La lunga caduta di Stellantis Produzione inferiore al 1956

La produzione di Stellantis in Italia scende sotto ai livelli della Fiat nel 1956. Fra gennaio e marzo gli stabilimenti del gruppo hanno assemblato fra autovetture e furgoni 109.900 veicoli, il 35,5% in meno rispetto al primo trimestre del 2024, anno già nero per la produzione. «Le previsioni negative continueranno a peggiorare sicuramente nel 2025, […] L'articolo La lunga caduta di Stellantis Produzione inferiore al 1956 proviene da Iusletter.

Apr 9, 2025 - 18:36
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La lunga caduta di Stellantis Produzione inferiore al 1956

La produzione di Stellantis in Italia scende sotto ai livelli della Fiat nel 1956. Fra gennaio e marzo gli stabilimenti del gruppo hanno assemblato fra autovetture e furgoni 109.900 veicoli, il 35,5% in meno rispetto al primo trimestre del 2024, anno già nero per la produzione. «Le previsioni negative continueranno a peggiorare sicuramente nel 2025, con un ulteriore aggravio in termini di volumi e di aumento dell’uso di ammortizzatori, coinvolgendo quasi la metà dei dipendenti», osserva il sindacato Fim-Cisl.

Il calo è generalizzato in tutte le fabbriche e per tutti i marchi di Stellantis. Il polo di Torino ha sfornato 9.680 vetture, con un calo del 22% rispetto al primo trimestre dell’anno scorso. L’impianto di Cassino ha ridotto i volumi del 45,5% a 4.655 unità, Pomigliano del 61% a 37.097, Melfi del 64,6% a 8.890. Male anche il sito di Atessa, l’unico che, grazie ai veicoli commerciali, aveva resistito al tracollo produttivo del 2024.

I manager di Stellantis avevano avvertito che il 2025 sarebbe stato un altro anno di faticosa transizione, rinviando la ripresa al 2026 e all’avvio della produzione di nuovi modelli. Fim-Cisl non si aspettava però un dato così negativo che sconta la frenata delle vendite di Stellantis in Italia (-9,8% nel trimestre a 135.762 immatricolazioni) e in Europa (-16% a 310.091 unità nel periodo gennaio-febbraio). Per rilanciare le attività, il presidente del gruppo, John Elkann, ha promesso due miliardi di investimenti sugli stabilimenti italiani e sei miliardi di acquisti da fornitori nazionali. L’obiettivo al 2030 è arrivare a produrre un milione di veicoli nel Paese, sempre che la domanda dei consumatori giustifichi simile incremento dell’offerta.

Da questo punto di vista, i dazi americani e il rischio di una guerra commerciale mondiale rappresentano un’enorme incognita. Non tanto per le esportazioni negli Stati Uniti di auto prodotte in Italia da Stellantis, che sono meno di 20 mila all’anno. Quanto per l’impatto sui bilanci del costruttore, sugli acquisti di automobili e, in generale, sull’economia mondiale. Il gruppo presieduto da John Elkann ha perciò affidato a McKinsey l’incarico di valutare gli effetti dei dazi di Trump su Alfa Romeo e Maserati. Secondo la ricostruzione di Bloomberg — non confermata da Stellantis — l’analisi della società di consulenza dovrebbe abbracciare anche opzioni di collaborazione con altre case per i due marchi, nonché — più a lungo termine — uno scorporo di Maserati dal gruppo.

Prima di correre da solo, però, il marchio del Tridente dovrà tornare in carreggiata. La produzione di Maserati in Italia è infatti ormai pressoché azzerata, con le fabbriche di Torino e Maserati che in tre mesi hanno assemblato in totale 100 vetture. «Enormi errori sono stati compiuti su Maserati», ha sottolineato la Fim-Cisl, «è indispensabile che Stellantis chiarisca e definisca la nuova strategia che vuole adottare per il marchio, su modelli e volumi».

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