Mogol: «Battisti e Mango mi parlano dall’aldilà. Ho votato FI per Gasparri. Il mio sogno? Scrivere una preghiera universale con Papa Francesco»

Il paroliere e produttore discografico si racconta in una lunga intervista al Corriere della Sera: «Meloni? Mi sembra una che lavora dalla mattina alla sera» L'articolo Mogol: «Battisti e Mango mi parlano dall’aldilà. Ho votato FI per Gasparri. Il mio sogno? Scrivere una preghiera universale con Papa Francesco» proviene da Open.

Apr 20, 2025 - 17:48
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Mogol: «Battisti e Mango mi parlano dall’aldilà. Ho votato FI per Gasparri. Il mio sogno? Scrivere una preghiera universale con Papa Francesco»

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Dai successi musicali che hanno segnato la storia della canzone italiana alle amicizie profonde con i grandi cantautori fino ai contatti con l’aldilà e il rapporto con la politica. Giulio Rapetti, in arte Mogol, si racconta in una lunga intervista al Corriere della Sera. Alla soglia dei suoi 90 anni, il paroliere più famoso d’Italia ammette di avere «vissuto un vita incredibile», ma «ho corso molti pericoli, e ho rischiato la vita più di un volta», dice. Il produttore ripercorre con Aldo Cazzullo e Roberta Scorranese il viaggio in Australia, «a un certo punto mi fermai davanti a un’insenatura sul mare – spiega -. Non c’era nessuno, mi spogliai e mi tuffai: mi ritrovai circondato da pinne di pescecani». Come finì? «Tornai a riva nuotando lentamente e pregando». E ancora, le immersioni a Porto Rotondo: «Mi calai in acqua raccomandandomi a un tizio che credevo amico affinché mi seguisse con la barca. Peccato che lui si mise a corteggiare la baby-sitter del figlio, scordandosi di me. Si alzò il mare. Rischiai di morire: per fortuna che un altro, da lontano, mi vide mentre cercavo di risalire con tre bombole sulla schiena e mi salvò».

I primi passi: le traduzioni, Tenco, Mina e il rapporto difficile con Zucchero 

Scelse lo pseudonimo Mogol, per «non usare» il nome del padre. «Alla Siae ne portai una trentina, tra cui Zippo», racconta. La sua lunga carriera comincia con le traduzioni di alcuni successi stranieri. «Trasformai Space Oddity di David Bowie in Ragazzo solo, ragazza sola. Un successo. A David piacque così tanto che l’ha anche cantata, in italiano». Poi, il salto nel cantautorato italiano: da Luigi Tenco che «si era messo in testa di portare a Sanremo Ciao amore. Non ero d’accordo: il brano era quello, ma lui non era uno da Sanremo» al rapporto con Mina, descritta da Mogol come «una grande artista, anche se non volle Il mio canto libero». Gianni Morandi? «Voleva smettere di cantare, Ci chiudemmo in casa, in pigiama, Gianni si mise a suonare e io gli scrissi d’istinto Canzoni stonate. Rinacque». Con Zucchero, invece, un rapporto più difficile: «Pensare che gli ho fatto lezione per sei mesi», dice il paroliere, negando di avergli detto «Sei nel mare di merda», come sostenuto dal cantante emiliano. «No, gli dissi che lui era in cucina. E lo feci per spronarlo», afferma. 

Mango e Battisti mi parlano dall’aldilà

Poi l’incontro con Lucio Battisti e la successiva rottura ma «solo a livello professionale», sostiene. «Io rivendicavo un rapporto paritario nella distribuzione dei ricavi, cinquanta e cinquanta. Non andò così», sottolinea ancora Mogol. Nell’intervista, Mogol commenta anche le voci sulla vicinanza del cantautore “impegnato» agli ambienti di destra: «Non l’ho mai sentito parlare di politica, Lucio era al di fuori – spiega -. L’equivoco nacque per l’espressione “planando sopra boschi di braccia tese” contenuta ne La collina dei ciliegi, immagine poi finita sulla copertina di un disco. Ma le braccia erano tese per il Signore, non per il duce». Ma il rapporto con Battisti non si è spezzato con la morte, avvenuta nel 1998. «Un giorno – racconta Mogol – la mia segretaria mi dice che una medium si è messa in contatto con Battisti e che lui, dall’aldilà, ha da consegnare una canzone per me, intitolata L’arcobaleno. Ovviamente non la richiamo, anzi reagisco con fastidio. Passano i giorni quando sulla copertina della rivista Firma del Diners Club vedo una foto di Lucio circondato da un arcobaleno». Un’esperienza simile a quella vissuta con Mango: «Ero in auto con mio figlio Francesco, il più piccolo. Lui mi disse che aveva voglia di farmi ascoltare tutte e quattordici le canzoni che avevo scritto per Mango, da Oro a Mediterraneo a Come Monna Lisa. Mentre passava la musica, in un cielo azzurrissimo e senza una nuvola, scorgemmo una cosa molto strana: un arcobaleno che andava quasi a incastrarsi in una roccia ricurva, come un cerchio colorato. Non riuscivo a credere ai miei occhi. E la cosa incredibile fu che, arrivati a destinazione, ci raggiunse la notizia che Mango era morto».

Il rapporto con la politica

Alle ultime elezioni, il musicista ammette di aver votato «Forza Italia». «All’inizio – precisa – ho votato una volta Pci, poi socialdemocratico. Mi sentivo un liberale di sinistra, un riformista. Poi ho conosciuto una persona splendida, mio caro amico ancora oggi: Maurizio Gasparri». Che, a detta di Mogol, «fa moltissime cose per gli altri: la comunità di don Gelmini per i tossicodipendenti è andata avanti grazie a lui. Fa tanta beneficenza, infatti ci siamo conosciuti a una partita di calcio benefica. Io non guardo tanto il colore politico, quanto le persone, e quello che fanno in concreto. Anche Dario Franceschini, quando era ministro della cultura, ha fatto cose molto buone». E Giorgia Meloni?, chiedono i giornalisti. «Mi sembra una che lavora dalla mattina alla sera», replica Mogol che, infine, confida di avere un sogno nel cassetto. «Scrivere con Papa Francesco una preghiera universale, che valga per tutti gli uomini e le donne di questo mondo, senza distinzioni di lingua, religione, convinzioni».

Foto copertina: ANSA / Daniel Dal Zennaro | Il paroliere e produttore discografico italiano Giulio Rapetti Mogol dal palco dell’auditorium dell’Universitò IULM, 28 ottobre 2024

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