L’anno nero dell’industria con meccanica e moda a guidare la retromarcia

Manifattura. Il settore alimentare è il solo a chiudere il 2024 con una produzione in crescita Dalla caduta dell’auto e dalla stasi degli investimenti effetti a cascata sulla componentistica Per armi e munizioni non c’è alcuna crisi: la produzione di dicembre è più che raddoppiata rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Un segno dei tempi, […] L'articolo L’anno nero dell’industria con meccanica e moda a guidare la retromarcia proviene da Iusletter.

Feb 14, 2025 - 10:49
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L’anno nero dell’industria con meccanica e moda a guidare la retromarcia

Manifattura. Il settore alimentare è il solo a chiudere il 2024 con una produzione in crescita Dalla caduta dell’auto e dalla stasi degli investimenti effetti a cascata sulla componentistica

Per armi e munizioni non c’è alcuna crisi: la produzione di dicembre è più che raddoppiata rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Un segno dei tempi, non tra i più rassicuranti, così come poco incoraggiante è scorrere per esteso i numeri dell’ultima rilevazione Istat sulla produzione industriale. Se fino a pochi mesi fa i nodi principali in termini settoriali erano infatti auto e tessile-abbigliamento, le difficoltà per la nostra manifattura si sono progressivamente allargate ad uno spettro sempre più ampio di produzioni. Certificato dal crollo su base annua del 7,1% di dicembre, che fotografa una situazione radicalmente cambiata in appena dodici mesi. Dei 13 macrosettori manifatturieri evidenziati dall’Istat, a dicembre 2023 solo cinque erano in calo, uno solo di questi di oltre il 5%. Già lo scorso giugno la proporzione si era ribaltata, con otto aree in rosso (tre di oltre il 5%) e soltanto cinque in progresso. Guadagni azzerati nell’ultima rilevazione, che vede 13 settori su 13 in calo, ben otto dei quali con riduzioni che superano, peraltro ampiamente, il 5%. Se guardando al bilancio dell’intero 2024 c’è almeno un settore che continua seppur di poco a crescere, quello alimentare (+1,8%), i dati di dicembre sono invece un’ecatombe di segni meno e tra i settori in frenata c’è solo l’imbarazzo della scelta. Per le fonderie, ad esempio, molte delle quali per carenza di lavoro hanno deciso di ampliare la pausa natalizia, il calo in termini produttivi è del 30%: quasi un terzo del mercato in meno.

È però l’area della meccanica e metallurgia allargata a pagare in generale un prezzo pesante, per motivi diversi che in parte si incrociano, a partire dalle difficoltà dell’auto e dell’economia tedesca.

In presenza di una produzione nazionale di vetture quasi dimezzata (dalle 542mila del 2023 alle 310mila dello scorso anno), un livello che l’ultima volta in Italia si era visto nel 1957, è evidente che l’effetto depressivo sia ad ampio raggio, coinvolgendo fornitori di più comparti. A partire dalla componentistica diretta, che a dicembre cede infatti il 33%. E non stupisce così vedere per ingranaggi e lavorazioni meccaniche un calo del 32%, di frenate tra il 15 e il 20% per i prodotti in metallo, con discese che coinvolgono anche gomma-plastica e l’area più ampia dei macchinari, che nel complesso nel mese crolla di quasi dieci punti, appesantendo così il bilancio annuo. Se nei comparti anticiclici (vedi il packaging), il comparto presenta numeri ancora positivi, per alcune categorie di macchine utensili i cali sono superiori al 20%, così come accade per i trattori (-28%), frenati dalla debolezza degli investimenti in tutto il mondo.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, durante il question time al Senato, punta il dito in particolare sulle politiche di Bruxelles, auspicando una revisione del meccanismo Cbam e del Green Deal. «L’epicentro della crisi – commenta Urso – è nel settore delle auto, che trascina con sé anche coloro che producono per l’auto, quindi siderurgia, chimica, oltre che le industrie energivore. La crisi dell’auto determinata dalle follie del Green Deal ha portato alla crisi dell’auto italiana e di conseguenza a questi dati di crisi industriale che ovviamente ci preoccupano e per questo prima di altri abbiamo innescato il processo di riforma in Europa perché lì è che vanno cambiate le regole per evitare il collasso dell’auto e quindi dell’industria europea».

Situazione pesante, quella della meccanica, che peraltro non pare destinata a svanire rapidamente, almeno a giudicare dall’ultima rilevazione qualitativa di Federmeccanica. Che per ogni categoria e ogni variabile analizzata, tra produzione totale, export e occupazione, vede una prevalenza dei pessimisti, di chi cioè indica ancora una fase di contrazione.

«A pesare – spiega Alberto Dal Poz, imprenditore del settore auto e past president di Federmeccanica – è anche l’incertezza sulle regole Ue per l’auto, sulle multe per le emissioni, sulla traiettoria verso la transizione green. Incertezza che si riverbera sui piani di investimento dei costruttori e quindi sulla domanda dei fornitori».

Altro punto dolente per la manifattura italiana riguarda il tessile-abbigliamento, comparto che nel corso del 2024 ha ceduto oltre il 10% e che come altri a dicembre ha acuito il calo (-18,3%). Per borse, calzature e articoli in pelle il calo supera anche il 20%. Qui a pesare è anche la riduzione della domanda di lusso visibile su scala globale, tradottasi per il settore in quasi tre miliardi di export in meno nel corso del 2024.

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