La mossa geniale del Conclave: papa Leone XIV è una scelta all’altezza della situazione geopolitica

Con una mossa geniale, il Conclave lancia sulla scena internazionale il primo pontefice statunitense della storia: una personalità eticamente, culturalmente e intellettualmente antagonista di quanti vogliono imporre sul pianeta la ”politica del grande bastone” (che sul piano interno significa per gli estremisti populisti di destra il mito del potere assoluto senza pesi e contrappesi). Il […] L'articolo La mossa geniale del Conclave: papa Leone XIV è una scelta all’altezza della situazione geopolitica proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 9, 2025 - 10:18
 0
La mossa geniale del Conclave: papa Leone XIV è una scelta all’altezza della situazione geopolitica

Con una mossa geniale, il Conclave lancia sulla scena internazionale il primo pontefice statunitense della storia: una personalità eticamente, culturalmente e intellettualmente antagonista di quanti vogliono imporre sul pianeta la ”politica del grande bastone” (che sul piano interno significa per gli estremisti populisti di destra il mito del potere assoluto senza pesi e contrappesi).

Il nuovo pontefice parla di pace e ponti da costruire, insiste ripetutamente sul tema nel suo primo discorso al popolo dei fedeli, conia la formula incisiva di “pace disarmata e disarmante”, un concetto che si inserisce pienamente nella linea del suo predecessore. Nei terremoti della politica internazionale la linea della Santa Sede continuerà ad essere una voce forte e autorevole in favore della distensione, del disarmo, del multilateralismo.

Ancora una volta le massime gerarchie della Chiesa cattolica hanno mostrato in un tornante decisivo della storia mondiale, “tanto difficile e complesso” – ammoniva il cardinale Re nella messa solenne prima del Conclave – una capacità di scelta all’altezza della situazione geopolitica. Un forte contrasto, sia detto tra parentesi, con lo scadimento generalizzato della classe politica nella maggioranza degli stati democratici.

– 1978, i cardinali sull’onda della conferenza di Helsinki rompono lo schema della guerra fredda ed eleggono il primo papa dell’Europa orientale: Karol Wojtyla, polacco;
– 2013, i cardinali eleggono il primo papa dell’America latina nella consapevolezza di un mondo diventato globale: Jorge Mario Bergoglio, argentino;
– 2025, nell’esplodere di conflitti militari ed economici a livello mondiale i cardinali eleggono il primo papa degli Stati Uniti capace serenamente di tenere testa all’imperatore di Washington Donald Trump e di indicare un’altra agenda alle autocrazie del pianeta: Robert Francis Prevost, americano, figlio di migranti francesi, italiani e spagnoli.

A poco a poco verranno alla luce i retroscena di questo storico Conclave. La maniera in cui si è inabissata la candidatura – così fortemente preannunciata e appoggiata – del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Ma una cosa già emerge. Nel momento cruciale i cardinali elettori hanno deciso di scegliere ancora una volta un uomo che conosce l’odore della polvere, della quotidianità nei suoi risvolti più faticosi e umili. Wojtyla aveva conosciuto il lavoro nelle cave di pietra e la morte di un compagno di fatica. Bergoglio conosceva la miseria sconvolgente delle bidonvilles grandi come una città di provincia europea. Prevost ha vissuto in città peruviane dove intenso è il sudore dei poveri e dove regna – come a Callao di cui è stato amministratore apostolico – la violenza inesorabile della mafia che gestisce la produzione e il traffico di cocaina.

Non c’è dubbio che all’elezione lampo del nuovo papa abbia contribuito la componente cardinalizia del Sud globale, per la prima volta superiore in questo Conclave alla componente europea. Alla prospettiva di un candidato pontefice, che appariva curiale benché caratterizzato da notevoli doti di sensibilità, cultura, religiosità e diplomazia, i cardinali elettori provenienti dalle periferie devono avere preferito un pontefice che aveva fatto il missionario. Prevost è un figlio della Chiesa globale. Viene da quel crogiolo di esperienze che è la società americana di Chicago, ha vissuto lunghi anni da missionario in America latina, in Perù, è stato superiore generale degli Agostiniani – un ordine dedito al rigore della preghiera, al servizio alla Chiesa, all’educazione dei giovani e all’aiuto ai poveri. E infine, scelto da Francesco, è stato prefetto del dicastero dei Vescovi: al centro dei rapporti con gli episcopati del mondo e al tempo stesso impegnato nella selezione dei candidati alla carica episcopale. Insomma un’esperienza a tutto campo.

Ma c’è un altro aspetto che salta agli occhi in questi primi momenti. Nella Chiesa cattolica conta ogni dettaglio.

Prevost ha scelto un nome di una lunga serie di pontefici: Leone. Rivela la volontà di inserirsi nella continuità del ruolo pontificato. Prevost si è presentato alla loggia vestito delle insegne tradizionali: la mozzetta rossa, le scarpe purpuree. Ha iniziato citando il Cristo risorto e ha terminato chiamando tutti alla preghiera dell’Ave Maria. Un segnale, rivolto alle componenti più moderate e conservatrici della Chiesa, che indica un papa intenzionato a valorizzare positivamente la tradizione e a lavorare per ricomporre l’unità di un corpo ecclesiale travagliato dalla lunga guerra civile scatenata per dieci anni dagli ultra-conservatori.

Il nome, tuttavia, rivela anche qualcos’altro. Leone XIII è ricordato come il grande pontefice che ha aperto la Chiesa al confronto con la società moderna e la grande questione del lavoro nell’era del capitalismo. La sua enciclica più famosa si intitola Rerum Novarum: “Le cose nuove”. Il nuovo pontefice, Leone XIV, annuncia nel nome l’intenzione di misurarsi con i nuovi scenari che contrassegnano il XXI secolo. E questo significa molto. Soprattutto se accompagnato al richiamo della “Chiesa sinodale” di Francesco, una “Chiesa che cammina”. Rivela la volontà di costruire una Chiesa più partecipata, nel segno di Bergoglio – anche se probabilmente con maggiore gradualità e prudenza.

L'articolo La mossa geniale del Conclave: papa Leone XIV è una scelta all’altezza della situazione geopolitica proviene da Il Fatto Quotidiano.