Perché Alessandro Manzoni scrisse Il 5 maggio

Il 5 maggio è notoriamente una data storica: in questo giorno del 1821 morì infatti Napoleone Bonaparte. Una data entrata nelle memorie degli studenti di tutte le età, intenti nello studio del celebre componimento poetico dal titolo 'Il 5 maggio', scritto da Alessandro Manzoni. Ancora oggi considerato uno dei poeti più influenti dell'800, ma anche dell'età contemporanea, Manzoni scrisse questa ode per celebrare la vita di uno dei personaggi più controversi della Francia ottocentesca. Napoleone Bonaparte fu un politico e generale francese, poi fondatore del Primo Impero francese che caratterizzò quella che oggi è conosciuta come età napoleonica. Indice Manzoni, il 5 maggio è un tributo a Napoleone Testo 'Il 5 maggio', Alessandro Manzoni Manzoni, il 5 maggio è un tributo a Napoleone Era il 17 luglio 1821 quando Alessandro Manzoni apprese dalla Gazzetta di Milano della morte del generale francese, da tempo in esilio sull'isola di Sant'Elena. Il fatto sconvolse il poeta, che aveva avuto modo di conoscere il generale all'età di quindici anni, davanti al teatro alla Scala di Milano, e fu in quella occasione che rimase colpito dai suoi occhi penetranti (“i rai fulminei”) e dal suo carisma. Fu allora che Manzoni si rese conto di trovarsi davanti ad un personaggio che, nel bene e nel male, aveva caratterizzato il passaggio all'età contemporanea. Nel parlarne, il Manzoni non ebbe mai particolari slanci: non lo si può annoverare tra gli estimatori del francese ma nemmeno tra i suoi detrattori. Semplicemente ne riconosceva la grandezza e il protagonismo storico. Ecco perché saputo della morte dell'ex Imperatore, il poeta fu travolto da una lunga riflessione di carattere storico ed etico. La notizia poi della conversione dell'ex generale, in punto di morte, addirittura commosse Manzoni. In preda alla commozione, fu allora che in appena tre giorni il poeta compose 'Il 5 maggio', nel tentativo di celebrare una figura sì controversa, ma decisiva nell'Europa ottocentesca. Testo 'Il 5 maggio', Alessandro Manzoni Ei fu. Siccome immobile,dato il mortal sospiro,stette la spoglia immemoreorba di tanto spiro,così percossa, attonitala terra al nunzio sta,muta pensando all’ultimaora dell’uom fatale;né sa quando una simileorma di piè mortalela sua cruenta polverea calpestar verrà.Lui folgorante in soliovide il mio genio e tacque;quando, con vece assidua,cadde, risorse e giacque,di mille voci al sonitomista la sua non ha:vergin di servo encomioe di codardo oltraggio,sorge or commosso al subitosparir di tanto raggio;e scioglie all’urna un canticoche forse non morrà.Dall’Alpi alle Piramidi,dal Manzanarre al Reno,di quel securo il fulminetenea dietro al baleno;scoppiò da Scilla al Tanai,dall’uno all’altro mar.Fu vera gloria? Ai posteril’ardua sentenza: nuichiniam la fronte al MassimoFattor, che volle in luidel creator suo spiritopiù vasta orma stampar.La procellosa e trepidagioia d’un gran disegno,l’ansia d’un cor che indocileserve pensando al regno;e il giunge, e tiene un premioch’era follia sperar;tutto ei provò: la gloriamaggior dopo il periglio,la fuga e la vittoria,la reggia e il tristo esiglio;due volte nella polvere,due volte sull’altar.Ei si nomò: due secoli,l’un contro l’altro armato,sommessi a lui si volsero,come aspettando il fato;ei fe' silenzio, ed arbitros’assise in mezzo a lor.E sparve, e i dì nell’oziochiuse in sì breve sponda,segno d’immensa invidiae di pietà profonda,d’inestinguibil odioe d’indomato amor.Come sul capo al naufragol’onda s’avvolve e pesa,l’onda su cui del misero,alta pur dianzi e tesa,scorrea la vista a scernereprode remote invan;tal su quell’alma il cumulodelle memorie scese!Oh quante volte ai posterinarrar sé stesso imprese,e sull’eterne paginecadde la stanca man!Oh quante volte, al tacitomorir d’un giorno inerte,chinati i rai fulminei,le braccia al sen conserte,stette, e dei dì che furonol’assalse il sovvenir!E ripensò le mobilitende, e i percossi valli,e il lampo de’ manipoli,e l’onda dei cavalli,e il concitato imperio,e il celere ubbidir.Ahi! Forse a tanto straziocadde lo spirto anelo,e disperò; ma validavenne una man dal cieloe in più spirabil aerepietosa il trasportò;e l’avviò, pei floridisentier della speranza,ai campi eterni, al premioche i desideri avanza,dov’è silenzio e tenebrela gloria che passò.Bella Immortal! beneficaFede ai trionfi avvezza!scrivi ancor questo, allegrati;ché più superba altezzaal disonor del Golgotagiammai non si chinò.Tu dalle stanche cenerisperdi ogni ria parola:il Dio che atterra e suscita,che affanna e che consola,sulla deserta coltriceaccanto a lui posò.

Mag 5, 2025 - 13:17
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Perché Alessandro Manzoni scrisse Il 5 maggio

Napoleone

Il 5 maggio è notoriamente una data storica: in questo giorno del 1821 morì infatti Napoleone Bonaparte. Una data entrata nelle memorie degli studenti di tutte le età, intenti nello studio del celebre componimento poetico dal titolo 'Il 5 maggio', scritto da Alessandro Manzoni.

Ancora oggi considerato uno dei poeti più influenti dell'800, ma anche dell'età contemporanea, Manzoni scrisse questa ode per celebrare la vita di uno dei personaggi più controversi della Francia ottocentesca. Napoleone Bonaparte fu un politico e generale francese, poi fondatore del Primo Impero francese che caratterizzò quella che oggi è conosciuta come età napoleonica.

Indice

  1. Manzoni, il 5 maggio è un tributo a Napoleone
  2. Testo 'Il 5 maggio', Alessandro Manzoni

Manzoni, il 5 maggio è un tributo a Napoleone

Era il 17 luglio 1821 quando Alessandro Manzoni apprese dalla Gazzetta di Milano della morte del generale francese, da tempo in esilio sull'isola di Sant'Elena. Il fatto sconvolse il poeta, che aveva avuto modo di conoscere il generale all'età di quindici anni, davanti al teatro alla Scala di Milano, e fu in quella occasione che rimase colpito dai suoi occhi penetranti (“i rai fulminei”) e dal suo carisma. Fu allora che Manzoni si rese conto di trovarsi davanti ad un personaggio che, nel bene e nel male, aveva caratterizzato il passaggio all'età contemporanea.

Nel parlarne, il Manzoni non ebbe mai particolari slanci: non lo si può annoverare tra gli estimatori del francese ma nemmeno tra i suoi detrattori. Semplicemente ne riconosceva la grandezza e il protagonismo storico. Ecco perché saputo della morte dell'ex Imperatore, il poeta fu travolto da una lunga riflessione di carattere storico ed etico. La notizia poi della conversione dell'ex generale, in punto di morte, addirittura commosse Manzoni. In preda alla commozione, fu allora che in appena tre giorni il poeta compose 'Il 5 maggio', nel tentativo di celebrare una figura sì controversa, ma decisiva nell'Europa ottocentesca.

Testo 'Il 5 maggio', Alessandro Manzoni

Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrà.
Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
serve pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell’ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
e d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
narrar sé stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l’avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.