Perché lo storage è un’esigenza strutturale della rete elettrica
Mercoledì 1° maggio 2025, per la prima volta nella storia del nostro mercato elettrico, l’Italia ha vissuto sei ore consecutive con un Prezzo Unico Nazionale (Pun) pari o prossimo a zero. Dalle 11 alle 17, in tutte le zone di mercato, dalla Sicilia al Trentino-Alto Adige, il prezzo all’ingrosso dell’elettricità è crollato sotto l’euro per […] The post Perché lo storage è un’esigenza strutturale della rete elettrica first appeared on QualEnergia.it.

Mercoledì 1° maggio 2025, per la prima volta nella storia del nostro mercato elettrico, l’Italia ha vissuto sei ore consecutive con un Prezzo Unico Nazionale (Pun) pari o prossimo a zero.
Dalle 11 alle 17, in tutte le zone di mercato, dalla Sicilia al Trentino-Alto Adige, il prezzo all’ingrosso dell’elettricità è crollato sotto l’euro per megawattora, toccando punte minime di 0,01 e addirittura di 0 euro tra le 15 e le 16.
Un evento reso possibile da una combinazione esplosiva: una domanda feriale in calo (sotto i 26 GW) e una produzione da fonti rinnovabili che, trainata dal fotovoltaico, ha coperto quasi il 70% del fabbisogno nazionale, con picchi di generazione FV superiori a 14 GW.
Ma mentre qualcuno esultava, qualcun altro guardava preoccupato. Perché in quelle stesse ore decine di impianti fotovoltaici, soprattutto connessi in media tensione, venivano teledistaccati su comando di Terna attraverso la procedura RIGEDI, attuato dai distributori locali, il sistema introdotto da Terna per alleggerire la rete nei momenti di sovrapproduzione.
E perché molti produttori, specie quelli fuori dagli incentivi o privi di Ppa a lungo termine, si sono trovati a vendere energia a valore nullo. Nessun ricavo, nessun ritorno, nessuna sostenibilità economica.
L’accumulo che ci serve
Questo paradosso, in cui più energia pulita significa meno entrate, segna il punto di svolta: lo storage non è più solo un’opzione tecnologica, ma un’esigenza strutturale del sistema elettrico.
È qui che entrano in gioco i Bess, i Battery Energy Storage Systems. Sistemi progettati per assorbire l’eccesso di generazione rinnovabile e rilasciarlo quando la domanda lo richiede, contribuendo a ridurre i teledistacchi, smussare le variazioni del Pun e migliorare l’affidabilità della rete.
Finora, il mercato italiano dello storage si è concentrato soprattutto sulle piccole taglie: circa 775.000 sistemi installati, con una capacità complessiva di 5,9 GW e 10,8 GWh, perlopiù in ambito domestico. Tuttavia, il primo trimestre del 2025 ha segnato un’inversione di tendenza: -36% in potenza installata e -41% in capacità rispetto allo stesso periodo del 2024, complice la fine del Superbonus e l’attesa per nuove regole di mercato.
Ma il quadro sta cambiando rapidamente.
Cosa cambierà con il Macse
L’avvio del Macse – Meccanismo di Approvvigionamento di Capacità di Stoccaggio Elettrico – segna il debutto del primo mercato italiano dedicato esclusivamente all’accumulo. Con una prima asta da 10 GWh il 30 settembre 2025 e un obiettivo complessivo di 50 GWh al 2030, il Macse offre contratti a lungo termine con un premio massimo proposto da Arera pari a 32.000 €/MWh/anno, calcolato sulla base dei costi di investimento e operativi aggiornati.
Ma questa capacità incentivabile prevista basterà? A mio avviso no, ma è sicuramente un ottimo inizio. In ogni caso secondo i dati aggiornati della piattaforma eConnextion di Terna, le richieste di connessione per impianti Bess hanno superato i 267,7 GW di potenza, e di questi, oltre 32 GWh sono associati a progetti in fase autorizzativa avanzata e potenzialmente candidabili al Macse, a conferma dell’enorme fermento del settore.
L’impatto di questi impianti sarà cruciale anche per i progetti fotovoltaici >1 MW che accederanno al Fer X transitorio.
In un mercato con contratti bidirezionali ventennali su una quota del 95% della produzione, la possibilità di gestire meglio la generazione con uno storage riduce il rischio di curtailment e migliora la bancabilità dell’investimento. Anche in altri regimi come l’Energy Release e gli impianti a mercato, un teledistacco prolungato riduce i ricavi mensili: senza produzione, non generano ricavi né per vendita né per servizi ancillari.
Lo stesso vale per gli impianti con Ppa a prezzo fisso o indicizzato, che potrebbero non vedere riconosciuto alcun corrispettivo in caso di mancata immissione in rete. I contratti Ppa in genere non coprono le ore di indisponibilità forzata dovuta a ordini del Tso, lasciando scoperto il produttore.
Infine, anche gli impianti fotovoltaici sotto il megawatt di potenza, sebbene spesso meno esposti a vincoli di rete e in parte sostenuti da regimi semplificati, non sono esenti da rischi. In alcune fasce di prezzo, in particolare quando l’elettricità sul mercato vale zero o meno, questi impianti possono non ricevere alcuna remunerazione per l’energia prodotta. Se non partecipano attivamente ai mercati di bilanciamento, potrebbero subire sospensioni nei corrispettivi previsti.
Per questo motivo, integrare uno storage diventa sempre più importante anche per questi progetti: consente di utilizzare direttamente l’energia prodotta, riducendo la dipendenza dal mercato e aumentando la stabilità dei ricavi.
Anche i meccanismi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche sono soggetti a dinamiche simili: l’energia non utilizzata localmente e immessa in rete può essere soggetta a limitazioni o prezzi nulli. Lo storage permette di massimizzare il valore locale dell’energia prodotta, stabilizzando i benefici economici per tutti i partecipanti alla comunità.
I benefici dello stoccaggio di energia rinnovabile
In questo scenario, l’ingresso in rete dei grandi Bess previsti dal Macse sarà un fattore determinante per ridurre la volatilità, assorbire l’energia nei momenti di eccesso e limitare i distacchi dovuti a congestioni.
Le aste previste nei prossimi anni (2026-2027) dovrebbero portare altri 40 GWh in rete, potenziando ulteriormente la flessibilità del sistema. Infine, non va dimenticato il ruolo emergente dei piccoli e medi sistemi di accumulo e delle auto elettriche.
Famiglie, Pmi e comunità energetiche stanno comprendendo il valore strategico dello storage non solo per massimizzare l’autoconsumo, ma anche per partecipare attivamente alla stabilizzazione della rete e alla generazione distribuita. È una rivoluzione silenziosa, ma potentissima, che sta ridisegnando l’architettura energetica dal basso.
È tempo di trattare i Bess per quello che sono: infrastrutture strategiche, al pari di dighe, ferrovie e autostrade. Chi sceglie di investire nello storage non segue una moda, ma contribuisce a costruire le fondamenta della nuova sicurezza energetica del Paese.
Ogni chilowattora che accumuliamo e rimettiamo in rete quando serve non è solo energia: è valore economico, stabilità per il sistema, garanzia di ritorni per gli investimenti.The post Perché lo storage è un’esigenza strutturale della rete elettrica first appeared on QualEnergia.it.