Il futuro del giornalismo. “Avrà un compito diverso. Sempre più interpretativo”
Un mestiere in evoluzione, alle prese con fake news e intelligenza artificiale Al centro dell’ultimo libro di Carlo Sorrentino: martedì la presentazione

Firenze, 3 maggio 2025 – “Il giornalismo ha un futuro perché senza la condivisione di informazioni non è possibile la coesione sociale”. A dirlo è Carlo Sorrentino (in foto), professore di Sociologia dei processi culturali e Giornalismo e sfera pubblica all’Università di Firenze, che martedì pomeriggio alla Feltrinelli di piazza della Repubblica (ore 18) presenta il suo ultimo libro, ‘Il giornalismo ha un futuro’ (Il Mulino, 2025) insieme alla vicedirettrice de La Nazione Cristina Privitera e a Raffaele Palumbo di Controradio.
Professore, lei è ottimista sul giornalismo. Che futuro si prospetta?
“Sarà diverso da come lo conosciamo, perché tutti abbiamo accesso a tutto. Sarà sempre più rilevante il lavoro di interpretazione, perché più notizie ci sono, più è necessario che qualcuno ce le spieghi”.
Un giornalismo più interpretativo per una maggiore disintermediazione?
“Esattamente. Facciamo l’esempio del Covid. In quel momento tutti leggevamo i dati della Protezione civile. Poi, però, servivano i giornalisti che selezionavano e verificavano, ci dicevano se quei numeri fossero molti o pochi. Delle cinque domande che stanno alla base del giornalismo (Chi, Cosa, Dove, Quando e Perché) diventa sempre più importante il ‘Perché’. Abbiamo, poi, altri problemi: l’80% della pubblicità viene raccolta da poche piattaforme e la maggior parte dei proventi viene indirizzata verso il distributore. Il giornalismo si trova così a fare di più con meno. Questo ha prodotto scorciatoie: un’informazione più spettacolarizzata e meno controllata. Tutti, infine, ci siamo convinti che con il digitale l’informazione sia gratuita”.
L’informazione, infatti, non può essere a costo zero.
“L’informazione ha un costo. Paghiamo tutto, dal pane allo streaming, ma non le notizie. Poi, dovremmo puntare sull’alfabetizzazione digitale, che significa comprendere le fake news e controllare la credibilità di un’informazione”.
Come si immagina questa educazione?
“Si deve partire dalle scuole, da un’educazione civica. Perché in questo modo possiamo gestire la nostra vita e votare più consapevolmente. Se, poi, ognuno si fa la sua informazione, la società si disgrega. Oggi Peppone e Don Camillo non avrebbero nessun canale comunicativo in comune. Non avrebbero nemmeno di che litigare”.
Quali sfide, invece, si aprono con l’Intelligenza Artificiale?
“L’Ia può essere un alleato, può curare gli aspetti più ripetitivi, gestendo ingenti quantità di dati e riservando ai giornalisti il compito di fare approfondimenti. Dipende poi dalla gestione, se alcuni editori la utilizzeranno per risparmiare, allora sarà un impoverimento”.