/anticipata, a causa delle difficoltà nel raggiungere i requisiti contributivi previsti, dovute alla discontinuità lavorativa.
Valeria Tranchina ha dichiarato: “Il risultato dei lavori svolti oggi nel Focus e tutti gli interventi che si sono susseguiti confluiranno in un documento unitario che invieremo agli Assessorati Regionali competenti e alla Commissione Lavoro dell’ARS. Riteniamo utile e necessario ogni sforzo a riguardo, perché nonostante gli importanti passi in avanti realizzati in questi decenni, grazie soprattutto all’applicazione dei CCNL, alla contrattazione di genere e alla determinante azione dei movimenti e delle associazioni femminili, permane ancora un profondo divario di genere, con forti disparità e resistenze culturali ed economiche nella società e nel mercato del lavoro”.
Ha poi aggiunto: “Dai dati del Focus emerge quanto le donne restino bloccate in una condizione di svantaggio strutturale e di forte disparità. Sono anche chiare – ha infine concluso – le motivazioni sociali ed economiche che determinano queste differenze: una cultura e un sistema socio-economico fondato sul prevalere degli uomini, sia nella sfera privata che in quella pubblica, che ancora condiziona tutti gli ambiti, un’organizzazione del lavoro e degli orari che rende difficile la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, una carenza/assenza di servizi territoriali – per l’infanzia, per gli anziani e per i non autosufficienti – che non favorisce il sostegno alle famiglie. I dati, peraltro, ci restituiscono un quadro spesso sconfortante, che investe tutti gli ambiti”.
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