Perché è utile leggere “Diario di un giudice”

“Diario di un giudice” di Dante Troisi (Sellerio) letto da Tullio Fazzolari

Feb 9, 2025 - 10:55
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Perché è utile leggere “Diario di un giudice”

“Diario di un giudice” di Dante Troisi (Sellerio) letto da Tullio Fazzolari

Se ne poteva fare a meno. E sarebbe stato meglio per tutti. Lo scontro continuo fra politica e magistratura finirà forse senza vincitori né vinti ma più probabilmente farà diminuire la credibilità di entrambe le istituzioni. L’unica cosa certa è che tanta polemica fa comodo per riempire le pagine dei giornali e i talkshow televisivi. Per fuggire dalle diatribe del presente ma senza allontanarsi troppo dall’argomento conviene affidarsi alla lettura di “Diario di un giudice” di Dante Troisi (Sellerio, 236 pagine, 13 euro). E sembra giusto parlarne per almeno altre due ragioni. Innanzi tutto perché nel 2025 sono esattamente settant’anni dalla sua prima pubblicazione che all’epoca provocò un’aspra polemica. L’altro motivo ricordare uno scrittore di talento che per circa tre decenni è stato anche un bravo magistrato.

La vicenda letterario di “Diario di un giudice” inizia dalla collaborazione di Troisi con il settimanale “il Mondo” di Mario Pannunzio. Il libro arriva subito dopo. Nel 1955 viene pubblicato nei “Gettoni” dell’editore Einaudi, la collana diretta da Elio Vittorini. Anche se si presenta in forma narrativa è evidente che il libro racconta un’esperienza vissuta in prima persona dall’autore. Troisi, tornato dalla prigionia in Texas nel 1946, l’anno dopo vince già il concorso per entrare in magistratura. Ha una grande passione per il suo ruolo e per il lavoro che gli viene affidato ma nello stesso tempo non chiude gli occhi su tutto quello che succede intorno a lui. Nel libro tutto avviene in una ipotetica cittadina dell’Italia meridionale ma s’intuisce facilmente che la reale location è il tribunale di Cassino dove lavora Troisi. Dal racconto emerge un microcosmo di giudici e avvocati che si sentono non tanto depositari del diritto ma piuttosto amministratori di un vero e proprio potere. E fra coloro che hanno maggiore sensibilità come l’autore affiora inevitabilmente un tormento interiore. C’è in alcuni momenti la consapevolezza che legge e giustizia non sempre coincidono. Il “Diario” è di fatto l’annotazione puntuale di ansie e incertezze che arrivano a coinvolgere anche la vita privata.

Per scrivere tutto questo ci voleva coraggio e a Troisi non mancava. Ma per l’Italia dell’epoca era troppo e l’autore venne accusato di vilipendio della magistratura. Lo difesero Alessandro Garrone e lo stesso Vittorini il quale spiegò che “Diario di un giudice” era lo specchio di una società retrograda che di civile non concepiva altro che avvocati e magistrati. Alla fine nulla evitò a Troisi una censura disciplinare. E ancora oggi c’è da chiedersi come sia possibile punire qualcuno per aver scritto non il falso ma la pura e semplice verità. A chi vuole leggere “Diario di un giudice” tocca dare però un avvertimento. Nonostante abbia avuto negli anni tante edizioni (la più recente è appunto quella di Sellerio del 2012 con una nota di Andrea Camilleri) il libro è difficile da reperire e bisogna cercarlo su internet. Ma considerata l’attualità dell’argomento lecito auspicare una ristampa.