Lavoratori sempre più anziani: PIL e pensioni a rischio
Con milioni di lavoratori in meno sale la spesa previdenziale e assistenziale e cala il PIL, aggavandosi anche la sfida delle competenze.

La popolazione lavorativa sta progressivamente diminuendo in Italia, impattando negativamente sulla crescita del Paese, con le imprese che devono anche affrontare la mancanza dil personale qualificato. In base ai dati della CGIA di Mestre, entro i prossimi dieci anni la popolazione in età lavorativa in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità, una riduzione del 7,8% rispetto alla situazione attuale.
Il fattore demografico si incrocia dunque con il veloce cambiamento determinato dall’evoluzione tecnologica e la conseguente necessità di aggiornare costantemente le competenze. E in questo contesto, le PMI sono quelle più penalizzate.
Calo demografico: impatto su PIL e pensioni
Unendo al declino demografico l’instabilità geopolitica, e la doppia transizione energetica e digitale, secondo l’associazione veneta degli artigiani dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del prodotto interno lordo, perché meno forza lavoro significa meno crescita. Al contempo, ci aspetta un aumento rilevante della spesa previdenziale, perché le pensioni saranno sempre più numerose, e di quella sanitaria e assistenziale, a causa dell’invecchiamento della popolazione, con un bacino di contribuenti (e “contributori”) giovani sempre più esiguo. Tutto questo ha implicazioni negative anche sui conti pubblici.
L’impatto sui settori economici
La CGIA sottolinea che una ridotta presenza di giovani e un’alta incidenza di anziani potrebbero determinare ripercussioni negative su settori economici strategici: mercato immobiliare, trasporti, moda, settore ricettivo (HoReCa). Al contrario, il settore bancario potrebbe essere tra i pochi a beneficiare di alcuni effetti positivi: grazie a una maggiore inclinazione al risparmio rispetto alle altre coorti anagrafiche, la popolazione anziana potrebbe incrementare il valore economico dei propri depositi, favorendo così le istituzioni creditizie.
Le criticità per le PMI
A livello d’impresa, a soffrire di più rischiano di essere le PMI. Già oggi le aziende artigiane, ma anche le imprese del commercio e dell’industria, fanno spesso fatica a trovare sul mercato le competenze che cercano e l’andamento demografico rischia di peggiorare la situazione. Le realtà di grandi dimensioni, invece, riescono più facilmente ad essere attrattive ad esempio nei confronti dei giovani grazie alla possibilità di offrire salari superiori alla media, orari flessibili, benefit e pacchetti significativi di welfare aziendale.
Il calo demografico per Regione e Provincia
L’associazione degli artigiani di Mestre ha calcolato delle stime precise sulla contrazione della popolazione lavorativa fra i 15 e i 64 anni. La Regione più colpita nel prossimo decennio sarà la Sardegna, seguita da Basilicata, Puglia, Calabria e Molise. Di contro, le aree in cui il calo è destinato a essere meno evidente sono Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna.
A livello di Province, la flessione più importante si verificherà a Nuoro, -17,9%, seguita da Sud Sardegna, -17,7, Caltanissetta, -17,6, Enna, -17,5, e Potenza, -17,3. Tra le province meno interessate dalla contrazione il report segnala Bologna, -1,4 per cento, Prato, -1,1 e, infine, Parma con il -0,6%.
Il Mezzogiorno, pur essendo particolarmente interessato dal calo demografico, potrebbe subire in misura inferiore i contraccolpi sul fronte occupazionale, perché l’alta percentuale di persone senza lavoro potrebbe consentire di colmare più velocemente questo divario.