L’arsenale degli Houthi: missili balistici, Samad e droni. Così i guerriglieri puntano ad allargare il conflitto
I raid aerei Usa stanno cercando di neutralizzare i siti dei Partigiani di Allah, ma questi ultimi continuano a mantenere una potenza offensiva che tiene in scacco il Mar Rosso anche grazie al supporto di Iran e Oman

Roma, 4 maggio 2025 – Il sospetto di alcuni analisti come lo yemenita Farea Al Muslimi è che i guerriglieri Houthi dello Yemen abbiano rafforzato gli attacchi alle navi nel Mar Rosso e direttamente su Israele per trascinare gli Stati Uniti in un conflitto più impegnativo e in una escalation regionale più ampia. È un'ipotesi possibile dato che la regia è dell'Iran. Gli americani stanno rispondendo con raid aerei multipli ma le basi dei Partigiani di Allah sono ben nascoste e protette nella capitale Sanaa e soprattutto nel Nord Ovest del Paese in zone impervie percorse da tunnel. Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano sono stati fortemente ridimensionati, gli Houthi, pur bersagliati da tempo da Israele e Stati Uniti, ma senza l'impatto di truppe di terra mantengono ancora una forza offensiva che tiene in scacco il Mar Rosso e con qualche missile riescono a raggiungere, pur quasi sempre senza conseguenze, perfino Tel Aviv.
I raid aerei Usa stanno cercando di neutralizzare i siti Houthi più pericolosi a Taiz, Ibb, Dhamar, Hajjah, Saada e altri nei pressi della capitale Sanaa. I guerriglieri sono bene armati e continuamente riforniti dall'Iran senza problema poiché hanno saldamente il controllo dei loro territori. Secondo un report del Centro studi Cosmo (Center for Oriental Strategic Monitoring), diretto da Bernard Selwan El Khoury con sedi a Roma e Beirut, i Partigiani di Allah possono contare oggi su 350mila combattenti operativi pronti al martirio. E soprattutto movimento Houthi è considerato un proxy dell’Iran, da cui riceve continuamente supporto finanziario, militare e tecnologico di ultima generazione. Secondo la Defense Intelligence Agency (Dia) statunitense, l’arsenale del gruppo è quindi in gran parte composto da sistemi iraniani. Ma c'è un'altra sponda a cui i miliziani si appoggiano. Ricevono protezione dal Sultanato dell’Oman, che ha ospitato ripetutamente funzionari del gruppo, tra cui il portavoce politico Mohammed Abdul Salam.
Ecco i sistemi d'arma più moderni in dotazione ai guerriglieri yemeniti, un arsenale da far invidia a un esercito regolare. Tra le altre cose, sempre secondo il report Cosmo, dispongono di missili balistici a corto e medio raggio, tra cui: Burkan-3: gittata 1.200 chilometri; Toofan: variante del Shahab-3 iraniano, fino a 2.000 chilometri; Palestine-2: missile balistico ipersonico; missili da crociera, Quds-2 e Sumar con gittata fino a 2.000 chilometri. Poi ci sono gli Uav (Unmanned aerial vehicle), velivoli senza pilota: Samad-4 con autonomia 2.000–2.500 chilometri, carico utile fino a 45 kg; droni kamikaze e veicoli navali; missili antinave, C-801 e C-802.
L'Oman non è un nodo secondario. Il territorio omanita continua infatti a essere una delle principali rotte di transito per il traffico di armi destinati agli Houthi. Formalmente il governo vigila, ma di fatto i carichi di armi passano. Al valico di Sarfayt, sono stati recentemente sequestrati 800 eliche di droni, sistemi radar, celle a combustibile e componenti Uav che certo non erano diretti ai boy scout. L'Occidente si chiede fino a quando i Partigiani di Dio continueranno a tenere sotto tiro il Mar Rosso. Gli Houthi del leader Abdul Malik al Houthi, sostenuto dalla Guardia della rivoluzione islamica iraniana, è improbabile che fermino i raid finché c'è guerra a Gaza, poiché utilizzano la causa palestinese in funzione anti Israele. E con questa motivazione cercano una legittimazione internazionale.
Il movimento armato Ansar Allah, noto come Houthi, è sorto nei primi anni '90 nel Governatorato di Saada, nel nord dello Yemen, con la fondazione del gruppo Gioventù credente. Composto prevalentemente da combattenti zayditi (corrente minoritaria dell’islam sciita), il movimento ha inizialmente perseguito l’obiettivo di affermare i diritti religiosi e politici della comunità zaydita, in un Paese a maggioranza sunnita. Il gruppo ha poi assunto una posizione ostile a Usa e Israele, radicalizzandosi in seguito all’invasione americana dell’Iraq nel 2003. Ha poi sfruttato la primavera araba nel 2011 per consolidare il controllo militare del territorio. Tra il 2014 e il 2015, ha imposto la propria presenza nella capitale Sanaa, dove controlla Banca centrale, imprese, istituzioni avviando un conflitto armato contro il governo sostenuto da una coalizione che fa capo ad Arabia Saudita ed Emirati.