Pink Floyd – The Wall: il film sull’album

Il film The Wall dei Pink Floyd, uno dei progetti più visionari di sempre, un'opera mastodontica che ti scuote

Mag 15, 2025 - 01:58
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Pink Floyd – The Wall: il film sull’album

“The Wall” dei Pink Floyd non è solo un album, è un’esperienza visiva e sonora che ha cambiato il modo di intendere la musica. Ecco il film.

Quando uscì nel 1979, l’album The Wall sembrò fin da subito qualcosa di più di un semplice disco. Non era solo un concept, ma un vero viaggio nella psiche umana, un racconto drammatico e senza filtri sulle ferite che la vita, la guerra, l’infanzia e la celebrità possono lasciare nell’anima di un uomo.

Dietro a tutto, ovviamente, la mente inquieta e lucidissima di Roger Waters, che firmò la gran parte dei brani e ne fece quasi un’espressione autobiografica. Un’opera monumentale, piena di suoni, simboli e parole che si legavano tra loro come mattoni, uno sull’altro, a costruire – o distruggere – il famoso muro.

Il film The Wall dei Pink Floyd

Il muro, appunto, non poteva rimanere solo musicale. Infatti, era troppo visivo, troppo potente, troppo denso di significati per non finire anche su uno schermo. Ed è così che, tre anni dopo, nel 1982, uscì Pink Floyd – The Wall, il film diretto da Alan Parker con la supervisione creativa di Waters stesso. Un progetto ambizioso, visionario, disturbante. Qualcosa che davvero non si era mai visto fino a quel momento. Un film che non raccontava, ma mostrava, urlava, strappava l’anima. Un film senza dialoghi tradizionali, dove la musica dell’album diventava colonna sonora totale e le immagini – animate o girate dal vivo – ne erano il riflesso visivo, amplificato e a volte persino inquietante.

PInk Floyd The Wall
Il film The Wall dei Pink Floyd ha segnato un’epoca (Foto IG @pink_floyd_officiall
– soundsblog.it)

Il protagonista è Pink, interpretato da Bob Geldof, rockstar alienata e depressa, sempre più isolata in un mondo che lo soffoca. Un personaggio in cui Waters proietta le sue paure, la sua infanzia segnata dalla morte del padre in guerra, la sua insofferenza per la scuola autoritaria, la pressione del successo e l’inevitabile discesa nella paranoia. Non è una trama classica, ma una discesa continua, che diventa sempre più allucinata, più dolorosa, più spietata. Ogni canzone dell’album accompagna una sequenza visiva che ne amplifica il significato. Another Brick in the Wall, pt. 2, con i bambini senza volto che marciano verso un tritacarne, è diventata iconica. Così come le animazioni di Gerald Scarfe, grottesche e disturbanti, che danno corpo ai mostri interiori del protagonista.

Senza ombra di dubbio, The Wall ha segnato un punto di svolta. Fino ad allora, nessuno aveva osato spingersi così oltre nell’unire musica e cinema. Non era un musical, non era un videoclip esteso. Era qualcos’altro. Una pellicola che ti prende a pugni e poi ti lascia lì, con lo stomaco sottosopra, a rimettere insieme i pezzi. Criticato da alcuni per la sua cupezza, idolatrato da altri per la sua originalità, The Wall ha diviso. Ma ha anche aperto una strada, mostrando che la musica poteva raccontare storie in modo visivo, emozionale, potente. Non solo accompagnare le immagini, ma diventare essa stessa il fulcro narrativo.

E ancora oggi, rivedere quel film vuol dire entrare in un incubo lucido, in una metafora dolorosa della solitudine e dell’alienazione. Non è invecchiato, perché i temi sono ancora lì: l’oppressione sociale, l’educazione come forma di controllo, la psiche che crolla sotto il peso del non detto. Il muro non è solo quello di Pink. È il nostro. E per questo, The Wall continua a essere qualcosa che non si dimentica.