Caro Michele Serra, leggo e sento ancora troppe putinate sull’Ucraina
Riflessioni a margine della manifestazione a piazza del Popolo organizzata da Michele Serra.

Riflessioni a margine della manifestazione a piazza del Popolo organizzata da Michele Serra
Dopo le sue Idi di marzo (la manifestazione in Piazza del Popolo il 15 scorso), a Michele Serra qualche merito va riconosciuto. In particolare, quello di aver fatto uscire allo scoperto i “trinariciuti” di casa nostra, che hanno criticato “da sinistra” (nella sua componente reazionaria) l’iniziativa di Serra perché troppo poco pacifista e ancor meno decisamente contraria all’Europa guerrafondaia.
Basta scorrere i social per avere la rappresentazione di un Paese squallido, dove il solo argomento del dibattito è l’insulto a chi non si adegua al “politicamente corretto”, che resta ancora quello imposto dall’egemonia (sub)culturale della sinistra. Anche i disertori dalla chiamata di Repubblica qualche ragione ce l’hanno. Sul palco a dire la loro erano stati chiamati i soliti noti, quelli che non mancano mai nei talk show de La7 e che per educazione evitano – perché non vogliono somigliare a Matteo Salvini – prese di posizione brutali e riescono sempre a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, nel senso che riconoscono in Putin l’aggressore, ma sono pronti a tutto pur di raggiungere una pace purchessia che (come ha detto Serra) ci restituisca la tranquillità e forniture di energia a costi inferiori.
Un tempo si diceva che la libertà consiste nel sentire suonare il campanello al mattino e pensare che sia il lattaio. Oggi la libertà è legata all’importo delle bollette. A parte gli incontentabili critici, Michele Serra ha raccolto gli apprezzamenti “là dove si puote ciò che si vuole”. L’ottimismo della volontà ha prevalso sul pessimismo dell’intelligenza, al punto da mettere in sordina nei commenti le ambiguità della manifestazione e il suo “parlare d’altro” rispetto ai problemi all’ordine del giorno. Nessuno ha voluto approfondire alcuni passaggi oscuri dei tanti discorsi fatti da Serra, prima, nella presentazione della sua iniziativa, poi in piazza.
Per quanto mi riguarda, c’è una frase che mi piacerebbe chiarire perché attiene al merito del negoziato in corso tra Trump e Putin: “Tutti sono d’accordo – sono parole di Serra – sull’esigenza di proteggersi e di difendere noi stessi: difendere cioè non dei territori, ma dei valori, come la libertà e la democrazia“.
Che cosa intendeva dire lo scrittore con questa affermazione? Forse che gli ucraini sbagliano a non voler rinunciare ad un quinto del loro territorio? Ma la libertà e la democrazia non si difendono su di una nuvola, ma su di un pezzo di terra che si chiama patria; entro confini sicuri, garantiti dai trattati (nel caso dell’Ucraina il memorandum di Budapest del 1994, sottoscritto da tutte le grandi potenze compresa la Russia) e dal diritto internazionale.
Quando le “anime belle” aborriscono le armi ed invocano il negoziato, immaginano che l’oggetto della trattativa e il prezzo della pace siano la disponibilità ad aderire alle richieste del vicino più forte nell’auspicio che sia clemente. Putin rivendica la “zona di influenza” che fu concessa all’URSS dopo la seconda guerra mondiale a Yalta e che non le è stata sottratta con la forza militare dell’Occidente, che ha sempre evitato con cura di valicare la Cortina di ferro anche quando l’Armata rossa o le truppe del Patto di Varsavia riportavano l’ordine nei paesi satelliti costretti a subire i regimi istituzionali e politici e gli ordinamenti economici imposti dal Cremlino.
Per Mosca il modello a cui attenersi, oggi, è quello della Bielorussia, a cui dovrebbero adeguarsi uno dopo l’altro anche gli altri Paesi che, appena è stato loro possibile, si sono messi in fila per aderire liberamente alla Ue allo scopo di poter accedere anche alla Nato che era il loro obiettivo finale. Non è un caso che i Paesi dell’Est europeo siano spesso in polemica con Bruxelles ma si comportino da membri più ligi dell’Alleanza Atlantica. Per aderire alla Nato c’è la fila, a fare parte della Federazione russa non ci sono paesi candidati. Certo, è improbabile che i cosacchi vadano ad abbeverare i cavalli nelle fontane di Piazza San Pietro. A Putin basta che i paesi europei tornino alle dipendenze della Russia per le forniture energetiche, tanto saranno gli elettorati a mandare prima o poi al governo i partiti della nuova destra sovranpopulista che ha risollevato la testa e che nel giro di qualche anno sarà in grado di andare al potere con le proprie forze; magari con qualche aiutino sotterraneo da Mosca, perché – come insegna la storia – i regimi totalitari sono sempre un passo avanti rispetto alle democrazie nel campo della propaganda.
Gli europei che – come ha detto Serra – “sono viziati da ottant’anni di pace e di libertà”, sono disposti a difendere questa loro condizione a scapito dei popoli che se la sono guadagnata da qualche decina di anni dopo tante sofferenze? E che per mezzo secolo si sono visti privare dei valori della libertà e della democrazia, in nome di una prospettiva di maggiori giustizia ed eguaglianza sociali solo predicate e portatrici invece di miseria nella vita quotidiana delle persone e delle famiglie.
Se un giorno Putin decidesse di non essere insensibile “al grido di dolore” delle comunità russofone rimaste sparse negli Stati sovrani sorti legittimamente dopo l’implosione dell’URSS (Hitler – come ha detto Mattarella – usò questo argomento per mettere a soqquadro l’Europa dopo la Grande Guerra) e promuovesse operazioni militari speciali verso i Paesi Baltici, la Moldova e quant’altro, l’Unione europea e la Nato dovrebbero stare a guardare e… negoziare la cessione di pezzi di territorio di Stati figli di un dio minore? E quali sarebbero questi valori volati su Piazza del Popolo insieme ai palloncini colorati di blu? Chi li difende in Ucraina?
Ci sono alcuni versi di una poesia di John Donne che Ernest Hemingway volle mettere in apertura del libro Per chi suona la campana (dedicato alla Guerra civile spagnola, un evento che ha non poche analogie con la guerra in Ucraina) che sono anche oggi un monito per tutti gli uomini di buona volontà: “Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, la Terra ne sarebbe diminuita, come se un Promontorio fosse stato al suo posto, o una magione amica o la tua stessa casa”.