Marianne Faithfull in 10 canzoni

La cantante inglese ha avuto una carriera lunga e varia, legata alle agitazioni che hanno scosso la sua vita. Proviamo a ricostruire il suo percorso artistico attraverso una lista di dieci titoli (più bonus) che però non è un Best Of, anche perché sarebbe occupato per metà da brani di Broken English, capolavoro e disco della rinascita della cantante che consigliamo di ascoltare per intero. E non può essere nemmeno una selezione esaustiva del resto della sua produzione, data la lunghezza della carriera e l’alto livello mantenuto abbastanza costantemente da un certo punto in poi. Si tratterà quindi di un piccolo viaggio, teso a segnalare alcune delle tante canzoni valide ma soprattutto a scegliere quelle che possono illustrare meglio l’andamento e la forma, diciamo così, che ha preso il suo lungo percorso. 1. As Tears Go By Tutto comincia qui, e in un certo senso non solo per lei: questa pare sia la prima canzone composta dal duo Jagger-Richards quando il manager Andrew Loog Oldham li chiuse dentro una cucina dicendo loro che dovevano cominciare a scrivere brani originali, ed è anche l’esordio della cantante, che lo stesso Oldham nota a una festa e alla quale fa incidere il brano (doveva essere un lato B, ma il lato A funzionava poco). Parte così una carriera da anni ‘60, quella in cui i produttori decidono il repertorio e le cantanti ci mettono voce, viso e pochissima possibilità di decisione anche se Faithfull, accanto al disco di pop orchestrale, ottiene di inciderne uno più folk – che oltretutto vende di più dell’altro. La canzone ha una melodia semplice, efficace e di grande grazia, e già allora stupì che un testo che parla di rimpianti del passato fosse stato scritto da due poco più che ventenni e cantato da una diciassettenne. La sua carriera comincia così come andrà avanti: con la capacità di trovarsi dove stanno succedendo le cose più interessanti e lo sguardo al passato, anche se in questo caso è finzione poetica. Simbolo dell’iniziale innocenza (del repertorio e della vita), la canzone verrà reincisa con la “nuova” voce nel 1987 su Strange Weather, come a certificare i cambiamenti avvenuti, poi ancora nel 2016 in Negative Capability, album conclusivo anche se non l’ultimo della carriera, per chiudere il cerchio. 2. C’è chi spera Tra il suicidio di Luigi Tenco e alcune canzoni ricordate tuttora, l’edizione del 1967 del Festival di Sanremo non è certo passata alla Storia per la partecipazione alla kermesse della Nostra; ma oltre che per la curiosità, la canzone la menzioniamo perché fu in questa occasione che Jagger, che aveva una nota e discussa relazione con la cantante e l’aveva accompagnata in Italia, comprò le pasticche – legali da noi ma illegali in UK – oggetto delle principali accuse seguite all’irruzione della polizia nella villa di Keith Richards durante una festa debosciata. Di Marianne Faithfull si disse che in quel momento era nuda con solo una pelliccia addosso, fu inventata di sana pianta la storia del Mars e, messe insieme queste storie con l’anticonformismo della cerchia Stones, con il fatto che la cantante avesse un marito e un figlio contemporaneamente alla storia con Jagger, col fatto che alle donne certe cose venivano perdonate ancor meno che agli uomini (la figlia di una duchessa, poi…) ne vennero fuori aspre condanne pubbliche e un duro colpo alla sua vita: i successivi problemi di droga, prima e dopo essere lasciata da Jagger, poi più avanti gli anni passati da senzatetto tra le dipendenze, partono da qui. Il brano è un onesto beat-pop di quegli anni, che decisamente non lasciava supporre il seguito: a suo modo una svolta della carriera, ma non quella auspicata. 3. Dreamin’ My Dreams Una bella canzone ma non epocale. Tuttavia ha un peso perché fu il ritorno della cantante alla discografia: dopo Loveinamist nel ‘67 anno dello scandalo, non era praticamente uscito più nulla di suo: un greatest hits, il 45 giri di Sister Morphine ritirato quasi subito alla notizia dell’overdose nel 1969 e un album registrato e rimasto inedito (Rich Kid Blues, che uscirà nel 1985). Più importante ancora, arrivando al 1° posto in Irlanda fu anche il ritorno al successo, sia pure parziale: un successo inatteso come l’offerta di fare il disco e che porta all’allestimento di un gruppo per un tour, dal quale gruppo verrà fuori nel 1979 la rinascita di Broken English. Già qui si nota che la voce, già maturata in parte ai tempi dell’ultimo disco pubblicato, è diventata una cosa diversa rispetto al canto da usignolo degli inizi: col disco successivo sarà ancora più chiaro. 4. Sister Morphine Scritta insieme a Jagger e Richards nel ‘68, pubblicata e ritirata quasi subito (almeno in UK) poi incisa e portata alla ribalta nel ‘71 dagli Stones nel classico Sticky Fingers, questo spettrale quadro di un ricovero in ospedale (che sia per droga o meno) fu oggetto di una battaglia legale per il riconoscimento dei diritti d’autrice, assenti sul disco degli Stones, e che le verranno restituiti nei credits a parti

Apr 26, 2025 - 23:51
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Marianne Faithfull in 10 canzoni

La cantante inglese ha avuto una carriera lunga e varia, legata alle agitazioni che hanno scosso la sua vita. Proviamo a ricostruire il suo percorso artistico attraverso una lista di dieci titoli (più bonus) che però non è un Best Of, anche perché sarebbe occupato per metà da brani di Broken English, capolavoro e disco della rinascita della cantante che consigliamo di ascoltare per intero. E non può essere nemmeno una selezione esaustiva del resto della sua produzione, data la lunghezza della carriera e l’alto livello mantenuto abbastanza costantemente da un certo punto in poi.

Si tratterà quindi di un piccolo viaggio, teso a segnalare alcune delle tante canzoni valide ma soprattutto a scegliere quelle che possono illustrare meglio l’andamento e la forma, diciamo così, che ha preso il suo lungo percorso.

1. As Tears Go By

Tutto comincia qui, e in un certo senso non solo per lei: questa pare sia la prima canzone composta dal duo Jagger-Richards quando il manager Andrew Loog Oldham li chiuse dentro una cucina dicendo loro che dovevano cominciare a scrivere brani originali, ed è anche l’esordio della cantante, che lo stesso Oldham nota a una festa e alla quale fa incidere il brano (doveva essere un lato B, ma il lato A funzionava poco).

Parte così una carriera da anni ‘60, quella in cui i produttori decidono il repertorio e le cantanti ci mettono voce, viso e pochissima possibilità di decisione anche se Faithfull, accanto al disco di pop orchestrale, ottiene di inciderne uno più folk – che oltretutto vende di più dell’altro.

La canzone ha una melodia semplice, efficace e di grande grazia, e già allora stupì che un testo che parla di rimpianti del passato fosse stato scritto da due poco più che ventenni e cantato da una diciassettenne. La sua carriera comincia così come andrà avanti: con la capacità di trovarsi dove stanno succedendo le cose più interessanti e lo sguardo al passato, anche se in questo caso è finzione poetica.

Simbolo dell’iniziale innocenza (del repertorio e della vita), la canzone verrà reincisa con la “nuova” voce nel 1987 su Strange Weather, come a certificare i cambiamenti avvenuti, poi ancora nel 2016 in Negative Capability, album conclusivo anche se non l’ultimo della carriera, per chiudere il cerchio.

2. C’è chi spera

Tra il suicidio di Luigi Tenco e alcune canzoni ricordate tuttora, l’edizione del 1967 del Festival di Sanremo non è certo passata alla Storia per la partecipazione alla kermesse della Nostra; ma oltre che per la curiosità, la canzone la menzioniamo perché fu in questa occasione che Jagger, che aveva una nota e discussa relazione con la cantante e l’aveva accompagnata in Italia, comprò le pasticche – legali da noi ma illegali in UK – oggetto delle principali accuse seguite all’irruzione della polizia nella villa di Keith Richards durante una festa debosciata.

Di Marianne Faithfull si disse che in quel momento era nuda con solo una pelliccia addosso, fu inventata di sana pianta la storia del Mars e, messe insieme queste storie con l’anticonformismo della cerchia Stones, con il fatto che la cantante avesse un marito e un figlio contemporaneamente alla storia con Jagger, col fatto che alle donne certe cose venivano perdonate ancor meno che agli uomini (la figlia di una duchessa, poi…) ne vennero fuori aspre condanne pubbliche e un duro colpo alla sua vita: i successivi problemi di droga, prima e dopo essere lasciata da Jagger, poi più avanti gli anni passati da senzatetto tra le dipendenze, partono da qui.

Il brano è un onesto beat-pop di quegli anni, che decisamente non lasciava supporre il seguito: a suo modo una svolta della carriera, ma non quella auspicata.

3. Dreamin’ My Dreams

Una bella canzone ma non epocale. Tuttavia ha un peso perché fu il ritorno della cantante alla discografia: dopo Loveinamist nel ‘67 anno dello scandalo, non era praticamente uscito più nulla di suo: un greatest hits, il 45 giri di Sister Morphine ritirato quasi subito alla notizia dell’overdose nel 1969 e un album registrato e rimasto inedito (Rich Kid Blues, che uscirà nel 1985).

Più importante ancora, arrivando al 1° posto in Irlanda fu anche il ritorno al successo, sia pure parziale: un successo inatteso come l’offerta di fare il disco e che porta all’allestimento di un gruppo per un tour, dal quale gruppo verrà fuori nel 1979 la rinascita di Broken English.

Già qui si nota che la voce, già maturata in parte ai tempi dell’ultimo disco pubblicato, è diventata una cosa diversa rispetto al canto da usignolo degli inizi: col disco successivo sarà ancora più chiaro.

4. Sister Morphine

Scritta insieme a Jagger e Richards nel ‘68, pubblicata e ritirata quasi subito (almeno in UK) poi incisa e portata alla ribalta nel ‘71 dagli Stones nel classico Sticky Fingers, questo spettrale quadro di un ricovero in ospedale (che sia per droga o meno) fu oggetto di una battaglia legale per il riconoscimento dei diritti d’autrice, assenti sul disco degli Stones, e che le verranno restituiti nei credits a partire dalle ristampe del ‘91 del catalogo della band.

Ma la nostra comincia a “riprendersela” nel 1979, quando la incide per il lato B del singolo di Broken English in una versione alla quale la sua nuova voce cavernosa e vissuta dà una forza e un realismo che la delicatezza della prima incisione non raggiungeva, aumentando la forza icastica ad esempio di un verso allucinato come “why do the doctors have no face?”.

Sull’album del ritorno non c’è, se non nella versione deluxe di qualche anno fa, ma è perfettamente in linea coi suoi temi e con le atmosfere.

5. The Ballad of the Soldier’s Wife

Con Lost in The Stars, tributo a Kurt Weill e terzo album di questo tipo da lui realizzato, il produttore Hal Wilner centra due obiettivi: iniziare a diffondere anche nel rock sia questa formula (che di lì a poco conoscerà una fortuna che dura tuttora, grazie anche ai tanti altri che produrrà), sia la conoscenza del grande compositore tedesco, partner musicale di Bertolt Brecht prima e di altri drammaturghi dopo l’esilio americano.

La cover è stellare, Marianne Faithfull interpreta con profondità e pathos il dolore della vedova di guerra raccontato nel testo (che ha avuto due versioni e cinque messe in musica, ma la più celebre e celebrata è questa) e l’arrangiamento di Chris Spedding calza a pennello.

Inoltre il brano permette anche alla cantante di fare una doppia scoperta. In primo luogo, un amico e un partner musicale come Wilner, che produrrà vari suoi dischi – quelli all’insegna di una canzone vicina al jazz, raffinata in modo vintage, tra i quali Strange Weather (1987, l’album della definitiva rinascita, anche umana) e il notevole Easy Come, Easy Go (2008). Poi, nell’occasione scopre anche un autore particolarmente nelle sue corde come Weill, al quale dedicherà un disco (quello in cui esegue Seven Deadly Sins, 1998) e mezzo (il bel live 20th Century Blues, 1996, nel quale rivisita la canzone colta del ‘900 inserendo vari brani del compositore).

Tra questa canzone e quei dischi, c’è la partecipazione a The Wall – Live in Berlin, lo spettacolo-concerto pieno di grandi nomi con cui Roger Waters festeggia un anno dalla caduta del muro mettendo in scena il “suo” disco a tema. La Nostra viene chiamata a interpretare la madre del protagonista Pink in The Trial, climax dell’album e della storia e brano dall’andamento molto weilliano. La conferma? Nella stessa canzone, la parte della moglie di Pink è affidata a Ute Lemper, che al compositore tedesco all’epoca ha già dedicato tre dischi e altri ne seguiranno. Non un caso, evidentemente.

6. She

Dopo anni in cui si è dedicata alle retrospettive (l’intenso live Blazing Away, l’autobiografia e l’antologia intitolate entrambe Faithfull), il suo primo nuovo album dal 1987 la Nostra lo realizza nel 1995  insieme ad Angelo Badalamenti, portato alla ribalta pochi anni prima da David Lynch grazie alle amatissime colonne sonore realizzate per lui – su tutte quella per Twin Peaks – tanto per confermare che i musicisti nuovi e interessanti le interessano.

L’album è raffinato e ombroso come ci si poteva aspettare dai nomi in ballo, e viene anticipato, proprio sull’antologia dell’anno prima, da questa ispirata ballata malinconica e ariosa, un rimpianto in stile Hollywood ma con una vena visibile di tradizione italiana (e non solo per i mandolini), che in questo cupo disco suona come un’apertura di finestre mentre racconta di un amore bloccato dall’incapacità di comunicare e che fornisce il tema musicale che, accompagnato da versi di Dante e di Shakespeare, apre e chiude l’album.

7. Incarceration of a Flower’s Child

A proposito di Roger Waters, mentre prepara il disco Vagabond Ways, Faithfull chiede all’ex Pink Floyd se ha una canzone da darle, e lui le passa questa, scritta nel 1968 per raccontare quello che stava passando l’amico Syd Barrett e che però si adatta bene anche alla cantante per raccontare il suo periodo nero di emarginazione – e lei, come quasi sempre, se ne appropria a dovere con una performance intensa delle sue.

Di questa canzone si dice che era rimasta inedita, ma in realtà se ne sentono tracce in Your Possible Pasts, da The Final Cut: appare evidente che Waters ne ha riutilizzato delle parti, ma i due brani, a parte il ricordo, risultano piuttosto diversi per temi.

8. Sex With Strangers

Millennio nuovo, musica nuova, approccio… consueto: nei venti anni che precedono Kissin’ Time (2002), la Nostra non aveva mancato, come abbiamo detto, l’incontro con musicisti interessanti al momento giusto, ma l’orientamento generale più che verso il futuro era verso un vintage rinnovato.

A quel punto evidentemente era “time for sex with strangers” come dice questo brano che apre l’album, ovvero collaboratori nuovi: Beck, Billy Corgan, i Blur, Jarvis Cocker… troppi per qualcuno, ma il disco funziona proprio per la varietà compresa tra il futurismo electrofunk di questo brano (opera del signor Hansen), la chiusura con la dolce innocenza di Something Good (vecchio successo a firma Goffin/King, per l’esattezza I’m Into Something Good) e tutto quello che c’è in mezzo, compreso l’altezzoso autoritratto scrittole da Cocker in pieno stile Pulp Sliding Through Life On Charm.

Una canzone adatta a illustrare questo rinfrescamento di carriera che la vede anche più partecipe alla scrittura dei brani.

9. Late Victorian Holocaust

Difficile scegliere una canzone per rappresentare i tanti nuovi “strangers” arrivati nel nuovo millennio a lavorare nell’officina dei suoi dischi: alla fine ci orientiamo su Nick Cave che dopo aver scritto e suonato su Before The Poison (2005, cui partecipa anche PJ Harvey), torna a collaborare con un paio di brani su Give My Love To London (2014).

È un grande album che, mescolando rabbia, eleganza e malinconia riscatta qualche incertezza del precedente e funge un po’ da climax di carriera prima dei saluti e dei titoli di coda degli ultimi due.

Il testo di questa sommessa e intensa ballata, scritto da Re Inchiostro pescando nella sua storia personale di dipendenze e fondendola con quella della cantante, evoca con lirismo una lunga storia d’amore tra due tossicodipendenti che si svolge negli anni per le strade di Londra, e si colloca in linea col dialogo con la città sviluppato nel disco.

10. Born To Live

Dopo l’esempio di Blackstar e di You Want It Darker, in mezzo ai suoi vari personali problemi di salute (anche se tutti sconfitti, prima dell’ultimo) e alla scomparsa di tanti amici e colleghi, Marianne Faithfull realizza nel 2018 Negative Capability, album crepuscolare definito dall’autrice “il più sincero” tra quelli che ha fatto e col quale, parlando tra le altre cose di vecchiaia e solitudine, sembra voler chiudere un po’ di cerchi e salutare.

Tra i vari brani scegliamo questo, firmato da Ed Harcourt, che sembra un po’ una rivendicazione di quanto fatto e un po’ una risposta appunto alla vecchiaia e alla salute traballante, cantato con lenta determinazione. Una delicata ballata riflessiva che chiude questo viaggio, e anche il suo, non su una nota di debolezza e rassegnazione ma con orgoglio ribadito. Il video, composto di vecchi filmati casalinghi che la ritraggono in epoche lontane, aumenta l’impressione di chiusura e retrospettiva.

Il brano poi è stato tradotto in italiano da Colapesce e Dimartino e incluso ne I mortali2, la ristampa espansa del loro primo disco.

Bonus: So, We’ll Go No More A Roving

Così, non ce ne andremo più vagando
dentro alla notte fonda, tardi,
anche se il cuore è ancora innamorato,
e ancora splende limpida la luna

Il disco del 2018 è effettivamente un saluto e una chiusura della sua carriera, ma c’è spazio ancora per dei titoli di coda: nella fattispecie, un progetto che aveva in mente da tempo, ovvero un disco di letture di poeti romantici inglesi. Progetto da lady britannica colta col padre professore e la madre nobile ma centrato intorno a quelle poesie che a scuola studiano tutti, She Walks In Beauty, col suo modo di porgere i testi reso efficace sia da decenni di carriera nell’uso della voce sia dall’esperienza nella recitazione e l’accompagnamento suggestivo di Warren Ellis, suona come un saluto, specialmente in questa canzone che magari il suo autore Lord Byron intendeva come la fine di un amore (e così Joan Baez, che l’ha messa in musica nel 1964), ma quando la cantano Leonard Cohen 70enne o Marianne Faithfull in questo disco sembra che cantino la fine delle passioni, la chiusura di quel capitolo peraltro vicina alla chiusura del libro.

Una conclusione adeguata di una carriera e una vita a momenti ruvide ma vissute “on charm” inteso alla francese: con eleganza e fascino.

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