L’Italia cresce più della Germania: "Pil sorretto da industria e turismo"

L’economista Fortis: nel silenzio dei commentatori siamo passati da debitori a Paese creditore "Ma non saranno i consumi interni a rendere la crescita strutturale. Serve un grande piano di investimenti".

Mag 1, 2025 - 06:16
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L’Italia cresce più della Germania: "Pil sorretto da industria e turismo"

È uno dei pochi economisti che da sempre difende lo "stellone" italiano, smentendo con i numeri alla mano "gufi" e "cassandre" fermi al racconto di un Paese da serie B. E ora che anche l’Istat certifica una accelerazione del Pil dello 0,3% del primo trimestre dell’anno, con una crescita acquisita dello 0,4%, Marco Fortis — una cattedra all’Università Cattolica, vicepresidente della Fondazione Edison — spiega in questa intervista i motivi dei risultati e, soprattutto, che cosa fare per conservarli.

Professore, che cosa succede all’Italia?

"Pochi si sono resi conto che non siamo più in coda alle classifiche della crescita. Anzi, per alcuni aspetti — e penso alla posizione patrimoniale — siamo creditori netti sull’estero, come la Germania, la Svezia e l’Olanda. Come a dire: siamo entrati nel ristretto club dei Paesi frugali".

Insomma, ha ragione il ministro dell’Economia Giorgetti ad esultare?

"Se esaminiamo la crescita degli ultimi sei mesi, notiamo che l’Italia è cresciuta dello 0,43%, la Germania è inchiodata sullo zero assoluto e la Francia è appena più su, allo 0,06%".

I motivi di questo trend?

"A trascinare il Paese c’è la domanda interna, che aumenta grazie agli investimenti del Pnrr. In più, come è successo nel 2023 e nel 2024, i consumi delle famiglie tengono perché è aumentato il monte salari, grazie alla crescita dell’occupazione".

Però il presidente Mattarella, proprio ieri, ha lanciato l’allarme sulle retribuzioni basse.

"Ci sono aree di sofferenza, fasce della popolazione che hanno sofferto di più l’inflazione. Questo è un problema".

Anche la produzione industriale continua a essere negativa.

"Certo, ma è un trend discendente in tutta Europa, incardinato nella crisi della Germania e dell’automotive. Un settore che in Italia sta quasi scomparendo, visto che siamo tornati ai livelli produttivi degli anni ’50".

Come si giustifica l’accelerazione della crescita?

"Abbiamo un sistema produttivo che si è diversificato, con punte di eccellenza come quelle dell’alimentare o della farmaceutica. E non va trascurato, ovviamente, il turismo. È vero che, per effetto del calo demografico, quello nazionale è stazionario. Ma sono fortemente cresciute le presenze estere, con un aumento del numero dei pernottamenti che, fra il 2019 e il 2024, ha superato i 30 milioni. Meglio addirittura della Spagna. In sintesi, siamo la seconda manifattura d’Europa, veniamo subito dopo la Spagna per il turismo straniero e abbiamo un settore agricolo competitivo".

All’orizzonte, non mancano i nuvoloni: il dato Istat non considera l’incognita dazi.

"Siamo sempre sul terreno degli annunci ed è difficile capire che cosa succederà. Ma se anche scoppiasse una guerra commerciale, sarebbe un problema per tutti. Personalmente sono convinto che gli Usa si muoveranno con cautela e che Trump sarà fatalmente costretto alla retromarcia. In più, l’Italia, come riconosciuto dalle agenzie di rating, potrebbe resistere meglio degli altri per una composizione più articolata dell’export e per la possibile ripresa dei consumi da parte della Germania, che ha varato un importante piano di sostegno all’economia".

Come fare per rendere strutturale questa crescita?

"Gli ultimi dodici anni dovrebbero insegnarci che, con una popolazione che cala, non possiamo scommettere solo sulla crescita dei consumi. Occorre puntare sugli investimenti. Lo abbiamo fatto con il grande piano di Industria 4.0, che ha riempito le nostre fabbriche di robot. Poi, dopo il Covid, sono arrivati gli investimenti dell’edilizia privata, con il Superbonus. Infine, quelli pubblici del Pnrr. Occorre far ripartire il ciclo, magari con una versione aggiornata di Industria 5.0, in grado di farci uscire da un eventuale ciclo recessivo".