Lettera Larry Fink: "Tokenizzazione cambia tutto, rende l'investimento più democratico"

Il Chairman e CEO di BlackRock dedica parte della sua lettera annuale agli investitori al potenziale della tokenizzazione. “Ogni azione, ogni obbligazione, ogni fondo - ogni asset - può essere tokenizzato. Se lo saranno, rivoluzioneranno gli investimenti”, prevede. L'articolo Lettera Larry Fink: "Tokenizzazione cambia tutto, rende l'investimento più democratico" proviene da FundsPeople Italia.

Apr 1, 2025 - 22:50
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Lettera Larry Fink: "Tokenizzazione cambia tutto, rende l'investimento più democratico"

La tokenizzazione cambia tutto. La tokenizzazione è democratizzazione. "Ogni azione, ogni obbligazione, ogni fondo - ogni asset - può essere tokenizzato. Se ci riusciremo, sarà una rivoluzione per il mondo degli investimenti". Sono parole di Larry Fink, CEO di BlackRock, contenute nella sua lettera annuale agli investitori. Nella sua missiva del 2025, ormai diventata un punto di riferimento per il settore, il numero uno della più grande società di gestione al mondo ha dedicato ampio spazio a quella che definisce una svolta epocale.

Se l’industria adotterà la tokenizzazione, i mercati non avranno più bisogno di chiudere. “Le transazioni che oggi richiedono giorni si potrebbero regolare in pochi secondi. E miliardi di dollari attualmente immobilizzati a causa dei ritardi nei regolamenti potrebbero essere reinvestiti immediatamente nell’economia, generando ulteriore crescita”, prevede Fink.

Come ricorda il CEO di BlackRock, il denaro nel mondo continua a muoversi su un’infrastruttura creata in un’epoca in cui gli ordini venivano urlati nei floor di borsa e il fax rappresentava una rivoluzione. La Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT) è il sistema che regge trilioni di dollari di transazioni globali ogni giorno, e funziona come una staffetta: le banche si passano le istruzioni l’una all’altra, controllando meticolosamente ogni dettaglio. “Questo approccio aveva senso negli anni Settanta, in un’era analogica in cui i mercati erano molto più piccoli e le transazioni quotidiane molto meno numerose. Ma oggi, dipendere da SWIFT è come inviare un’email tramite il servizio postale”, afferma con decisione.

La tokenizzazione cambia tutto

“La tokenizzazione cambia tutto. Se SWIFT è il servizio postale, la tokenizzazione è l’email: gli asset si muovono in modo diretto e istantaneo, senza bisogno di intermediari”, insiste Fink. La tokenizzazione consiste essenzialmente nel convertire asset del mondo reale - azioni, obbligazioni, immobili - in token digitali negoziabili online. Ogni token certifica la proprietà su uno specifico asset, come fosse un atto notarile in formato digitale. A differenza dei certificati cartacei tradizionali, questi token vivono in modo sicuro su una blockchain, permettendo acquisti, vendite e trasferimenti istantanei, senza burocrazia né attese.

Per Fink, la tokenizzazione non è solo una questione operativa. “La tokenizzazione rende l’investimento molto più democratico”, afferma. Può democratizzare l’accesso grazie alla proprietà frazionata, permettendo che gli asset siano suddivisi in parti infinitamente piccole e abbattendo così una delle barriere principali all’investimento in asset di alto valore precedentemente inaccessibili, come il real estate privato o il private equity. Può democratizzare il diritto di voto tra gli azionisti. Può democratizzare i rendimenti, perché alcuni investimenti offrono ritorni molto superiori ad altri, ma finora solo i grandi investitori vi potevano accedere.

La sfida: la verifica dell’identità

Infatti, Fink ritiene che un giorno i veicoli tokenizzati saranno familiari agli investitori quanto lo sono oggi gli ETF, a patto che venga risolto un problema fondamentale: la verifica dell’identità. Le transazioni finanziarie richiedono controlli rigorosi sull’identità. Apple Pay e le carte di credito gestiscono la verifica dell’identità senza problemi, miliardi di volte al giorno. Le piattaforme di trading come il NYSE o MarketAxess ottengono lo stesso risultato nella compravendita di titoli. “Ma gli asset tokenizzati non passeranno per questi canali tradizionali, quindi serve un nuovo sistema di verifica digitale dell’identità. Sembra complesso, ma l’India, il paese più popoloso del mondo, l’ha già fatto: oggi, oltre il 90% degli indiani può verificare le transazioni in modo sicuro direttamente dallo smartphone”, spiega Fink.

BlackRock non vuole più essere un “gestore tradizionale”

La lettera annuale di Larry Fink è sempre stata un buon barometro per capire la direzione strategica di BlackRock. Se prendiamo come riferimento il messaggio del 2025, possiamo dedurre che i mercati privati saranno uno dei grandi focus della società nel breve termine. Le parole di Fink sono una chiara dichiarazione d’intenti: “BlackRock ha sempre avuto un piede nei mercati privati. Ma siamo stati, prima di tutto, una società di gestione tradizionale. Così abbiamo iniziato il 2024. Ma non lo siamo più”.

Le parole del CEO sono coerenti con le mosse fatte da BlackRock negli ultimi 14 mesi: l’acquisizione di due delle principali società attive nei segmenti a più rapida crescita dei mercati privati (infrastrutture e credito privato) e l’acquisto di Preqin per potenziare la qualità dei dati e delle capacità analitiche.

Per Fink, la ragione dell’accesso limitato ai mercati privati è sempre stata legata al rischio: “Illiquidità. Complessità. Per questo solo alcuni investitori possono accedervi. Ma in finanza nulla è immutabile”, osserva.
Secondo il CEO, i mercati privati non devono necessariamente essere così rischiosi, opachi o inaccessibili. “Non se l’industria è disposta a innovare – ed è esattamente su questo che abbiamo lavorato in BlackRock nell’ultimo anno”, spiega.

Dal 60/40 al 50/30/20: il confine tra quotato e privato si fa più sottile

Per Fink, la bellezza di investire nei mercati privati non sta nel possedere un ponte, un tunnel o una media impresa in sé, ma in come questi asset completano azioni e obbligazioni: la diversificazione. “Man mano che il sistema finanziario globale evolve, il classico portafoglio 60/40 potrebbe non rappresentare più una vera diversificazione. Il portafoglio standard del futuro potrebbe assomigliare di più a un 50/30/20 – azioni, obbligazioni e asset privati come immobiliare, infrastrutture e credito privato”, prevede.

Come per la tokenizzazione, Fink è consapevole delle sfide. “L’industria non è strutturata per un mondo 50/30/20”, ammette. È ancora divisa, in gran parte, tra gestori tradizionali concentrati esclusivamente sul 50/30 (azioni e obbligazioni) e società specializzate nei mercati privati, che dominano quel 20% rappresentato dagli asset alternativi.

Ma lancia anche un messaggio chiaro: “Il divario tra mercati quotati e privati è una questione complessa, ma risolvibile”. BlackRock, ricorda, ha già superato ostacoli simili. Prima della dicotomia tra quotato e privato, esisteva quella tra gestione attiva e passiva. “L’industria agiva come se si dovesse scegliere un campo, come se questi due approcci fossero incompatibili”, ricorda Fink. E tutti sappiamo com’è andata a finire quella storia.

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