Nell’“America profonda“ con il coraggio di Manuela
Manuela cara, il tuo romanzo d’esordio “L’incredibile storia di Callista Wood che morì otto volte” non mi è capitato fra...

Manuela cara, il tuo romanzo d’esordio “L’incredibile storia di Callista Wood che morì otto volte” non mi è capitato fra le mani per caso. Io al caso non credo o, se proprio c’è, ce lo siamo architettato noi stessi. Il tuo libro sembra infatti disporre delle coordinate e le chiavi giuste per interpretare questo oscuro presente e la cronaca più recente.
Siamo nel South Dakota, a pochi passi da una riserva indiana. In un locale è stata uccisa una giovane nativa, Callista Wood. Lo sceriffo che indaga raccoglie le confessioni di otto abitanti: ciascuno di loro si autodenuncia del delitto. Eppure. Eppure il mistero è ben lontano dall’essere risolto.
C’è un suggerimento, fra le scuole di scrittura, che dice: racconta solo ciò di cui sai. Cosa può sapere allora, verrebbe da chiedersi, una scrittrice che è nata e vive a migliaia di chilometri da quei territori, con un oceano in mezzo, di riserve indiane? Come mai subisce il fascino della “frontiera”, di quelle distese sterminate e quasi deserte, regno di scoiattoli e procioni? Come se le frontiere e gli spazi deserti, l’isolamento, lo spaesamento e la violenza, si trovassero solo a certe latitudini. O se da questa parte del mondo nulla sapessimo di gente costretta a vagare dopo che gli è stato sottratto il suo metro quadrato di terra. E se questo non fosse sufficiente, potremmo aggiungere le preziose parole che Chris Offut, uno dei più grandi scrittori nordamericani, spende nella prefazione al tuo romanzo: "Decidere di scrivere è un atto di fede. Uno scrittore deve credere fortemente che quanto inventa sulla pagina – le vite di persone immaginarie – possa essere interessante per gli sconosciuti che leggeranno il libro. Soprattutto, scrivere richiede il coraggio necessario a correre un rischio enorme: saltare nel vuoto senza alcuna protezione. Con questo romanzo, Manuela Montanaro ha dimostrato di avere questo coraggio".
Io, l’interesse di cui parla Offut, l’ho trovato a piene mani. Sarà per il bisogno di comprendere quel continente amico fino a ieri e che ora ci sembra rivale, quella “America profonda” spesso dimenticata, fatta di roulotte e case mobili, povertà e disagio ai quali reagisce con rabbia; sarà per le donne protagoniste, ognuna con una ferita o mancante di qualcosa, inchiodate all’eterno destino di dover pagare un biglietto d’ingresso per stare al mondo. Conquistare ogni piccola cosa a costo di fatiche enormi, rinunce, lutti. Quando addirittura non gli viene portata via la vita stessa. Il dolore privato e la rabbia dei singoli finiscono per sommarsi e avvelenare un’umanità intera, quando ritiene di essere stata violata e dimenticata. Dovremmo imparare dagli otto tuoi personaggi che si autoaccusano del delitto di Callista Wood, perché nella ferita di un singolo c’è spesso la mano di molti. Grazie per avercelo ricordato.