L’economista draghiano Giavazzi si scopre meloniano sui dazi
L'economista draghiano Francesco Giavazzi la pensa come Giorgia Meloni sulla sconvenienza, per l'Ue, di rispondere ai dazi americani. Ecco cosa dice uno studio commissionato dal Parlamento europeo e cosa ha dichiarato la presidente del Consiglio

L’economista draghiano Francesco Giavazzi la pensa come Giorgia Meloni sulla sconvenienza, per l’Ue, di rispondere ai dazi americani. Ecco cosa dice uno studio commissionato dal Parlamento europeo e cosa ha dichiarato la presidente del Consiglio
La Commissione europea vuole rispondere ai dazi sull’alluminio e l’acciaio imposti da Donald Trump applicando delle contromisure sulle importazioni di prodotti statunitensi per un valore di 26 miliardi di dollari. Queste contromisure commerciali, spiega Bruxelles, entreranno in vigore verso la metà di aprile, “dopo aver consultato gli stati membri e le parti interessate”.
Se la Commissione spinge per una risposta proporzionata ai dazi, che potrebbe però degenerare in una trade war con l’America, dal Parlamento europeo arriva invece un invito alla moderazione. Uno studio commissionato dalla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo (Econ) afferma che “mentre gli effetti diretti dei dazi sono mitigati dagli aggiustamenti dei tassi di cambio e dalle politiche della Bce, rischi più ampi derivano dalle perturbazioni del commercio globale e dal contagio finanziario. L’aumento dei premi per il rischio sulle obbligazioni statunitensi aumenta i costi di finanziamento europei, ponendo sfide fiscali”.
NON SOLO GIAVAZZI: TUTTI GLI AUTORI DELLO STUDIO DELL’ECON
Intitolato Euro Area Risks Amid US Protectionism, lo studio analizza l’impatto delle politiche commerciali protezionistiche statunitensi sull’economia dell’eurozona e invita l’Unione a rinunciare ai contro-dazi.
Gli autori sono tutti economisti italiani o di università italiane: Laura Bottazzi dell’Università di Bologna; Carlo Favero, Ruben Fernandes-Fuertes, Francesco Giavazzi e Tommaso Monacelli della Bocconi; Veronica Guerrieri e Guido Lorenzoni della University of Chicago Booth School of Business.
L’UNIONE EUROPEA RINUNCI AI DAZI PER CONCENTRARSI SULLA DIVERSIFICAZIONE E SULL’INNOVAZIONE
“L’Europa dovrebbe evitare il protezionismo reazionario, poiché ampie tariffe di ritorsione aggraverebbero le tensioni economiche anziché alleviarle”, si legge. “Una strategia incentrata sulla diversificazione degli scambi, sugli incentivi all’innovazione e sulla flessibilità monetaria permetterebbe invece all’Europa di assorbire meglio le ricadute negative delle politiche commerciali statunitensi. In particolare, la promozione di legami commerciali più forti con partner alternativi e il mantenimento di un sistema commerciale aperto e basato su regole saranno fondamentali per sostenere la crescita a lungo termine”.
IL RISCHIO CINESE E LE ALTRE CONCLUSIONI DELLO STUDIO
“Mentre le esportazioni europee verso gli Stati Uniti potrebbero subire un calo a causa dell’aumento dei dazi doganali, il deprezzamento dell’euro può parzialmente compensare questi effetti migliorando la competitività sui mercati globali. Inoltre, la flessibilità della politica monetaria rimane uno strumento cruciale per attenuare le pressioni contrazionistiche dei dazi statunitensi. Tuttavia, una risposta mal calibrata, in particolare un atteggiamento eccessivamente restrittivo da parte della Bce, potrebbe amplificare il rallentamento economico anziché contrastarlo”.
Gli autori dello studio, poi, invitano le autorità europee a prestare attenzione al rischio di un “secondo shock cinese”, cioè una situazione nella quale in cui le esportazioni cinesi, impossibilitate di fatto ad accedere al mercato americano per via delle alte tariffe, vengano reindirizzate sui mercati europei, inondandoli e danneggiando la produzione locale. “Sebbene le reti di sicurezza sociale e le politiche industriali europee forniscano un certo isolamento, è necessaria una risposta politica ben coordinata per evitare eccessive interruzioni settoriali”, scrivono gli autori.
GIAVAZZI DA DRAGHIANO A MELONIANO?
Le conclusioni dello studio commissionato dall’Econ sono simili alle posizioni espresse dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenuta ieri in Senato in vista del Consiglio europeo del 20 marzo. A proposito delle tariffe di Trump e delle contromisure annunciate dalla Commissione europea, infatti, Meloni ha detto di non essere convinta “che sia necessariamente un buon affare rispondere ai dazi con altri dazi”.
“Se è vero che i dazi imposti sulle merci extra Ue possono teoricamente favorire la produzione interna”, ha dichiarato Meloni, “in un contesto fortemente interconnesso come quello delle economie europea e statunitense, il quadro si complica. I dazi possono facilmente tradursi in inflazione indotta, con la conseguente riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e il successivo innalzamento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea per contrastare il fenomeno inflattivo, come abbiamo già visto. Risultato: inflazione e stretta monetaria che frenano la crescita economica”.
Le conclusioni dell’economista draghiano Giavazzi e della presidente del Consiglio – il cui partito, Fratelli d’Italia, era all’opposizione negli anni del governo di Mario Draghi – sono dunque le stesse.