“Overgrown”: quando crescere è un ostacolo
Quand’è che si può dire di essere troppo cresciuti? Se ti ricordi la prima volta che hai ascoltato questo disco, o anche solo uno dei brani che contiene, probabilmente sai anche tu quanto la nostalgia sia uno dei sintomi di una eventuale “overgrowth”. Pensi che tutto era meglio prima, che il vento soffiava più forte,… L'articolo “Overgrown”: quando crescere è un ostacolo proviene da Dance Like Shaquille O'Neal.


Quand’è che si può dire di essere troppo cresciuti? Se ti ricordi la prima volta che hai ascoltato questo disco, o anche solo uno dei brani che contiene, probabilmente sai anche tu quanto la nostalgia sia uno dei sintomi di una eventuale “overgrowth”. Pensi che tutto era meglio prima, che il vento soffiava più forte, il cuore batteva più veloce. Ora hai cominciato a lavorare, l’università è lontana e anche il suono di Overgrown di James Blake, disco che oggi compie ben 12 anni, ti sembra qualcosa di ancestrale e non più raggiungibile.
Tuttavia, quando questa pietra miliare della musica contemporanea veniva alla luce, James Blake aveva accennato tra le righe la ragione dietro la scelta di questo titolo: ha parlato di una poesia, che ai tempi Complex aveva identificato con All overgrown by cunning moss, che Emily Dickinson aveva dedicato a Charlotte Bronte, scomparsa qualche anno prima. In quel contesto, l’ “overgrowth” è quella dei muschi e delle erbacce che hanno soffocato la gabbia in cui l’amica riposa. La crescita eccessiva è un ostacolo, un soffocamento, qualcosa che non fa più passare la luce.
In riferimento al fatto che il disco è tutto autoprodotto e sulle speculazioni di una collaborazione con Kendrick Lamar, al tempo James aveva detto: “Ho prodotto tutte le tracce in camera mia; non ho l’abitudine di andare in studio e strofinare due bastoncini tra loro per vedere cosa si accende. Provo a fare tutto più organicamente possibile, per me è un requisito imprescindibile” aveva raccontato sempre a Complex.
Ed è proprio di organicità e contatto umano che James Blake ha a gran voce detto di sentire la mancanza, il giorno che su Instagram, a seguito dell’uscita del suo ultimo disco Playing Robots Into Heaven, ha comunicato che sarebbe diventato un artista indipendente. “Sembra assurdo dirlo, ma dire che sono un artista indipendente mi dà la sensazione di avere molte possibilità di connettermi con voi” ha detto in un video esattamente un anno fa.
L’ “overgrowth” dell’industria pare aver soffocato James Blake dentro un sistema in cui il contatto con la sua fanbase sembrava troppo lontano rispetto ai tempi in cui timido ma determinato saliva sul palco del David Letterman Show a presentare il disco e la sua “Retrograde”.
“Why can’t I promote a show to people who follow me? How else am I supposed to let people know I’m playing? […] I refuse to subject my fans to the ridiculous amounts of unexplainable hidden fees they have to pay to come see me live. […] For so long artists and fans have been kept in separate rooms, and prevented from talking to each other about how bad it’s been getting. I wanna be in the same room as you, figuratively and literally”. Denunciando uno stato dell’industria gravemente malato, in cui l’artista è ridotto a un fantoccio intorno al quale cucire e ricucire guadagni, James Blake ha non solo rotto il silenzio su un tema sofferto da molt* artist* contemporanei, ma ha anche dimostrato la coerenza di una sensibilità che va oltre i suoi dischi, oltre l’udito.
Chi lo segue assiduamente sa anche che la piattaforma a cui Blake ha deciso di affidarsi si chiama Vault, ed è uno spazio che promette di mantenere il contatto artista – audience vivo e diretto.
L’industria è un macchinario imperfetto e abbagliante, la cui crescita selvaggia sempre più spesso rischia di soffocare la creatività e il contatto con la realtà di chi l’arte la crea, la pensa e ne fa una ragione di vita. In un mondo che ci ha abituato a credere che la musica sia gratis, e che l’attività degli artisti sia qualcosa che ci è dovuto, supportare i progetti artistici che amiamo, andando ai concerti e seguendo attivamente i loro canali più diretti per rimanere aggiornat* sulle iniziative, è sempre più importante. Oggi, a 12 anni dall’uscita di uno dei lavori più poetici e segnanti di James Blake, vogliamo ricordarlo.
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