L’Europa è debole in politica, forte sui mercati

Ieri il Dax di Francoforte ha chiuso in rialzo dell’1,3%, nuovo record, l’indice S&P500 di Wall Street guadagna da inizio anno solo il 4%.I leader europei non trovano una linea comune sull’invio di truppe di pace in Ucraina. Alla vigilia dell'incontro a Riad tra le delegazioni americana e russa, il primo dall'inizio della guerra, Mosca detta le condizioni. ”Nessuna concessione territoriale”, ha detto il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. Unicredit-Generali. A quanto risulta al Sole 24Ore, nei giorni scorsi si è tenuto un incontro riservato tra Andrea Orcel e Philippe Donne.

Feb 18, 2025 - 09:09
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L’Europa è debole in politica, forte sui mercati

L’assenza degli investitori statunitensi non rallenta il rialzo delle borse mondiali, soprattutto in Europa e in Cina.

Ieri il Dax di Francoforte ha chiuso in rialzo dell’1,3%, nuovo record. Il Ftse Mib di Milano è salito dello 0,9%, nuovo massimo di lunghissimo periodo. Il primo guadagna da inizio anno il 12%, il secondo il 14,5%. L’Europa è di certo in questo momento fuori dai giochi dell’iniziativa diplomatica e politica ma il mercato non sembra curarsene, preferendola a Wall Street: l’indice S&P500 guadagna da inizio anno solo il 4%. L’indice Stoxx600, che include anche i paesi dell’Europa fuori dall’euro, è in rialzo del 9,4% nello stesso arco di tempo.

I future danno come probabile un avvio di seduta intorno alla parità.

I suoi principali leader si sono incontrati e hanno discusso ieri a Parigi, ma poi hanno lasciato l’Eliseo senza aver trovato una linea comune, a cominciare dall'ipotetico invio di truppe di pace in Ucraina auspicato dalla Francia. Dopo più di tre ore, i capi dei governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Polonia e Olanda - alla presenza dei vertici Ue e della Nato - si sono trovati solo sui principi generali, ovvero sulla necessità di condividere le scelte con gli Stati Uniti, l'esigenza di garantire una pace giusta e di proteggere l'Ucraina. Macron ha addirittura fatto precedere la riunione da un gesto eloquente, una telefonata di una ventina di minuti con Donald Trump, un segnale di mano tesa e di volontà di collaborazione. Ma non è bastato. Il primo ad uscire dalla riunione è stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ribadendo la necessità che Europa e Stati Uniti agiscano "sempre insieme" per la sicurezza di tutti.

Quanto invece al dossier che più di ogni altro ha spaccato i partecipanti, il possibile invio di truppe in Ucraina, il cancelliere è il capofila di quelli che non ne vogliono neppure sentir parlare, almeno per il momento. Arrivata per ultima al vertice, quando tutti erano seduti attorno al tavolo già da un'ora, anche Giorgia Meloni non ha nascosto le sue perplessità, a partire dal formato ristretto della riunione, che ha escluso ad esempio gli Stati baltici e del Nord, i più esposti al rischio di estensione del conflitto. Non si possono apparecchiare caminetti "anti-Trump", né scegliere una linea in contrasto con gli Stati Uniti, sarebbe stato il senso del ragionamento della premier, secondo cui l'opzione di inviare truppe europee di deterrenza in Ucraina sarebbe "la più complessa e la meno efficace", soprattutto senza adeguate "garanzie di sicurezza" per Kiev. Non chiude all’invio di truppe Keir Starmer, primo ministro britannico che la settimana prossima andrà a Washington da Trump e vorrebbe ricoprire il ruolo di "facilitatore" fra Europa e Usa. Come lui la pensa anche la Svezia, che pure non partecipava alla riunione.

“Siamo convinti che gli europei dovranno investire meglio, di più e insieme per la loro sicurezza e difesa, oggi e in futuro": lo scrive il presidente francese, Emmanuel Macron, in un messaggio pubblicato a tarda notte su X, dopo il vertice informale di Parigi per studiare una strategia comune europea dinanzi agli Stati Uniti di Donald Trump. "Per fare questo, gli europei vogliono accelerare l'attuazione della propria agenda di sovranità, sicurezza e competitività. I lavori proseguiranno sulla base delle proposte della Commissione Ue, sia sul sostegno all'Ucraina che sullo sviluppo e sugli investimenti nella nostra difesa”. In prima serata, Olaf Scholz aveva parlato della necessità di un aumento del "finanziamento" allo sforzo europeo per la sicurezza, accettando di andare oltre le regole di bilancio, di solito invalicabili per la Germania

Alla vigilia dell'incontro a Riad tra le delegazioni americana e russa, il primo dall'inizio della guerra, Mosca detta le condizioni. ”Nessuna concessione territoriale”, ha detto il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, che si è detto anche contrario alla partecipazione dell’Europa ai colloqui: "Gli europei non hanno perso la loro filosofia. Non so cosa dovrebbero fare al tavolo delle trattative. Se escogitano qualche idea astuta per congelare il conflitto e con le loro consuetudini, disposizioni e abitudini intendono continuare la guerra, allora perché invitarli lì?” Lavrov è il diplomatico di più lungo corso al mondo e la figura chiave della delegazione russa, composta anche dal consigliere diplomatico del Cremlino Iuri Ushakov. E, forse, pure da Kirill Dmitriev, l'oligarca consigliere del Cremlino che ha giocato un ruolo dietro le quinte nel recente scambio di prigionieri con Washington.

Il presidente ucraino, che ha escluso di avallare accordi presi alle spalle del proprio Paese e degli europei, vola domani in Turchia e dopodomani (con la moglie) in Arabia Saudita per una visita ufficiale "pianificata da tempo", ma senza avere in programma incontri con dirigenti russi o americani. Certo, la coincidenza temporale sembra sospetta. Ma quando ha messo in chiaro che vuole andare anche lui ai colloqui si è sentito dire "no, tu no". Almeno per ora.

La valuta unica si è leggermente indebolita ieri, in assenza di spunti particolari, a 1,045 su dollaro.

Ebury società fintech specializzata in pagamenti e incassi internazionali, soluzioni di gestione del rischio cambio e finanziamenti all’importazione, sul mercato valutario, non si aspetta, da questi livelli del cambio, un’ulteriore rivalutazione dell’euro, “a meno che non si cominci a vedere una riduzione del divario di performance economica tra le due sponde dell'Atlantico”. E’ vero che i dazi non sono imminenti, ma la minaccia resta ed è seria. Il cross potrebbe reagire oggi alla pubblicazione del sondaggio ZEW sulle aspettative degli investitori tedeschi, da seguire venerdì dall'indice PMI flash di febbraio sul sentiment dei manager d’impresa.

L'indice MSCI Asia Pacific è in rialzo dello 0,3%, con i titoli tecnologici quotati a Hong Kong, Alibaba, Tencent e Xiaomi a dare la spinta maggiore. L’indice Hang Seng guadagna lo 0,9%, dal +2% di stanotte. Ha girato in ribasso l’indice CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen, -0,4%.

L'incontro con Xi, a cui hanno partecipato personaggi del calibro di Jack Ma di Alibaba, ha ispirato la speranza che la seconda economia mondiale possa fare di più per sostenere il settore privato

Scende la borsa di Sidney dopo la decisione della Reserve Bank di tagliare i tassi di interesse di un quarto di punto, nel comunicato, la banca centrale esprime cautela sulla possibilità di proseguire sulla via dell’allentamento monetario.

Salgono i mercati azionari della Corea, del Giappone e di Taiwan. Si mettono in luce titoli della difesa a Tokyo e Seul, sulle aspettative di un aumento della spesa per le armi in Europa.

Unicredit-Generali. A quanto risulta al Sole 24Ore, nei giorni scorsi si è tenuto un incontro riservato tra il numero uno della banca di piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel, e l’amministratore delegato del Leone, Philippe Donnet. Contattate, le due società non hanno commentato.

Non è noto il contenuto del dialogo tra i due manager, ma è evidente che il meeting cade in un momento delicato alla luce della contesa per il rinnovo dei vertici del Leone, i cui destini saranno decisi dall’assemblea prevista il prossimo 8 maggio. In questo scenario, UniCredit è destinata ad avere un peso rilevante, visto che oggi detiene un pacchetto di azioni del 5,229% (il 4,184% del quale con diritti di voto riferibili ad azioni, il resto è in posizioni lunghe).

È del tutto probabile che, ragionevolmente tramontata l’ipotesi di riproporre una lista del consiglio, la disponibilità a un altro mandato da parte del ceo di Generali, Philippe Donnet, trovi riscontro in una lista di maggioranza, che verrebbe presentata come in passato dal primo azionista Mediobanca, a supporto della strategia portata avanti da Donnet con il piano industriale appena approvato dal board e illustrato al mercato.

Dall’altra parte ci sono gli altri due soci di peso di Generali, ovvero la Delfin della famiglia Del Vecchio (9,9%) e Caltagirone (6,7%),